Opera di Firenze: stagione estiva

Firenze, Palazzo Pitti: un barbiere di qualità.

Torna a Firenze il capolavoro rossiniano nel magnifico sfondo del cortile dell'Ammannati. Ottima la direzione di

di Domenico Del Nero

Firenze, Palazzo Pitti: un barbiere di qualità.

Squadra che  vince non si cambia: il Barbiere di Siviglia con la regia di Damiano Michieletto  può sicuramente far discutere e anche arrabbiare, ma sul fatto che piaccia non ci sono dubbi, visto che da diversi anni regge la prova della scena; compresa quella, blasonatissima, del cortile dell’Ammannati di Palazzo Pitti a Firenze, dove sta quasi volgendo al termine una stagione estiva  molto bella e di qualità, sia sul piano dei nuovi allestimenti (Cenerentola) che delle riproposte.  E almeno la rappresentazione di venerdì  14 luglio, che non era neppure la prima, ha registrato un ottimo concorso di pubblico. Sicuramente molto … variopinto, non proprio come i  costumi  assai divertenti di Carla Teti, ma  decisamente composito: dagli abiti lunghi di alcune signore nostalgiche (giustamente) delle’eleganza e del bon ton teatrale, a eleganti  distinti dandy con paglietta a …. pantaloncini stile spiaggia con magliette più o meno ascellari, per non parlare della scarpe da ginnastica e della sagra della bottiglia di plastica che “esplode” insieme all’acuto della cantante. Cose antiestetiche, fastidiose e  talvolta alquanto cafone: ma d’altra parte, la soddisfazione di vedere riempire uno spettacolo d’opera è tanta, e lo è ancora di più il vedere un pubblico soddisfatto e plaudente come quello dell’altra sera.  Se poi non si tratta di spettatori abituali decisamente meglio così: si spera che la bellezza della musica possa far compiere ulteriori passi, anche sul piano della “civilizzazione”:

Per quanto riguarda la regia, trattandosi di allestimento già recensito a suo tempo, si rimanda al link in nota. [1] Completamente rinnovati invece la direzione d’orchestra e il cast; e sicuramente  quella  del maestro  Matteo Beltrami  è stata una bacchetta di qualità. Opera  tra le più popolari, il Barbiere presenta però una raffinatezza e complessità di scrittura che sono del resto tipiche del grande Rossini: come ricordava Luigi Rognoni, in quest’opera ogni momento dell’azione teatrale     “ trova la sua naturale fusione in un calcolato contrappunto tra recitazione scenico – vocale e recitazione strumentale del’orchestra”.  E il rapporto tra queste due dimensioni è stato perfettamente realizzato dalla direzione del giovane maestro Beltrami, che si è distinta sin dalla sinfonia per i tempi serrati ma senza alcuna frenesia, senza smorzare le sonorità ma anche senza cedere alla tentazione di  effetti eccessivi; come nel celebre finale primo mi par d’esser con la testa, in cui la melodia ondeggiante su l’ostinato dell’orchestra (mi par d’esser..) e il parlato sillabico tipico rossiniano (alternando questo e quello) rendono perfettamente la sensazione di stordimento  e di corsa vertiginosa che sembrano non aver mai fine.  Gesto elegante e disinvolto, controllo perfetto del rapporto tra orchestra e palcoscenico, offrendo ai cantanti un  tappeto sonoro con cui cimentarsi ma senza esserne travolti: queste le caratteristiche di una lettura veramente squisita, forse non“filologica” (ma  non sarebbe stato neppure il caso) ma sicuramente da bacchetta eccellente, seguita da un’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino in piena forma (come di regola, si potrebbe dire) e un Coro che ha svolto alla perfezione la sua non parte non particolarmente cospicua ma di grande importanza soprattutto nei finali .

Il cast vocale ha saputo anzitutto  dar vita a una recitazione molto vivace e spiritosa, che ha consentito di riempire efficacemente i “vuoti” scenici. Figaro era il baritono ,  senz’altro bravo e spiritoso e con un discreto acuto, accompagnato da un fraseggio elegante e una discreta dizione, anche se la potenza vocale appariva un po’ discontinua;  Straordinaria nella coloratura, negli acuti e nella disinvoltura scenica la Rosina di Laura Verrecchia, anche se nel declamato tendeva  a volte a scurire un po’ troppo la voce;  un po’ troppo “chiaro” invece il timbro di Omar Montanari (Don Bartolo), che se l’è cavata bene comunque anche nei difficilissimi sillabati dell’aria Un dottor della mia sorte, mentre il  Don Basilio di Luca dall’Amico rivela una voce corposa ed esegue l’aria della calunnia con un atteggiamento alla … Vermilinguo. Il  Lindoro di Piero Adaini  presenta, come spesso in questi casi, una voce piccola e non particolarmente brillante anche se discretamente sicura negli acuti; anche sul piano scenico è apparso forse un po’ meno disinvolto degli altri. Discreta anche la Berta di Eleonora Bellocci, che né vocalmente né scenicamente  ha qualcosa della  vecchietta disperata.

Spettacolo da vedere e da gustare.  Prossime repliche: 18, 20, 22, 26, 28 luglio, ore 21.15. La recensione si riferisce alla recita di venerdì 14 luglio.




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