i libri di totalità

Rassegna libraria dicembre 2018

di Mario  Bozzi Sentieri

Rassegna libraria dicembre 2018

Lorenzo Ramaioli, ‘Quis contra nos? Storia della Reggenza del Carnaro. Da d’Annunzio alla Costituzione di Fiume’ (Edizione Historica, pagg. 301, Euro 18,00

Lo Statuto della Reggenza italiana del Carnaro (1920), redatta da Alceste De Ambris e da Gabriele d'Annunzio, costituisce un peculiare documento giuridico che, durante la sua breve vita, ha svolto le funzioni di Costituzione della Fiume dannunziana. Fiume, in quel periodo, avrebbe dovuto essere trasformata, nelle logiche dei suoi occupanti, nella "città di vita", una città ideale in cui le stesse basi delle istituzioni e del diritto avrebbero dovuto essere ripensate. Il testo ha esercitato una profonda, anche se spesso taciuta, influenza su variegate esperienze giuridiche posteriori. Questo testo vuole proporne una rilettura, per analizzarne le origini, l'influenza successiva, ma anche per tracciarne un bilancio a quasi cento anni dalla sua redazione.

Francesco Giubilei,  Storia della cultura di destra. Dal dopoguerra al governo gialloverde (Giubilei Reggiani, pagg. 390, Euro 22,00)

Esiste una cultura di destra? Quali sono i suoi riferimenti? Ha ancora senso in un’epoca post-ideologica come quella attuale parlare di una categoria come la destra seppur in ambito culturale? Sono alcune delle domande a cui Francesco Giubilei risponde in questo saggio che colma una lacuna editoriale: ad oggi non esiste uno studio divulgativo che organizzi pensatori, scrittori, giornalisti, editori, intellettuali italiani dal dopoguerra ai nostri giorni ascrivibili a quest’area di pensiero pur con le rispettive differenze. Una mancanza dovuta al tentativo di imporre un’egemonia culturale da parte del mondo progressista a discapito del pensiero conservatore, tradizionalista, cattolico, più in generale non conforme, poiché, data l’eterogeneità  che caratterizza la destra italiana, sarebbe più  corretto parlare di “cultura delle destre”. Un’opera che si sofferma anche sulle critiche, i tentativi di boicottaggio e addirittura di negazione di un’area di pensiero che raccoglie alcune delle voci più autorevoli della cultura italiana: da Leo Longanesi a Giuseppe Prezzolini, da Indro Montanelli a Giovanni Volpe. 

MONDO

Giacomo Mannocci, L’Imperatore. Radici, evoluzione e attualità della funzione imperiale nel Giappone contemporaneo (Il Cerchio, pagg. 400, Euro 38,00)

L’Imperatore del Giappone rappresenta le vestigia di un passato bimillenario in una società ipertecnologizzata: è un sacerdote shintoista e al tempo stesso simbolo dello Stato nipponico, pur non essendone formalmente il Capo.

Attraverso una ricostruzione storica, religiosa e giuridica, il libro ripercorre la storia del Giappone dal 1868 ad oggi, passando attraverso tutto il Novecento e la Guerra
mondiale e l’analizza mediante l’evoluzione dell’istituzione imperiale: da sovrano assoluto a simbolo dell’unità del popolo. Stato, laicità, shintoismo si intrecciano tra loro in unicum al mondo.

STORIA

Tamara Colacicco MariuzzoLa propaganda fascista nelle università inglesi. La diplomazia culturale di Mussolini in Gran Bretagna 1921-1940 (Franco Angeli, pagg. 272, Euro 35,00)

Focalizzandosi sulla diplomazia culturale estera del fascismo, l’autrice si concentra sul case study britannico valutando per la prima volta il ruolo svolto dai docenti universitari di Italian Studies nell’ambito della propaganda all’estero del regime. Grazie a un accurato lavoro d’archivio su fonti britanniche ed italiane finora inesplorate – in particolare i documenti del The National Archives di Londra, dell’Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri e dell’Archivio della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice –, il libro ricostruisce l’attività politica di intellettuali “funzionari” e “militanti”, soffermandosi su personalità storiograficamente poco considerate in relazione al loro rapporto con il regime, quali Cesare Foligno, Alfredo Obertello e Pietro Rèbora.
Il risultato è la scoperta di un avvincente network che offre un contributo originale per esplorare l’esercizio della propaganda estera fascista e il problema degli italiani emigrati durante il Ventennio.

