Maggio Musicale Fiorentino

FERNAND CORTEZ: Una grande produzione inaugura la stagione operistica autunnale

La partitura di Spontini riproposta per la prima volta nella versione del 1809, dopo un accurato lavoro in sinergia con la fondazione Pergolesi Spontini. Prima il 12 ottobre alle ore 19.

di Domenico Del Nero

FERNAND CORTEZ: Una grande produzione inaugura la stagione operistica autunnale

Grande in tutti i sensi: Fernand Cortez di Gaspare Luigi Spontini ( 1774-1851)  il titolo che inaugura la stagione invernale del Maggio Musicale Fiorentino, comincia infatti alle 19 in tutte le rappresentazioni, non solo la prima di sabato 12 ottobre (salvo la recita pomeridiana di domenica 20 come di consueto alle15,30.)  Altre repliche il 16 e il 23 ottobre.

Ma ne vale davvero la pena, almeno a giudicare dalle anticipazioni fornite alla stampa giovedì scorso. Intanto, non bisognerebbe dimenticare che il Maggio Musicale Fiorentino ha una antica consuetudine con il Grand- opéra : basterebbe ricordare la riscoperta di Robert le diable  di Jacob Mayerbeer del 1968, in una memorabile edizione con Renata Scotto e Boris Christoff: una edizione che fece epoca e che fece conoscere un’opera che era considerata il simbolo stesso del grand-opéra ma su cui almeno in Italia era calato l’oblio.

Il destino di questo Cortez è stato per molti aspetti ancora più singolare: commissionato al musicista marchigiano a quanto si dice dallo stesso imperatore dei Francesi, fu rappresentato nel 1809 nel tempio della musica parigina, l’Opéra, il 28 novembre 1809, con un duplice obiettivo politico: celebrare il fasto dell’Empire e la nuova impresa del novello Cesare, la spedizione in Spagna, che poi di glorioso avrà in realtà poco o nulla.  Il conquistador spagnolo infatti  presentato come un uomo saggio e magnanimo, preoccupato unicamente di liberare il popolo messicano dalla schiavitù della superstiziosa religione indigena, rappresentava  il perfetto pendant di Napoleone, che, come Cortez, voleva apparire il rappresentante di valori civili e liberali e soprattutto come il liberatore della superstizione del suo tempo, rappresentato a suo dire (e soprattutto a suo comodo)  dalla Spagna arretrata, bigotta e schiava dell’Inquisizione. Se le motivazioni erano quantomeno discutibili, il fasto con cui l’opera fu rappresentata era veramente cesareo: un’orchestra poderosa, effetti scenici stupefacenti - come la carica di veri cavalli in scena - cori guerreschi, danze barbare e anche una nota sentimentale, data dall’amore tra Cortez e la giovane indigena Amazily garantirono un’opera un vero e proprio trionfo. L’opera fu però ritirata dopo 13 rappresentazioni perché più Napoleone si tendeva a identificare in Cortez il simbolo stesso della Spagna visto anche con notevole simpatia. Diciamo che non era proprio il caso …

Spontini tornerà sulla sua opera ben altre quattro volte, spostando intere sezioni da un atto all’altro e intervenne sul libretto e i personaggi. La revisione più radicale fu forse quella del 1817: sia la disposizione dei fatti che la musica già composta furono rivoluzionati, vi furono soppressioni e aggiunte: il primo atto, 307 pagine di partitura nella versione originali, venne totalmente smembrato.

 i cambiamenti consistettero soprattutto nel rivoluzionamento della disposizione dei fatti – e quindi della musica già composta – all’interno dei tre atti, nonché in alcune soppressioni e aggiunte. In particolare venne smembrato il primo atto, che nella versione originale prevedeva 307 pagine di partitura; nella versione allestita a Berlino fu introdotto lo spettacolare incendio di Città del Messico nel terzo atto, soppresso poi nella successiva versione del 1832.

