Editoriale

Bruxelles, quel rosario che sarebbe piaciuto a Guareschi.

Nella capitale belga, in gruppo di giovani dà una coraggiosa testimonianza di fede cattolica, ovviamente snobbata in primis dalla stessa gerarchia.

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

otizia è una di quelle destinata a rimanere di nicchia, certo a non appassionare il grande pubblico: a chi può importare del fatto che un gruppo di giovani che recitano un rosario sia stato allontanato nientemeno che dalla polizia?

Del resto, lo stesso Bergoglio, sempre pronto a distribuire sorrisi e benedizioni ovunque tranne a quello che in teoria dovrebbe essere il suo gregge (o perlomeno il nucleo centrale di esso)  ebbe tempo fa occasione di parlare di “fondamentalismo cattolico”: non si doveva parlare di integralismo islamico perché ne esisteva anche uno cristiano, e si sa benissimo che al sorridente (con chi gli sta simpatico) Francesco troppa pietas non va a genio. Dunque i grani del rosario hanno lo stesso potere devastante di esplosivi e veicoli lanciati sulla folla a tutta velocità?

Questi i fatti: sabato scorso, nella cattedrale  dei Santi Michele e Gudula a Bruxelles, viene celebrata l’ennesima sceneggiata ecumenica catto – protestante in occasione del cinquecentesimo anniversario di quella riforma che improvvisamente sembra essere diventata un dono del cielo.  Non si tratta di essere contro “a prescindere”  un dialogo tra cristiani, ma semplicemente di contestare il  modo  in cui il termine “dialogo”  viene oggi inteso da parte “occidentale” e cattolica: una resa incondizionata  alle ragioni dell’altro, senza neppure un minimo tentativo di difendere le proprie. E’ una forma di autoflagellazione tutta contemporanea, che rischia di avere risultati e conseguenze devastanti, anche e soprattutto nel rapporto con l’Islam.  Bergoglio, sommo sponsor e icona del politicamente corretto, è sicuramente uno specialista in materia.

Ebbene, nella cattedrale belga, altro paese in cui il cattolicesimo – e il cristianesimo in generale – sembra ormai sul punto di chiuder bottega,  si tiene dunque la commemorazione di quel “lieto evento” che fu la riforma protestante, dolorosa scissione nel corpo della Cristianità ma a cui il Vaticano ritiene adesso, non sa bene in base a quale considerazioni, di dedicare un francobollo commemorativo: nientemeno. Non ne sono degni i cristiani che ancora oggi vengono scannati quotidianamente in nome della fede, ma l’artefice di una dolorosa e sanguinosa lacerazione nel corpo della Cristianità sì.   Non fa mancare la sua presenza    l’arcivescovo di Malines-Bruxelles, il cardinale Jozef De Kesel.  Ma quando prende la parola il pastore Steven Fuite, un gruppo di ragazzi ha iniziato a recitare a voce alta il Rosario, interrompendo il sermone luterano. Gravissima provocazione per un protestante, per cui il culto mariano è solo una fastidiosa superstizione papista, anzi proprio la “somma di tutte eresie”. Certo, se vediamo la cosa dal punto di vista del bon ton e del politically correct, quei giovani sono stati davvero inopportuni, anzi maleducati.  E così certo li hanno percepiti l’eminenza reverendissima ivi presente, i cosiddetti fedeli che non hanno mosso un dito nè un sospiro per difenderli. Anzi, per zittirli sono stati messi in azione persino l’organo e il coro, che da strumenti di devozione si sono trasformati in armi censorie. Alla fine difronte all’ostinazione di quei ragazzi che non volevano smettere la loro preghiera, l’intervento della polizia che li ha “cortesemente” (almeno così pare)  invitati ad uscire.

In realtà, questo episodio mette a pensarci bene una grandissima tristezza. Ci sarebbe voluta la penna di un Giovannino Guareschi per raccontarlo degnamente.  La storia di un gruppo di giovani che nonostante tutto non rinunciano alla loro identità e mentre tutti ammainano la loro bandiera, a partire da coloro che dovrebbero esserne gli alfieri, la raccolgono e la tengono alta.

“Lasciate che i piccoli vengano a me” è una delle frasi più note di quel libro straordinario (anche per tanti non credenti) che sono i Vangeli. E ancora una volta i piccoli hanno dato l’esempio di poter essere grandi; come ieri gli chouans, i  vandeani, i ragazzi di Civitella del Tronto. Forse, se per questa civiltà c’è ancora una speranza, non sta certo nei “dotti medici e sapienti”, nel “magistero liquido” ma tanto inquinato dell’inquilino di Santa Marta, nelle pizie e nelle pitonesse del politicamente corretto e  civilmente corrotto. Sta invece, senza dubbio,  in chi non si vergogna della propria bandiera e  come Dante può rispondere senza abbassare lo sguardo alla domanda di Farinata degli Uberti: “ chi fuor li maggior tui?”

 

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