Daria Gabusi, I bambini di Salò. Il ministro Biggini e la scuola elementare nella Rsi (1943-1945)

(Morcelliana, pagg. 624, Euro 37,00)

Il libro rivolge lo sguardo alla tragica complessità del biennio 1943-1945 allo scopo di indagare le politiche educative della Repubblica sociale italiana, con particolare attenzione alla scuola elementare. Protagonisti sono il ministro dell'Educazione nazionale Carlo Alberto Biggini, provveditori e direttori didattici, maestre e maestri, bambine e bambini, in un contesto segnato dalla guerra, dall'occupazione, dalle deportazioni, dai bombardamenti, dalla violenza efferata e dalla povertà. L'attenzione che il governo di Salò - in continuità con il regime fascista - pose nei confronti dei maestri e della 'scuola del popolo' e la tenacia con la quale, dopo l'8 settembre, operò per riattivarla svelano motivazioni politiche profonde e articolate, connesse alle strategie di sopravvivenza e di legittimazione della Rsi e alla sua affannosa ricerca di identità e di consenso. Nella medesima direzione si possono interpretare i tentativi di ri-nazionalizzare e ri-fascistizzare l'infanzia dopo la fase di disorientamento e di rottura connessa al 25 luglio, alla caduta del duce e all'estate badogliana. Raccogliendo un monito storiografico di Claudio Pavone («anche la Rsi sta nella storia del nostro paese») e l'invito a studiare il biennio 1943-45 da molteplici punti di vista, il saggio si pone in una prospettiva storico-educativa che interseca diverse fonti (dalle circolari ai giornali di classe, dalla memorialistica ai diari, dalle riviste magistrali agli opuscoli di propaganda), alla ricerca dell'incontro tra prescritto ministeriale e vissuto scolastico, senza dimenticare di rilevare tracce non secondarie di storia sociale e materiale.

PERSONAGGI

Ada Fichera Luigi Pirandello. Una biografia politica (Edizioni Polistampa, pagg. 153, Euro 14)

Luigi Pirandello è stato sempre analizzato sotto il profilo strettamente letterario o puramente storico. Ma cosa accade se oggi lo rileggiamo ricostruendo la sua "straordinaria" vita in chiave politica? In occasione del 150° anniversario della nascita dello scrittore girgentino, Ada Fichera riscrive la biografia pirandelliana alla luce di documenti poco noti o "desecretati" solo di recente. La censura teatrale del regime, le lettere private, le collaborazioni giornalistiche sono il fulcro di un testo che, dopo anni di ricerca archivistica, ci restituisce un "nuovo" e più completo Pirandello.

TESTIMONIANZE

Alessandro Rivali, Ho cercato di scrivere paradiso nelle parola della figlia. Ezra Pound nelle parole della figlia: conversazioni con Mary De Rachewiltz (Mondadori, pagg. 264, Euro 19,00)

Ezra Pound  è uno degli spartiacque della letteratura del Novecento: con l'epica dei suoi Cantos ha osato una Divina Commedia per il nostro tempo ed è stato, inoltre, un impareggiabile e generoso "cacciatore di talenti". Fu tra i primi a riconoscere e promuovere il genio di Joyce, T.S. Eliot e Hemingway. Eppure, il suo nome divide ancora ed è circondato da fantasmi e logori cliché che impediscono di toccare il cuore profondo della sua poesia e della sua umanità. 