Una vera e propria opera in fieri, di cui il Maggio Musicale presenta, per la prima volta in tempi moderni, la versione originale in collaborazione con la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi e l’edizione critica a cura di Federico Agostinelli, che afferma: “ Se La Vestale viene tuttora ritenuta il capolavoro di Spontini, Fernand Cortez può essere a buon diritto considerato il punto focale del suo percorso artistico: da un lato, perché con le sue due versioni, quella del 1809 e quella del 1817, si pone cronologicamente al centro della parabola creativa del compositore - compresa tra il 1796, anno del suo esordio a Roma con I puntigli delle donne e il 1829 anno della prima rappresentazione a Berlino della sua ultima opera, Agnes von Hohenstaufen - dall’altro, perché nella genesi di quest’opera, nel suo travagliato percorso attraverso mille correzioni e rifacimenti, nel continuo lavorio di adattamento al quale l’autore la sottopose senza giungere in fondo mai ad una versione definitiva, troviamo compendiati ed esemplificati in modo emblematico i tratti peculiari della figura umana ed artistica del compositore marchigiano”.

Una operazione culturale di grande rilievo e respiro, nelle migliori tradizioni del Maggio, che costituisce sicuramente un memorabile inizio di stagione. “Quando con il sovrintendente Chiarot e il maestro Luisi abbiamo al titolo inaugurale della stagione 19-20, abbiamo pensato di puntare ad un’opera che fosse non solo una proposta per Firenze ma avesse un significato molto più ampio, accogliendo la sfida di  presentare per la prima volta in tempi moderni la versione originale del Ferdinando Cortez di Spontini – ha dichiarato il coordinatore artistico del Maggio Pierangelo Conte – Una scelta ponderata a lungo, perché la genesi di quest’opera è particolarmente complessa;  e la decisione di presentare la versione del 1809 è nata dopo un lungo e proficuo confronto con la fondazione Pergolesi Spontini e il musicologo Federico Agostinelli. Abbiamo tra l’altro scoperto che la partitura del 1809 è stata in realtà pubblicata circa un anno e mezzo dopo la prima serie di rappresentazioni, accogliendo così già da subito modifiche e variazioni apportate dal compositore stesso. Siamo anche riusciti a rintracciare il libretto stampato qualche giorno prima dell’esordio, e anche in questo caso abbiamo riscontrato differenza con la partitura. Abbiamo quindi compiuto un percorso “a ritroso”, lavorando anche sul libretto che presenta delle parti in più che non ci sono nella partitura, e lavorando poi sull’autografo che presenta delle parti in più rispetto al libretto! Quella che presentiamo è comunque una ricostruzione operata di stretto concerto con la fondazione Pergolesi Spontini e possiamo quindi affermare che si tratta della prima ripresa assoluta in tempi moderni della prima rappresentazione del Ferdinando Cortez “, ha concluso Conte.

“Spontini, maggiore compositore del breve ma affascinante periodo del Primo Impero Francese, incarna in modo esemplare lo spirito del suo tempo nel suo verso musicale – ha detto il maestro Jean-Luc Tingaud - È un momento cardine in tutti gli aspetti, storicamente, ma anche esteticamente, un’epoca di conquista, e il campo di conquista di Spontini fu l’opera francese. È ammirevole la scelta del Maggio Musicale di portare in scena per la prima volta in tempi moderni il Fernand Cortez,  un’opera straordinaria e unica, nella sua versione originale, testimone vivente della fraternità creativa tra i nostri due Paesi, collegati dallo stesso spirito di bellezza e perfezione e punto focale dell'Europa musicale; ascoltare questa musica forte e potente – continua il direttore – sarà una esperienza memorabile e si è trattato comunque di una grande avventura che potuto condividere con la regia e con tutto lo staff. Se la Vestale è conosciuta, non così era per il Cortez è si tratta di un’opera veramente straordinaria”, ha concluso il maestro.

E una grande avventura è anche la definizione della regista Cecilia Ligorio, che aggiunge “ la complessità evidenziata per la genesi di quest’opera non poteva non coinvolgere anche la regia. Il Cortez nasce come opera propagandistica: Napoleone stava per partire per la campagna di Spagna e voleva qualcosa che facesse presa sulla opinione pubblica francese. Sceglie Cortez come conquistatore per eccellenza, colui che aveva voluto liberare le terre “barbare” dalla superstizione; inoltre in quel periodo si stavano ripubblicando in Francia le memorie dei conquistadores, veri e propri best sellers che riscuotevano un grande successo. Cortez peraltro era un caso piuttosto “anomalo”: meno aggressivo e violento degli altri, parte senza il permesso del suo imperatore e il suo scopo non è tanto l’oro quanto il farsi a sua volta signore del Nuovo Mondo. Cortez e Napoleone potevano dunque avere in comune l’essere “visionari”, il voler mutare il corso della storia e i destini dell’umanità.

