I libri di totalità

Rassegna mensile di novità librarie: Luglio-Agosto 2017

di Mario  Bozzi Sentieri

Rassegna mensile di novità librarie: Luglio-Agosto 2017

Marina Valensise, La cultura è come la marmellata. Promuovere il patrimonio italiano con le imprese (Marsilio, pagg. 142, Euro 13,00)

«La cultura è come la marmellata: meno ne hai, più la spalmi». Marina Valensise parte da questo slogan, apparso sui muri della Sorbona nel maggio '68, per illustrare uno dei paradossi italiani: il paese con il patrimonio più ricco del mondo è incapace di valorizzarlo, mentre altri prosperano su fortune molto meno cospicue. Fin dal titolo, il suo libro ha il sapore di una provocazione, ma è frutto di un'esperienza concreta. Tra il 2012 e il 2016, infatti, l'autrice ha diretto l'Istituto italiano di cultura a Parigi ed è riuscita a rinnovarne la sede, a moltiplicare il numero dei suoi frequentatori e a raddoppiare le entrate proprie rispetto alla dotazione statale. Il segreto? La virtuosa contaminazione e la potente sinergia tra pubblico e privato a favore del patrimonio, che Marina Valensise ripercorre in queste pagine proponendole come modello di valorizzazione partecipata. La differenza di impostazione non è banale e sta in un concetto apparentemente semplice: la capacità di evolversi, abbandonando un ruolo passivo per una funzione più innovativa, che vada oltre quella di semplice cinghia di trasmissione del sapere dato, per produrre cultura in nome di un'idea più dinamica dell'interesse generale. La lievità del racconto, ricco di aneddoti gustosi e frutto di mille incontri con personalità che nei più vari settori - dal design alla cucina, dall'architettura alla musica - danno lustro all'Italia nel mondo, si unisce al monito a tornare protagonisti in nome della cultura sul piano internazionale, offrendo un decalogo di semplici regole per applicare questo modello alla realtà quotidiana delle istituzioni e delle imprese.

EUROPA

Anna Bono, Migranti!? Migranti!? Migranti!? (Edizioni Segno, pagg. 148, Euro 12,00)

Il libro di Anna Bono, che può vantare un curriculum invidiabile nel campo degli studi sulle popolazioni africane, si pone come obiettivo proprio quello di fare chiarezza sul fenomeno dell’immigrazione delle popolazioni africane verso il nostro Continente. 
L’autrice ci offre una chiave di lettura rigorosa del fenomeno migratorio ponendo alla base delle sue riflessioni i fatti e i dati raccolti negli anni che ha sapientemente trasformato in una lettura del problema realistica, in grado di elaborare soluzioni che non siano solo dei meri manifesti politici che, oltretutto, non sottovaluta le ripercussioni e le necessità che si vengono a creare in ambito di integrazione. Finalmente un testo che fa chiarezza su di una materia assai complessa e sfaccettata.

PENSIERO FORTE

Alain de Benoist, Il valore delle religioni (Idrovolante, pagg. 104, Euro 12,00)

Le teorie che cercano di spiegare l’essenza e la ragione dell’esistenza delle religioni sono principalmente di tre tipi: esistono le spiegazioni di natura psicologica, sociologica e biologica. Le prime sono connesse al bisogno dell’uomo di capire fenomeni per lui incomprensibili; le ragioni soprannaturali permettono all’uomo di controllare meglio l’ambiente che lo circonda, attenuando così le sue paure e le inquietudini. La religione rende inoltre l’idea della morte più sopportabile; fonte di conforto e di consolazione, fornisce delle speranze o delle certezze capaci di aiutare a sopportare i rischi e le sciagure dell’esistenza. Oggi, soprattutto nei paesi occidentali, è in aumento il numero di chi si definisce ateo o agnostico; eppure, mentre le credenze religiose sembrano sgretolarsi, c’è un ritorno al fondamentalismo, stimolato dall’incombente “scontro di civiltà”. Fare della religione un oggetto di studio potrà sembrare insopportabile agli occhi dei credenti, portati per natura a sottrarre alla discussione tutto ciò che riguarda la fede; d’altro canto è difficile parlare di una credenza senza condividerla, senza comprenderla nella sua essenza.

