Editoriale

Governo Lega-5Stelle? Perché no

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

mi segue su Totalità sa che non sono mai stato tenero con il movimento Cinque Stelle. Se penso alle sue origini, lo considero espressione del qualunquismo violento del “vaffa”, concentrato d’incompetenza e intolleranza, mescolanza torbida dell’arcadia e della tecnologia, subordinazione della politica alla pre-politica, con la giacobina esaltazione della Dea Onestà in luogo della Dea Ragione, a scapito delle consacrate categorie del Politico. Si aggiunga l’opacità della governance, la sensazione forte di eterodirezione che suscitano quelli che appaiono i capi del movimento, l’impersonalità della tecnologia che presiede alla mitica (aggettivo non scelto a caso) “piattaforma Rousseau”, e il quadro è completo.

Fatta questa doverosa premessa, mentre siamo ancora in attesa di conoscere gli sviluppi dell’estenuante trattativa fra Cinque Stelle e Lega, mi sembra opportuno sottolineare la discontinuità, la “novità” di questo tentativo, anche alla luce di quanto si è letto nella bozza di contratto che dovrebbe essere alla base dell’alleanza. In un editoriale apparso sul Corriere della Sera del 18 maggio, Ernesto Galli della Loggia riesce a tracciare il percorso – istituzionale, politico, culturale – della Repubblica e argomenta la necessità di rifondarla. Ebbene, il farraginoso, incerto, macchinoso tentativo a cui stanno dando vita Di Maio e Salvini sembra muoversi appunto in questa direzione.

Certo, ricordo un passaggio di una delle interviste rilasciate da una delle figure “terze” candidate a premier, il prof. Sapelli – in passato vicino al PCI prima, al PSI dopo – il quale si dichiarava perplesso di fronte alla scelta di stipulare un contratto tra forze politiche, seguendo l’esempio di quello sottoscritto in Germania – dove però sono ben diversi storia, spessore e certezza dei leader - fra CDU e SPD. E le perplessità riguardavano non tanto certe lacune in termini di diritto (ad esempio, non sono e non possono essere previste sanzioni e/o risarcimenti nel caso d’inadempienza), bensì la sostanza stessa dell’accordo: la politica, affermava il professore, s’innesta su di una visione ed è rivolta a una “comunità di destino”.

Aggiungiamo qualche altra osservazione in negativo. Da tutta la trattativa, emerge una sottovalutazione delle persone chiamate ad assumere funzioni importanti come quella del Capo del Governo e dei Ministri (anche se poi c’è  stata e, a quanto pare, perdura, la querelle sulla scelta di questo o quel capo politico o di un personaggio “terzo”).

Ora, la nostra Costituzione prevede una panoplia di contrappesi all’azione del Primo Ministro, tanto da depotenziarne la volontà e l’efficacia delle iniziative, ma ne pretende la chiara individuazione e ne disciplina i compiti assegnatigli, in piena autonomia e corrispondente responsabilità. Nei preliminari del governo che forse nascerà, è invece prevista un’ulteriore limitazione, con l’aggravante di una sorta di controllo da parte di un organismo collegiale esterno alle istituzioni e dunque sul filo dell’incostituzionalità: alludiamo a quella sorta di “cabina di regia” composta dal premier, dai  leader dei partiti alleati, dai capigruppo della maggioranza, dal ministro interessato all’argomento in discussione e da altre eventuali figure non precisate.

Bene dunque che esista un programma comune, risultante dal compromesso fra le due forze politiche destinate a comporre la maggioranza di governo, e bene che questo programma sia stato anteposto all’assegnazione dei ruoli (il termine “poltrone” risponde a quella svalutazione “a prescindere” della politica che non condividiamo: le idee camminano sulle gambe degli uomini e che sia uno piuttosto che un altro a predisporne l’attuazione, non è indifferente, perché nella storia non è mai stato vero che “uno è uguale a uno”, e non è vero neppure nella prassi dei Cinque Stelle). La storia è fatta dagli uomini, con le loro grandezze e le loro miserie.

Detto questo, leggiamo però con soddisfazione che il nucleo del contratto è costituito dall’atteggiamento da tenere nei confronti dell’Unione Europea – di cui si mettono in discussione i trattati - e, in generale, del capitalismo finanziario. Già in questa fase preliminare, si sono moltiplicate dichiarazioni minacciose o irridenti di quelli che nel documento vengono definiti “eurocrati”; in parallelo, voci e segnali di preoccupazione si sono levati dalle fauci di quel Moloch che ha nome “Mercato”:  forse è un buon segno. A noi piace interpretare questi propositi dei nuovi alleati – da vedere alla prova, s’intende – come l’inizio di una rivincita della Politica sull’Economia e sulla Burocrazia.

Di passata, faremo  notare come si sia incrinata in tal modo anche la logica tolemaica “destra-sinistra”, non solo pensando alle dichiarazioni – ma poi anche alla provenienza ideologica – di tanti rappresentanti pentastellati, ma perfino a quelle di esponenti della sinistra “classica”, tutte improntate ad un cauto consenso, in materia di Stato sociale. Dispiace che questo segnale di “novità” non sia stato colto da Fratelli d’Italia, mentre non sorprende l’ostilità crescente di Forza Italia, a riprova di una nostra antica convinzione, secondo la quale, in quello che per brevità continuiamo a definire “mondo di destra”, non si può aderire ad una Rivoluzione Liberale, nel nome dei moderati.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Giuseppe il 21/05/2018 12:05:56

    il titolo del mio editoriale sul possibile governo Lega-5 Stelle mi sembra ambiguo e fuorviante rispetto alle opinioni da me espresse. Nel pezzo si leggono infatti non pochi dubbi, ma anche delle speranze e degli apprezzamenti positivi sulla carica innovativa potenziale di questa fase politica. Il "perché no" senza un punto interrogativo mi sembra che capovolga le mie intenzioni.

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