Editoriale

Se non si condanna ogni stupro in ogni caso e circostanza o temperie storica non siamo umani, ma belve

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

uardatela nella foto che abbiamo pubblicato a corredo dell’articolo di Mario Bozzi Sentieri; guardate quella bimba con le trecce, il seno appena spuntato, la goffaggine tipica dell’età, quando la biologia ti trasforma e non sei più bambina, ma neppure già donna.

Sono affari fisiologici che non sempre, soprattutto 70 anni fa, seguivano lo sviluppo psicologico e mentale.

A 10/14 anni eri ancora bambina, facevi ancora le scuole medie inferiori e scrivevi i temi che la maestra ti chiedeva. E al tempo si chiedeva di parlare del Duce e di parlarne bene, come oggi si chiede di parlare di migranti, integrazione, antifascismo militante ecc. E cosa ne sapeva lei di una guerra sbagliata, o del delitto Matteotti, della bastonatura di Amendola, o della risiera di san Sabba, cosa volete che capisse la piccola Giuseppina Ghersi della sciagurata alleanza con Hitler, o delle leggi razziali. Per lei il Duce era il padre della patria, così glielo descrivevano così lo accettava con la coscienza dei suoi 10 anni. Non sapeva o se lo sapeva certo non capiva tutto quel che le magnificavano di Mussolini che aveva bonificato l’agro pontino e scacciato la malaria, che aveva riformato il sistema pensionistico, ecc. ecc. a 10 anni non hai coscienza politica, ti fidi degli adulti e se devi scrivere un tema sul Duce scrivi quello che ti hanno insegnato.

Poi arrivano altri adulti quelli che vedete nella foto. 

Sono due spanne più alti di lei, sono armati e sono tanti, mentre lei con i suoi 10 anni è sola con le sue trecce, i suoi vestiti da tempo di guerra, il suo corpo florido di un’adolescenza appena sbocciata. Ha il viso di bimba innocente, ma non la salverà dal rancore (giusto o sbagliato) nei confronti del Duce al quale ha dedicato un tema che ha ricevuto un encomio, anzi quel volto paffuto sarà la lavagna sulla quale scriveranno la sua condanna, guardate la foto, ha le mani legate dietro la schiena come se potesse costituire un pericolo per la selva di uomini armati che la circondano.

Qualche giorno dopo il 25 aprile, quei vigliacchi che –fino a quando c’era ancora il rischio che il fascismo potesse difendere quella bimba, ovvero pochi giorni prima– se ne sono stati buoni buoni per non rischiare, si prendono la loro rivincita nei confronti dell’odiato regime e lo fanno prendendo una bimba, stuprandola e poi uccidendola (loro dicono giustiziandola perché hanno una strana idea di giustizia).

Una storia come tante, troppe, di oltre 70 anni fa quando gli uomini si trasformarono in belve e travolsero ogni senso di umanità in nome della “giustizia” contro il regime appena caduto. Si chiama Storia e si ripete da millenni, più o meno sempre uguale a dimostrare che l’uomo spesso dimentica la differenza che dovrebbe avere con le bestie, specialmente dopo una guerra civile.

Poi il tempo passa, non sana le ferite ma le trasforma in cicatrici che per loro natura non dolgono più come quando furono aperte. Le cicatrici sono il ricordo di quel che è avvenuto, il monito affinché non si ripetano gli errori passati.

E allora come è possibile che nel 2017, 72 anni dopo i fatti ci sia ancora chi ritiene che lo stupro di quella bimba sia cosa da non condannare, anzi in qualche modo da difendere se si protesta con vigore e indignazione contro una targa che ricordi l’ingiustizia subita da una bimba per mano di adulti furenti (a torto o ragione) che se la presero con lei che non poteva difendersi, che non aveva altre colpe che quella di aver scritto un tema dove parlava bene del Duce come le avevano insegnato a scuola?

Homo homini lupus, lo sappiamo, ma i bambini, anzi le bambine, sono sempre innocenti nei fatti della politica qualunque essa sia o sia stata, hanno diritto al rispetto e alla salvaguardia della loro integrità; e la violenza sessuale e poi la morte sono atti inemendabili anche a distanza di tempo, perché se la giustifichiamo nel caso di un “nemico” politico ci dimentichiamo che siamo esseri umani, e soprattutto si apre la strada a giustificare anche il ragazzino nevrotico di Specchia, che nella sua follia credeva dal suo punto di vista di avere una ragione, il marito abbandonato, il fidanzato geloso, ecc. ecc. e ogni femminicidio che oggi ci fa indignare e fremere di rabbia e indignazione.

No, signori partigiani di Noli, voi che dovreste rappresentare il diritto degli italiani alla libertà e alla giustizia contro ogni sopraffazione non potete giustificare chi 72 anni fa stuprò e uccise una bambina e dovreste essere i primi a volere una imperitura damnatio memorie nei confronti delle belve che si accanirono su di una bimba.

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