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Ettore Gotti Tedeschi, Dio è meritocratico. Manuale per la salvaguardia della fede cattolica (Giubilei Regnani, pagg. 380, Euro 17,00)

L’ultimo libro di Ettore Gotti Tedeschi non è un testo di teologia, ma una provocazione, ironica e controversa. Un'analisi critica del mondo cattolico, attraverso la quale l'autore accompagna il lettore dinanzi alle contraddizioni della società globale, sempre più corrotta e sgretolata dalla modernità. Il libro ci racconta la scomparsa di una civiltà, la crisi di un modello culturale, quello cattolico, sempre meno credibile non solo a causa di un crescente indebolimento della fede, ma anche di un cedimento caustico della ragione. Secondo l'autore, il cattolico non è più in grado di apprezzare, difendere e valorizzare la cultura cristiana, poiché incapace di comprenderne le ragioni.

La «meritocrazia» divina non c’entra con un meccanismo di do ut des, ma è la presa d’atto cattolica che le opere contano, che le scelte che si fanno in vita, e le motivazioni che le suscitano, cambiano l’uomo e ne determinano la felicità e il giudizio supremo.
E’, insomma, una rivendicazione di libertà e di moralità contro ogni determinismo, contro ogni giustificazionismo.

ECONOMIA

Nicola Rossi, Venticinque% per tutti. Un sistema fiscale più semplice, più efficiente, più equo (IBL, pagg. 122, Euro 15,00)

Questa ricerca suggerisce che i luoghi comuni sulla flat tax hanno davvero scarso fondamento. In parte perché il sistema dell'imposta sul reddito, in Italia, è progressivo di nome e non di fatto: il suo disegno è ormai caotico e contraddittorio, e i suoi effetti sono ormai impredicibili per il singolo contribuente. In parte perché la flat tax è concepita come complementare, secondo la lezione di Milton Friedman, a una misura universale di contrasto alla povertà: il "minimo vitale". A determinate condizioni queste due misure sono fatte per stare insieme e completarsi. 

Se sviluppate congiuntamente, si tratta di ipotesi di lavoro che, senza equivoci e diversamente da come si è fatto negli ultimi vent'anni (con risultati a dir poco deludenti), fanno una scelta di campo: la vera riforma della Pubblica amministrazione si fa solo attraverso il processo di revisione strategica della spesa.

Domandandosi che cosa lo Stato debba produrre e come, e non limitandosi a chiedere che faccia un po' meglio quello che già fa.

In questo libro, infatti, non ci si limita a ridisegnare il solo sistema fiscale, si propone di cambiare alla radice il rapporto fra Stato e cittadino: abbattendo la rendita da intermediazione del primo e restituendo libertà di scelta al secondo.

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Ezra Pound, A che serve il denaro ? (Controcorrente, pagg. 35, Euro 5,00)

Lo scritto del celebre poeta ed economista Ezra Pound, pubblicato nel 1939, cioè prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, e oggi più che mai attuale. I disordini non avranno mai fine, non avremo mai una sana e stabile amministrazione della cosa pubblica, se non acquisteremo una nozione precisa e netta della natura e della funzione del denaro. …Prima di tutto, tenete presenti le parole dette agli azionisti da Patterson, fondatore della Banca d’Inghilterra. Egli li assicurava che avrebbero fatto buoni affari perché «la banca lucra sugli interessi corrisposti su tutto il denaro da essa creato dal nulla». In che cosa dunque consiste questo denaro che il banchiere può «creare dal nulla»? 

CLASSICI

Pierre Drieu La Rochelle, Ginevra o Mosca (Settimo Sigillo, pagg. 236, Euro 25,00)

Scritto nel 1928, Genève ou Moscou è composto da una serie di articoli pubblicati su tre riviste: Les derniers jours (fondata dallo stesso Drieu e da Emmanuel Berl nel 1927), La Revue européenne, La Revue hebdomadaire. Testo composito dunque, in cui l’analisi politico-sociale e la testimonianza ideologica sono impreziosite delle qualità letterarie dell’autore, da una cifra stilistica che spazia dal linguaggio austero della politica a quello epico dei romanzi. Pur essendo ancora sotto l’influenza del patriottismo dell’Action francaise, Drieu prende le distanze dalle degenerazioni militariste del nazionalismo, forze contrarie all’unificazione continentale. In quegli anni egli aveva seguito con interesse alcuni partiti di sinistra, anticonformisti esperimenti intellettuali e formazioni sociali dalle tendenze anticapitaliste ed europeiste. La serie dei saggi mostra quindi la sua appartenenza ideale al mondo fascista, un mondo aldilà di destra e sinistra, antiliberale ed antiborghese, che invoca la rinascita dell’Europa e la pianificazione economica.

