Editoriale

La prevalenza del demagogo in tv: politici in spe, Parlamentari di complemento, giornalisti politici, scrittori per caso

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

fa il cittadino italiano a capire cosa accade veramente nella politica italiana (e non solo) se è vittima quotidiana del bombardamento verbale proveniente dagli organi di informazione tradizionali, ovvero tv e carta stampata?

Prediamo ad esempio la tv, anche perché ormai i lettori di giornali cartacei sono una minoranza esigua e insignificante rispetto alla formazione del consenso. Mai come in questi ultimi anni il dibattito politico ha avuto tanto spazio in televisione; merito o colpa, dipende da come la si voglia vedere, soprattutto de la7 che riserva una fetta importante della sua programmazione ai talk show politici: si comincia la mattina alle 8 con Omnibus, seguito alle 9,40 da Coffee break, che alle 11 cede il passo all’Aria che tira fino al tg della 13,30. Alle 14,20 si riprende con Tagadà, quindi qualche serie televisiva e dopo il tg delle 20 c’è la Gruber con 8 e mezzo che in versione estiva si chiama In onda. Se poi la cronaca politica si fa più calda in occasione di referendum, consultazioni elettorali, ma anche particolari appuntamenti la Maratona di Mentana dilaga.

Se il caso della televisione di Cairo è sicuramente unico, altre reti come quelle di all news(Sky tg24, Tg com, Rainews) inseguono cercando di offrire chiacchiere politiche pervasive, mentre i canali televisivi tradizionali non possono rinunciare ad una striscia quotidiana serale di cosiddetto approfondimento che offrono al malcapitato, o a chi si illuda di informarsi; qui il dibattito politico si declina in diverse versioni: dal populismo aggressivo alla logorrea soi-disant elegante.

In questa rutilanza di parole i veri protagonisti sono i cosiddetti opinionisti che, guidati da un conduttore, si cimentano su ogni argomento sia sottoposto al loro alato punto di vista.

Gli opinionisti si dividono in

1-    Politici in spe (servizio permanente effettivo), in genere ex parlamentari che avevano promesso di lasciare la politica per dedicarsi ad altro (tipo Veltroni che aveva garantito si sarebbe recato in Africa, ma da quelle parti ancora lo attendono, e fanno scongiuri che la minaccia non si realizzi mai); oppure non ricandidati dai loro partiti, o viceversa trombati dagli elettori.

2-    Parlamentari di complemento che ormai hanno sostituito quelli d’accademia (tanto per continuare con le categorie usate nelle forze armate); essi sono giunti alla politica in maniera casuale, o provenendo dalla cosiddetta società civile; in genere sono abbastanza giovani e non molto acculturati, nemmeno nel campo della politica e dell’amministrazione (fatti salvi ovviamente i pochi con una laurea in storia o in scienze politiche o in giurisprudenza, ma sono una minoranza insignificante) la maggioranza di loro avrebbe qualche problema a declinare i nomi dei presidenti del consiglio degli ultimi 40 anni e annasperebbe  a sciogliere l’acronimo CAF: i più avvertiti opterebbero per il noto Centro di Assistenza Fiscale, gli europeisti per il Club Alpino Francese, ma quasi nessuno citerebbe il patto del camper del 1989 fra Craxi, Andreotti e Forlani. “Roba da prima Repubblica che è meglio dimenticare”, obbietterebbero a chi facesse rilevare la loro ignoranza.

3-     Giornalisti politici, definizione che solo raramente significa esperti di politica, ma viceversa allude alla militanza politica degli stessi rappresentata il più delle volte dai giornali presso i quali lavorano.

4-    Scrittori per caso, ovvero personaggi di svariato genere (attori, cantanti, comici, qualche rarissimo scrittore di lungo corso, magistrati, giornalisti) che avendo pubblicato un libro e avendo buone conoscenze nei media (o un efficiente ufficio stampa) vengono chiamati a presenziare ai dibattiti politici durante i quali per circa un minuto si presenta il loro libro, mentre nel resto del tempo si cimentano sul tema del giorno in veste di improvvisati opinionisti.

Queste quattro categorie non di rado sono presenti contemporaneamente in una stessa trasmissione, ma non è una regola. Mentre è tassativa la ricorrenza dei volti, sempre gli stessi, variamente amalgamati.

I più folkloristici sono gli scrittori per caso: si capisce perfettamente che sono in televisione per presentare il loro libro e dentro si sé scalpitano perché la si smetta di parlare di migranti, di lavoro, di legge di bilancio, di povertà, di flat tax, di reddito di cittadinanza o di politica internazionale  e si passi a far vedere la copertina del loro libro che il conduttore mostrerà a favore di telecamere. Gli scrittori per caso sono abili intercettatori dell’aria che tira nella società degli intellettuali radical chic, così si affannano a mostrarsi sintonici con le invettive nei confronti del governo, compassionevoli oltre ogni ragionevolezza nei confronti degli immigrati, indignati nei confronti della “rozzezza” di Salvini”, sono pronti a difendere le pensioni d’oro di parlamentari e privilegiati vari in nome della ripulsa verso ogni demagogia (!), ma assai distratti nei confronti della povertà degli italiani e dei pensionati sotto i mille euro.

I giornalisti politicigeneralmente dettano le regole del dibattito con una serie di slogan collaudati ed efficaci (non dimentichiamoci che sono professionisti della comunicazione). Sono loro a gridare al vae  Savona qualunque cosa dica il ministro per i rapporti con la Ue. Manipolano anche l’evidenza trasformando una semplice dichiarazione mandata in onda in originale, dunque apparentemente inequivocabile, nel suo contrario. Così se il ministro Savona dice che non si deve uscire dall’euro, ma che potrebbero crearsi condizioni per cui altri ci potrebbero far uscire dalla moneta unica e dunque si deve essere pronti con un piano b nel caso si verifichi questa disgraziata contingenza, loro accusano Savona di voler uscire dall’euro e dunque di far fibrillare i mercati con il conseguente aumento dello spread.

I parlamentari di complemento brillano per serena e imperturbabile sfacciataggine, pronti ad affermare in ogni momento il contrario di quello di cui si erano fatti alfieri convinti solo una legislatura prima (che nel caso attuale significa due o tre mesi fa).

I più divertenti, si fa per dire, sono i politici in spe. Nelle interviste o nei dibattiti assumono l’aria di guru saggi e ormai distaccati dalle questioni di politica contingente; danno consigli ai loro successori con l’atteggiamento paterno di chi comprende che questi giovanotti devono fare pratica e soprattutto seguire piano piano le orme di chi li ha preceduti. Nessuno di loro è sfiorato dal dubbio, o magari dal sospetto che i cittadini italiani, che ogni tanto diventano elettori, li stiano giudicando per quello che sono e soprattutto sono stati, ovvero i responsabili del disastro nel quale siamo sprofondati.

Tutti indistintamente, sotto la guida suadente o melliflua, sarcastica o complice del conduttore di turno si stupiscono, si indignano, protestano, inveiscono contro la maggioranza degli elettori che ha voltato pagina castigandoli nelle urne.

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