Tutte queste circostanze, oltre a quelle legate alla “riscoperta” della partitura, hanno profondamente coinvolto sia me che quelli che hanno lavorato insieme con me:  gli scenografi e il coreografo. Eravamo tutti condizionati dal fatto di non poterci permettere certo un budget…napoleonico, ma nonostante questo dovevamo porci assolutamente tre obiettivi: il primo, come onorare una partitura che viene riproposta per la prima volta in tempi moderni, rispettando la forma del grand – opéra; due, come onorare la “storia” del grande conquistatore Cortes, perché se lo si sottrae alla sua propria storia si perde anche la dimensione musicale; tre, come fare giustizia storia non dimenticando che quando è stata fatta quest’opera la “rappresentazione” di Cortez coincideva con quella dell’imperatore. Questi gli elementi da mettere insieme e la risposta è stata quella di raccontare l’avventura del conquistador, mantenendo però uno “spazio vuoto”   che permetta di far emergere anche il lato oscuro di questa vicenda. Siamo partiti, il mio team e io, proprio dal sottile spazio esistente tra la realtà dei fatti e la narrazione favolosa (e faziosa) della storia del Fernand Cortez, provando a lasciar lavorare l’immaginario nella direzione del ricordo del mondo cinquecentesco, ma permettendoci di esercitare in maniera libera l’azione dell’interpretazione poetica - ed etica - di quello stesso mondo. Abbiamo cercato di fornire un piccolo contributo a questa versione: oltre ad avere la responsabilità di mettere in scena una storia mai rappresentata in tempi moderni, c’è anche la responsabilità di affrontare una storia che all’epoca è stata raccontata per celebrare Napoleone attraverso la figura di un uomo che ha stravolto la storia di un popolo. Con il tempo si è scoperto che Cortez non era esattamente l’eroe che Spontini raccontava per osannare l’imperatore e noi dunque cerchiamo da una parte di onorare una composizione che fu importantissima e che oggi torna alla luce e dall’altra di rendere giustizia a una storia dell’umanità che ha in sé anche aspetti equivoci e confusi”.

Importantissimo, come in tutto il grand opera, anche l’elemento della coreografia e della danza; alla fine di un atto, quando finisce il canto, è la danza che “prende la parola” dando spazio alla dimensione simbolica. E a questo proposito il coreografo Alessio Maria Romano dice: “Con il corpo di ballo della Compagnia Nuovo BallettO di ToscanA, con i sedici danzatori, abbiamo lavorato molto sulla ferocia e sulla tribalità del popolo azteco visto da Spontini e molto altrettanto sulla fisicità degli spagnoli. Abbiamo cercato di “trovare” e rappresentare i due mondi: la natura e la macchina; è un lavoro interessantissimo che ha coinvolto tutti noi”.

Si tratterà dunque con ogni probabilità di un grande evento da non perdere assolutamente: il team chiamato a realizzarlo appare compatto e molto motivato, la regia interessante e improntata a un equilibrio tra tradizione e “innovazione”, ma senza lanciarsi in voli pindarici che finiscano con il renderla incomprensibile o provocatoria. A questo punto al pubblico l’ardua sentenza!

La trama dell’opera

(fonte: http://www.operamanager.com/cgi-bin/process.cgi?azione=ricerca&tipo=OP&id=10971

Atto primo. Le truppe spagnole sbarcate in Messico intendono far ritorno in patria, ma il loro comandante, Fernand Cortez, riesce a convincerle a desistere dalla rivolta. Il fratello di Cortez, Alvaro, è prigioniero dei nemici e il comandante stesso è innamorato di Amazily, principessa indigena, che gli reca la notizia dell’imminente sacrificio rituale di cui sarà vittima Alvaro. Si avvicina intanto una folla di messicani guidati da Télasco, fratello di Amazily: le donne si esibiscono in danze affascinanti, cui Cortez contrappone le evoluzioni belliche della cavalleria spagnola. Inaspettamente, Télasco proclama i propositi di vendetta del suo popolo e consiglia a Cortez di partire. Questi però ribatte di essere intenzionato a rimanere, se non altro per abolire il locale culto inumano e, a riprova delle sue intenzioni, appicca il fuoco alla propria flotta.