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Giuseppe Rensi, Paradossi d’estetica e dialoghi dei morti (Circolo Proudhon, pagg. 120, Euro 13,00)

Gusto delle masse o gusto dell’individuo? Arte popolare o arte aristocratica? Chi può esprimere un giudizio sull’arte e, di conseguenza, su temi etici, politici, morali? Socialista in un primo tempo, poi esule in Svizzera dopo i moti di Milano, oppositore del regime fascista e di quello bolscevico come pure della “rettorica democratica”, critico dell’idealismo gentiliano e contrario ad ogni dogmatismo, Giuseppe Rensi (1871-1941), un gigante della filosofia del Novecento messo al bando dalla manualistica per il suo irrazionalismo, per l’appartenenza alla tradizione scettica e pessimista, per aver guardato all’America piuttosto che all’Europa, tenta di dare una risposta a questi interrogativi. Paradossi d’estetica e dialoghi dei morti, pubblicato nel 1937, è un saggio che indaga il rapporto tra l’alto e il basso, il centro e la periferia, l’élite e il popolo, fino a toccare il labile concetto di “populismo”, sfuggito di mano ad una classe intellettuale che si è dimenticata di fare i conti con il “gusto delle masse”. In Rensi non esiste la totalità, la serenità hegeliana, non c’è conciliazione: la sua è una filosofia del conflitto e dell’assurdo, che vuole spodestare il sapere dalle incelofanature platoniche e riportarlo in strada, nella sua dimensione tragica, dove tutto è ambivalente, incerto, paradossale.

SCIENZA

Marcello Pamio, Il marketing della pazzia (Evoluzione, pagg. 236, Euro 13,90) 

Secondo i dati ufficiali, nel mondo occidentale le cosiddette malattie mentali sono diventate una vera e propria pandemia; l’epidemia è cresciuta in America in dimensioni ed estensione straordinarie. Secondo uno studio del CDC di Atlanta, nel 2012 un americano su quattro soffre per un disturbo d’ansia, dell’umore, per una dipendenza da sostanze stupefacenti; ed assumono farmaci per problemi psichiatrici (antidepressivi, stimolanti, antipsicotici, medicine per deficit da attenzione o da iperattività). A giudicare da questi risultati sembra che la popolazione americana – ed a seguire quella europea - sia sulla via della follia; sempre più ansioso, depresso, bipolare; ma è veramente così, o la crescita esponenziale delle diagnosi di disturbi mentali è una operazione di marketing e una strategia per il controllo delle masse? La pressione che l’industria farmaceutica esercita su psichiatri e medici, affinché prescrivano sempre più farmaci, è fortissima e subdola. L’intento di questo studio è di fare chiarezza sul perverso e diabolico meccanismo, che crea centinaia di milioni di malati mentali ogni anno.

STORIA

Eric Teyssier, L’ascesa dell’ Impero Romano. 753 a.c. – I d.C. (LEG, pagg. 252, Euro 24,00)

Il mistero della grandezza di Roma, della sua ascesa e della sua enorme estensione territoriale è tutto racchiuso nelle sue leggende di fondazione, che la fanno figlia prediletta di Marte. Sia la nascita di Romolo e Remo, discendenti legittimi della divinità guerriera, sia il loro nutrimento, affidato ad una lupa e ad un picchio, entrambi animali consacrati a Marte, giustificano l’impulso alla conquista, la tensione imperialista. L’Impero romano fu una grande costruzione politica, capace di tenere unito un vasto spazio, di governare per molti secoli una moltitudine di etnie, che parlavano lingue e veneravano dèi diversi gli uni dagli altri. Per comprendere le ragioni delle vittorie militari ed il segreto dei successi politici, per capire la forza etico-morale che sosteneva l’impalcatura della res publica, l’autore esamina la mitologia romana, che accompagna passo dopo passo la crescita della città latina.