Alessandro Rivali ha incontrato la figlia di Pound, Mary de Rachewiltz, nel castello di Brunnenburg, dove lei andò ad abitare nel dopoguerra, mentre il padre era detenuto nel manicomio criminale St. Elizabeths di Washington, accusato di tradimento dal governo americano. Proprio il castello avrebbe dovuto rappresentare un luogo dello spirito, una sorta di EzUversity. Del resto Mary aveva appreso da Pound quanto alto fosse il valore dell’insegnamento; lui, prima della guerra, aveva chiesto alla giovanissima figlia di affrontare la traduzione di alcune parti dei Cantos. La speranza di Mary era che, una volta libero, il padre potesse trovare rifugio nel silenzio di Brunnenburg e tornare a dedicarsi a ciò che più amava.

L’approdo al castello nell’estate del ’58 segnò in effetti una tappa decisiva nel lavoro di Pound, l’ultimo scorcio della sua vita lo avrebbe dedicato al compimento del “Paradiso”, la parte finale del suo poema: frammenti così densi di verità e tenerezza da diventare il suo testamento più sincero. Ancora una volta era Dante la misura della sua ambizione.

Ed è proprio intorno alla sezione conclusiva dei Cantos e al senso di solitudine che Pound avvertì al suo ritorno in Italia che ruotano queste conversazioni tra Alessandro Rivali e Mary de Rachewiltz, iniziate ormai più di nove anni fa. Un avvincente romanzo familiare e, allo stesso tempo, una immaginifica ascensione al Paradiso di Pound, per scovare infine quella luce che “come un barlume ci riconduca allo splendore”.

ARTE

Vittorio Sgarbi, Il Novecento. Dal futurismo al neorealismo (La nave di Teseo, pagg. 491, Euro 25,00)

Dal Trecento all’Ottocento, fino a Tiepolo e Canova, l’Italia è stata il luogo privilegiato della manifestazione dello Spirito del mondo, che poi, improvvisamente, si trasferisce in Francia con gli impressionisti. Negli anni cinquanta del dopoguerra, lo Spirito del mondo si sposta in America, con Jackson Pollock, i grandi pittori dell’Informale e, nel 1958, con la Pop Art. E l’Italia? Piero della Francesca ‘accade’ nel 1450 ma ritorna ad accadere nella consapevolezza dei pittori francesi come Seurat; e, ancora, Piero ‘riaccade’ con il Cubismo e con Morandi. Senza Piero della Francesca sarebbe impensabile Balthus. Quindi l’accadere in un luogo dello Spirito del mondo è un accadere ‘per sempre’, vuol dire ‘eternarsi’. La storia dell’arte del Novecento è un percorso altalenante tra fenomeni che sono ormai delocalizzati rispetto all’Italia, che deflagrano altrove ma restano consapevoli dello spirito italiano, come avviene per i pittori futuristi o per Giorgio de Chirico, un artista greco, diventato italiano, che vive a Parigi. Il percorso di questo primo volume dedicato al Novecento rende conto dunque di un intreccio di pulsioni, fatto di moti in avanti e arretramenti, di futuro e passato. Un libro che si avventura nel genio inquieto del Novecento, per far capire come, in un secolo in cui l’Italia non è più il primo paese per l’arte, ci sono però artisti formidabili, che a volte hanno varcato i confini nazionali, ma spesso non hanno conosciuto risonanza mondiale: degli uni e degli altri cerco di rendere conto e di dare testimonianza. Modigliani, Boccioni, de Chirico, Morandi, Carrà, Casorati, il ventennio fascista, la scuola romana, Guttuso e molte altre sorprendenti scoperte.

MUSICA

Paolo Isotta, La dotta lira. Ovidio e la musica (Marsilio, pagg. 426, Euro 22,00)

