Economia e dintorni.

Mercato del lavoro: uno sguardo d'insieme

Problemi e prospettive dell'occupazione in tempi di crisi... e di PD

di Lorenzo Somigli

Mercato del lavoro: uno sguardo d'insieme

Poletti è felice, Renzi gli va dietro agitando i decimali di crescita guadagnati da quando al governo c'era lui, Gentiloni con pacatezza rincara e in coda si aggrega pure la Maria Elena Boschi la leggiadra Sottosegretaria. Tutti felici per i dati sulla crescita e sull'occupazione ma è davvero un momento tanto favorevole? Già confrontare il dato italiano con la media europea smorzerebbe qualsiasi entusiasmo, si aggiungano  l'impatto della crisi e la persistenza di fattori di lunga durata. Quali sono questi fattori e come ridurne gli effetti?

Il mercato del lavoro italiano presenta svariate criticità che però si possono ricondurre ad una caratteristica che perdura nel tempo: l'elevata segmentazione. Una caratteristica che spiega la difficoltà di reinserimento e l'esclusione dal mercato del lavoro di ampie porzioni della forza lavoro. Spiccano subito le disparità di genere anche se fortunatamente il trend registra una diminuzione; si sommano le ataviche disparità territoriali tra Nord e Sud: perché in Veneto il tasso di disoccupazione si attesta sul 6,8%, al 9% in Toscana mentre in Sicilia è al 22%, una condizione da sottosviluppo; la disoccupazione giovanile raggiunge il 37% a maggio scorso senza però dimenticare i disoccupati over 50 che sono aumentati di quasi 100.000 unità da marzo 2016; elevate la disoccupazione di lungo periodo con caratteri di cronicità e la disoccupazione intellettuale che vede l'Italia il paese con più disoccupati tra i laureati. Esiste infine un'altra forma di segmentazione ovvero quella tra lavoro tutelato e lavoro non tutelato che da una parte vede sempre meno lavoratori e più avanti con l'età ma saldamente protetti da sindacati forti e arroccati nelle posizioni di rendita e dall'altra un stuolo nutrito di lavoratori senza tutele, senza difese in balia del precariato e ricattati sul posto di lavoro. Aprendo gli occhi, c'è poco da rallegrasi.

Nel recente passato non sono mancati tentativi di riformare il mercato del lavoro italiano ma non hanno prodotto effetti radicali e non a caso si parla di riformismo incompleto per descrivere questo percorso tortuoso iniziato con la legge Treu del '97 e i suoi co.co.co. Si pensi poi alla Legge Biagi e al Jobs Act che hanno introdotto nuove tipologie contrattuali flessibili come il lavoro a somministrazione, il contratto di lavoro intermittente ma pure i tanto detestati voucher che servirono per normalizzare situazioni di lavoro accessorio e occasionale. È stata incrementata la flessibilità in entrata e in uscita dal mercato del lavoro, come nel caso dell'abolizione dell'articolo 18 anche se l'articolo in questione non ha mai riguardato molti lavoratori impiegati nelle imprese del tessuto produttivo italiano, senza però un reale investimento nelle politiche di intermediazione tra domanda e offerta politiche attive e passive del mercato del lavoro: nei Paesi scandinavi per esempio l'elevata flessibilità si è sempre coniuga con sussidi di disoccupazione consistenti ma legati all'accettazione di un lavoro. Non più sicurezza del posto di lavoro ma sicurezza dell'occupazione.

Qualche idea sta iniziando a germogliare nel panorama politico, non ultima quella del reddito di cittadinanza. E' davvero questa la soluzione ad ogni male? In un Paese dove predomina il lavoro in nero? Pochi che lavorano devono mantenere con il loro lavoro una platea sempre in crescita di disoccupati: è plausibile che il sistema non riesca in queste condizioni a reggere. Da una redistribuzione di ricchezza si rischia di passare una redistribuzione di miseria e non è giusto. Un palliativo alla disoccupazione serve a poco se non si eliminano le cause che hanno portato alla sua impennata. Davvero a Politica non riesce ad offrire niente di meglio ma insegue queste proposte?

In ordine sparso: la tanto attesa semplificazione normativa e una riduzione consistente del carico fiscale potrebbero dare respiro all'imprenditoria e attrarre investimenti; ammodernare il sistema portuale rendendolo la base logistica per l'industria manifatturiera potrebbe consentire di intercettare i flussi che transitano dal raddoppio di Suez, notizia che sembra nessuno abbia colto in Italia; visto che gli ultimi tempi hanno registrato una proliferazione di contratti atipici bisogna considerare che l'introduzione di un salario minimo su base oraria come hanno fatto alcuni cantoni svizzeri potrebbe restituire a molti lavoratori la dignità persa; ai cultori di una scuola modello '68 non piacerà sicuramente ma un'alternanza scuola-lavoro finalmente completa che raggiunga i livelli di quella tedesca (Ausbildung) permetterebbe finalmente di raccordare studio e lavoro, scuola e impresa.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Donata il 03/10/2017 16:18:13

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