Atto secondo. Mentre i soldati spagnoli avanzano verso il tempio, Télasco, loro prigioniero, invoca la morte e accusa la sorella di tradimento verso il proprio popolo. Cortez annuncia la liberazione di Alvaro e libera a sua volta Télasco. L’idillio dura pochissimo, perché i messicani hanno chiesto, in sostituzione di Alvaro, la testa di Amazily. Cortez si trova conteso tra i due affetti, mentre Amazily decide di accettare eroicamente il proprio destino: raggiunge il tempio attraversando a nuoto il lago e salva così Alvaro, per amore di Cortez. Mentre sta per compiersi il sacrificio di Alvaro, il fratello, raggiunto dalle tragiche notizie, ordina alle truppe spagnole di attaccare il tempio.

Atto terzo. Nel tempio del dio del Male, Alvaro esorta gli altri compagni di sventura a morire con dignità. I sacerdoti e i guerrieri sono pronti per il sacrificio, e il dio risponde, con un oracolo, di volere il sangue dei nemici e non di una «bontà colpevole». Giunge Amazily per proporsi come vittima. Di fronte agli insulti del sommo sacerdote, che la apostrofa come traditrice, Télasco difende la sorella. Un soldato annuncia che il re Montezuma è caduto nelle mani degli spagnoli. Télasco muove alla liberazione del sovrano, portando con sé i prigionieri nemici come ostaggi. Il sommo sacerdote decide intanto di procedere al sacrificio di Amazily, mentre i cannoni di Cortez tuonano sempre più vicini al tempio. Gli spagnoli giungono proprio nell’istante in cui la ragazza sta per cadere vittima del rito. Distrutto il tempio, i due amanti possono venire uniti in matrimonio proprio da Télasco, in segno di riconciliazione tra le due nazioni, nel tripudio generale.

Fernand Cortez ou la conquête du Mexique di Gaspare Spontini

Tragédie Lyrique en trois Actes de Étienne De Jouy et Joseph-Alphonse d’Esménard
Première version: Paris, Théâtre de l’Académie Impériale de Musique, 28 novembre 1809
Edizione critica della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi a cura di Federico Agostinelli

Nuovo allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
in collaborazione con Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi

Prima rappresentazione in tempi moderni della prima versione, Parigi 28/11/1809

Maestro concertatore e direttore Jean-Luc Tingaud
Regia Cecilia Ligorio
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Compagnia Nuovo BallettO di ToscanA
Coreografia Alessio Maria Romano

Artisti
Fernand Cortez Dario Schmunck
Télasco Luca Lombardo
Alvar David Ferri Durà
Le Grand Prêtre des Mexicains André Courville
Moralez Gianluca Margheri
Un Officier Espagnol Lisandro Guinis
Deux Prisonniers Espagnols Davide Ciarrocchi, Nicolò Ayroldi/Luca Tamani, Massimo Naccarato (16, 23)
Un Officier Mexicain Leonardo Melani
Un Marin Davide Siega
Amazily Alexia Voulgaridou
Deux femmes de la Suite d’Amazily Silvia Capra, Delia Palmieri

Scene Massimo Checchetto e Alessia Colosso
Costumi Vera Pierantoni Giua
Luci Maria Domènech Gimenez

Compagnia Nuovo BallettO di ToscanA

Direttore artistico Cristina Bozzolini  Maître de ballet Sabrina Vitangeli

Corpo di ballo donne: Cristina Acri, Lisa Cadeddu, Alice Catapano, Miriam Castellano, Beatrice Ciattini, Matilde Di Ciolo, Veronica Galdo, Aisha Narciso - uomini: Jody Bet, Carmine Catalano, Mattia Luparelli, Francesco Moro, Aldo Nolli, Francesco Petrocelli, Niccolò Poggini, Paolo Rizzo

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