Il teatro musicale nasce nel nome di Ovidio e per cinque secoli si ispira a lui più che a ogni altro poeta. E così anche il Poema Sinfonico, la Sinfonia, la Sonata, il Concerto. Perché Ovidio è il più grande narratore del mito della storia dell’arte e la musica è il linguaggio privilegiato del mito. Per la prima volta un libro ricostruisce questo rapporto di amore che va da Poliziano a Richard Strauss passando per Monteverdi, Händel, Scarlatti, Bach, Haydn, Cherubini, Berlioz, Liszt, Offenbach e tanti altri.  
Ovidio morì duemila anni fa relegato da Augusto sul Mar Nero.  Non riuscì mai a comprenderne il perché. Forse Le Metamorfosi, il suo più ampio poema, spaventarono il Principe: ispirato com’è all’idea, modernissima, che nulla nell’universo è stabile, ma tutto dall’eternità muta e muterà. La materia incessantemente si trasforma, non è stata creata e non si distrugge. Gli dèi divengono uomini, gli uomini dèi, oppure animali, piante, aria, acqua: fiumi, laghi. Il poema è insieme il più grande racconto del mito, di tutti i miti, che la letteratura abbia mai tentato. Nessun poeta, nemmeno Omero e Virgilio, ha tanto ispirato la pittura e la scultura. Ma 
la dotta lira ha creato musica, da Poliziano a Strauss, attraverso Monteverdi, Cavalli, Scarlatti, Bach, Händel, Pergolesi, Porpora, Dittersdorf, Haydn, Cherubini, Clementi, Berlioz, Liszt, Offenbach, Massenet, e tanti altri, più di ogni altra voce poetica: voce poi echeggiata e variata per l’ultima volta nel Novecento dall’arte di D’Annunzio. Il teatro musicale nasce nel nome di Ovidio, e nei secoli Opere, Drammi Musicali, Cantate, Sinfonie e Concerti traggono alimento dalla sua poesia; poi, dai grandi ritratti di donne eroiche, innamorate, fedeli, infedeli, abbandonate presenti nelleMetamorfosi e, con i loro Lamenti, nelle Eroidi; dalle favole del calendario pagano nel poema dei Fasti. Apollo, Dafne, Orfeo, Euridice, Arianna, Medea, Teseo, Giunone, Giove, Dioniso, Venere, Amore, Mercurio, Cibele, Latona, Diana, Morfeo, Persefone, Plutone, Pan, Ercole, Fetonte, Atteone, le Baccanti, Perseo, Galatea, Polifemo, Fedra, il Minotauro, Icaro, Glauco, Pigmalione, Danae, Semele, Marsia, Ulisse, sempre rinascono in note. Con loro le favole del Caos, della Notte, degli Inferi, dell’Olimpo, dell’origine dell’universo, del diluvio.  Questo libro racconta il mito nella metamorfosi della musica. 

CINEMA

Claudio Siniscalchi Quando la nouvelle vague era fascista (Settimo Sigillo, pagg.238, Euro 26,00)

 

Jean Parvulesco nasce in Romania nel 1929. E dalla Romania fugge nel 1948. Dopo una tribolata peregrinazione attraverso la jugoslavia, raggiunge nel 1950 Parigi. E lì ci resta fino alla morte, avvenuta nel 2010.
Nel 1960 Parvulesco si trova in Spagna, dove pubblica sulla rivista cinematografica "primer plano" una inchiesta sulla nuova scuola cinematografica francese: la Nouvelle Vague, che dopo il festival di Cannes del 1959 sta diventando un fenomeno di rinomanza internazionale. Per la stampa specializzata spagnola è una notevole anticipazione, realizzata peraltro da un giornalista che conosce di persona i principali esponenti del giovane cinema francese. Ma soprattutto l'inchiesta ha una sorprendente particolarità: la nouvella vague viene presentata come un movimento generazionale di "ribellione", testimonianza delle convulsioni della gioventù europea e una violenta protesta contro l'esistenzialismo. Ma c'è qualcosa in più. Nella corrrente interpretazione pubblicistica e storiografica la Nouvelle Vague è incasellata nel cine d'autore, espressione della cultura di sinistra. Parvulesco nel 1960 era di altro avviso: la Nouvelle Vague doveva ritenersi di destra, essendo marcata da forti assonanze con il fascismo. Si Sbagliava?

