Editoriale

Un voto che ha rivoluzionato tutto, ma che era prevedibile

Lorenzo Somigli

di Lorenzo Somigli

b>M5S non possono essere ignorati

Il 32% è un bottino di voti consistente ma non ancora in grado di dar vita ad una maggioranza. Certo è che chiunque voglia governare debba passare da Di Maio, un leader giovanissimo in grado di impersonare la protesta, ma con un volto e con toni rassicuranti. 

Sgarbi lo denigra e lui macina chilometri in lungo e largo per la Penisola. La presentazione della squadra dei ministri a ridosso del voto è stata solo la ciliegina sulla torta di una campagna elettorale combattuta dal 2013 e capace di far dimenticare anche le alterne vicende di Virginia Raggi e Chiara Appendino. In cinque anni tutte le parole d'ordine del Movimento, dagli sprechi della politica al reddito di cittadinanza, sono stabilmente al centro del dibattito politico con il PD costretto ad inseguire. 

Proprio al reddito di cittadinanza si deve il primato nel Centro-Sud dove il Movimento raggiunge percentuali esorbitanti. Sarà il Movimento il sindacato del Sud come un tempo la Lega di Bossi lo fu del Nord?  

Cambio al vertice nel Centrodestra

Salvini sbaraglia un Berlusconi che non è più lui e ottiene la leadership della coalizione a poco più di 40 anni. Il 17% a livello nazionale è il frutto di una costante presenza sul territorio nazionale e di un primato assoluto nella comunicazione social: e non è un caso che la pagina Facebook di Salvini sia quella con più like, sopra persino quella di Di Maio. Il Centrodestra a trazione leghista fagocita il PD anche nelle Regioni rosse ad eccezione di poche sparute roccaforti e si afferma come prima coalizione al Centro-Nord. Non mancano nemmeno parlamentari leghisti eletti al Sud. 

Perde tanto, forse troppo invece Forza Italia che arretra fino ad un misero 14%. Bene la Meloni che aumenta la rappresentanza parlamentare. Non pervenuta la quarta gamba, il cui insuccesso è una delle cause dei pochi voti al Sud. 

PD Collasso generale del partito che negli ultimi anni è stato il perno di tutte le coalizioni di governo. 

19%, tanti nomi di spicco respinti dalle urne, una leadership giovane ma già a fine corsa: Renzi annuncia le dimissioni ma non subito e rimanda tutto a dopo la formazione del nuovo governo. Liberi e Uguali supera di poco la soglia ma sono più le amarezze che le gioie per una nuova Sinistra che esiste praticamente solo nella mente di chi l'ha fondata. La perdita di voti generale nel Centrosinistra è specchio di una perdita di identità politica per un elettorale confuso dalla leadership renziana e delle basi sociali che furono il nerbo della Sinistra e che oggi sono stabilmente presidiate da Lega e 5 stelle. È caduta l'ultima categoria del Novecento. 

 Tutto questo era prevedibile. In tal senso le ultime amministrative avevano dato segnali inequivocabili, ancor di più l'ultimo rapporto Censis (2017), nitida fotografia di un Paese in cui tutti gli strati sociali sono accomunati dalla paura della povertà. E chi ha paura cerca sicurezza, uno Stato presente in economia, garanzie contro la disoccupazione. Una crisi economica decennale non poteva non avere ripercussioni profonde anche sul sistema politico. Proprio dalla crisi e dalle paure generate dalla crisi nell'elettorato nascono le due forze politiche vincitrici della tornata elettorale odierna: una movimento giovane che dopo la prima spallata nel 2013 oggi consolida il primato ed una rinnovata con un leader capace di intuire le istanze dell'elettorato e di conquistare nuove basi sociali e territoriali. Adesso il gioco tra i leader è a non bruciarsi. Mattarella ha un compito non invidiabile ma il Paese non può attendere oltre.




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    3 commenti per questo articolo

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