RIVISTERIA

“L-JUS” – Numero Speciale – “L’agevolazione al suicidio”

Il Centro Studi Livatino, che ha svolto nei suoi tre anni di esistenza attività interne di informazione, documentazione e studio, nonché attività esterne di mobilitazione culturale, come l’appello contro il DDL Cirinnà e contro il DDL sulle DAT, che hanno raccolto l’adesione di illustri giuristi, nonché di chiarificazione su vicende di particolare interesse nel campo della giustizia, si è dotato, dal giugno scorso,  di una rivista semestrale on-line, denominata “L-Jus”, con l’obiettivo di approfondire sul piano scientifico i temi che costituiscono oggetto del suo peculiare interesse, estendendo la propria attenzione verso il tema della società e dello Stato. 

A fronte dell’ ordinanza del 14 febbraio 2018, con cui  la I Corte d’assise di Milano,  ha sollevato questione di legittimità costituzionale nel procedimento penale a carico di Marco Cappato, imputato per l’agevolazione del suicidio di Fabiano Antoniani (dj Fabo) “L-Jus” ha pubblicato un fascicolo speciale (ottobre 2018), con gli atti del workshop dal titolo Diritto alla morte/morte del diritto, organizzato dal Centro Sudi in collaborazione con il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza dell’Università Europea di Roma e in particolare l’ordinanza del 10 luglio 2017 del Giudice per le indagini preliminari di Milano, che ha dato origine al processo, l’ordinanza del 14 febbraio 2018 della I Corte d’assise di Milano e l’atto di intervento per conto dello stesso Centro Studi. A essi seguono, in originale e in esclusiva per “L-Jus”  i testi di alcuni dei partecipanti al workshop, e in particolare della prof.ssa Giovanna Razzano, Professore aggregato di Diritto pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza  dell’Università di Roma “La Sapienza”, del dott. Aldo Rocco Vitale, Dottore di ricerca in Storia e Teoria generale del diritto europeo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma “Tor Vergata” e dei magistrati Giacomo Rocchi, consigliere alla I sezione penale della Corte di Cassazione e Claudio Galoppi, consigliere uscente del Consiglio Superiore della Magistratura.

La rivista “L-Jus” può essere scaricata gratuitamente dal sito https://l-jus.it/

                                                                      ***

A cura di Tommaso Indelli  

“Medioevo Dossier”

Nr. 29, ottobre 2018 (pagg. 130, Euro 7,90)

 Numero della rivista bimestrale Medioevo Dossier, dedicata agli studi sulla cosiddetta “età di mezzo”, in questo numero, interamente curato dallo studioso Tommaso Indelli, affronta cinque secoli che hanno scandito la storia italiana. Re, guerrieri, pontefici, monaci, questi i protagonisti di una grandiosa narrazione, fatta di scontri epici, di magnifiche produzioni artistiche e imponenti opere architettoniche. All’inizio dell’XIsecolo il Mezzogiorno d’Italia era caratterizzata da un’estrema frammentazione politica, diviso da tre dominazioni: longobarda, bizantina e saracena. In quegli anni si impongono dei cavalieri venuti dal Nord, prima come mercenari e avventurieri, poi come capi di Stato e organizzatori di regni: i Normanni. Discendenti dei Vichinghi, giunsero dal ducato di Normandia tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo; nuclei di combattenti a cavallo, per i quali la guerra rappresentava lo strumento ideale per accumulare onori e ricchezze. Roberto il Guiscardo, Boemondo, Guglielmo e Ruggero I e II, furono i protagonisti di un’incredibile avventura armata, che portò alla cacciata dei bizantini e dei musulmani dalla Sicilia, ed alla fondazione del Regno. Per via matrimoniale il potere dei Normanni si trasferì ad una seconda dinastia nordica: gli Hohenstaufen, dalla Germania meridionale; Svevi che ebbero nell’imperatore Federico II, loStupor mundi, l’esponente più celebre. Con la vittoria di Tagliacozzo del 1268 e l’esecuzione di Corradino, ultimo sovrano svevo, padrone del Mezzogiorno divenne Carlo I d’Angiò, che trasferì da Palermo a Napoli la capitale del regno. Sul finire del Medioevo l’egemonia angioina cade sotto i colpi degli aragonesi, casata castigliana di Ferdinando I e di suo figlio Alfonso I il Magnanimo, che riunirono nelle loro mani un grande impero mediterraneo.

 

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