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Glauco Maria Cantarella, Imprevisti e altre catastrofi. Perché la storia è andata come è andata (Einaudi, pagg. 198, Euro 26,00)

Alarico muore all'improvviso, i Visigoti finiscono per andare in Spagna e la storia della Spagna sarà quella che conosciamo. Ottone III muore d'un tratto, il suo progetto di ridisegnare e circoscrivere il Patrimonium Beati Petri finisce con lui e la storia sarà, sul lungo periodo, quella dello Stato della Chiesa. Guglielmo II d'Altavilla muore di colpo e il Regno di Sicilia finisce a Enrico VI di Svevia; ma anche Enrico VI muore all'improvviso e il Regno passa sotto la tutela del papa prima di arrivare nelle mani di Federico II; che a sua volta morirà bruscamente proprio alla vigilia della sua vittoria sul papa. Quante aspettative sono finite nell'abisso perché qualche evento inaspettato ha impedito che prendessero la piega desiderata? Imprevisti e altre catastrofi tratta principalmente di storia medievale, ma con qualche scorribanda nella storia precedente e successiva, raccontando alcune circostanze che hanno impedito alla storia di essere diversa da come è stata. Che ci piaccia o non ci piaccia, la storia è andata e sta andando cosí come è andata e sta andando. Piaccia o non piaccia alla cosiddetta storia controfattuale.
La storia non si può scrivere per schemi: gli schemi possono essere utili per inquadrare, cogliere analogie, proporre paradigmi di interpretazione. Ma la storia è costituita di eventi, che sono concreti anche se non possono essere colti nella loro fattualità. Un paradosso solo apparente: questi fatti spesso sono «irrazionali », ma al tempo stesso sono razionali benché abbiano avuto un'origine irrazionale: cosa c'è di piú razionale e prevedibile infatti della morte? E che cosa di piú «irrazionale» che le morti improvvise, impreviste, che troncano qualunque possibilità di sviluppi − concreti − già programmati?

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Franco Cardini e Franco Ivan Nucciarelli , L’Oro, il Ferro, il Sangue. Simbologia e colore della Cavalleria europea da Orlando a Braccio Fortebracci (Il Cerchio, pagg. 94, Euro 18,00)

Questo testo vuole introdurre all’interno del mondo unico e irripetibile della Cavalleria, tra mito e storia e tra realtà e fantasia. Come nacque, cosa lo nutrì, in cosa credette, come divenne rapidamente il perno centrale della società del Medioevo europeo che – non lo dimentichiamo – durò per quasi mille anni, e ha segnato profondamente i connotati della modernità europea; infine, come decadde,e cosa oggi ne resta. E soprattutto invita a leggere questo mondo con gli occhi che questo mondo preferì: gli occhi dei Simboli e del Sacro.

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Simon Sebag Montefiore, Romanov 1613-1918 (Mondadori, pagg. 964, Euro 40,00)

I Romanov hanno governato per oltre tre secoli un sesto della superficie terrestre e sono stati la dinastia di maggior successo dell'era moderna. Come ha potuto una sola famiglia trasformare un piccolo e oscuro principato nel più grande impero del mondo? E perché e come il loro dominio ha di colpo iniziato a franare all'inizio del XX secolo? Simon Sebag Montefiore è riuscito a rispondere a queste domande racchiudendo in un'unica narrazione la vertiginosa avventura di una ventina di zar e zarine, valutati e descritti non solo negli scenari della storia maggiore - incoronazioni, complotti, avvicendamenti dinastici -, ma, con il supporto di documenti e carteggi, anche in quelli meno noti della vita privata e familiare. Sebag Montefiore ha suddiviso la trama del racconto in 3 atti e 17 scene, i cui cast sono gremiti dei personaggi più disparati: ministri e boiari, impostori e avventurieri, arrampicatori sociali e cortigiane, rivoluzionari e poeti. Dopo Pietro il Grande, visionario e spietato modernizzatore, spiccano su tutte le figure delle due volitive e innovatrici zarine Elisabetta e Caterina, con le loro corti di amanti e favoriti, e dei grandi zar dell'Ottocento: Alessandro I, che respinse e incalzò fino a Parigi l'esercito invasore di Napoleone Bonaparte, e Alessandro II il Liberatore, ripagato per l'abolizione della servitù della gleba con sei attentati, di cui l'ultimo mortale, tragica premonizione degli orrori del XX secolo. E infatti sotto il segno sanguinoso del massacro della famiglia di Nicola II e Alessandra, gli ultimi regnanti, che si conclude nel 1918 la parabola dell'autocrazia zarista e si apre una nuova epoca, quella del bolscevismo. Benché anche quest'ultima sia ormai storia di ieri, l'autore sembra presagire per il sogno imperiale dei Romanov e del popolo russo un possibile futuro nel mondo contemporaneo: per i suoi spazi immensi, per la sua singolare collocazione geopolitica che le assegna un ruolo di inevitabile protagonista delle vicende di due continenti, per la sua memoria storica e culturale, per l'indole stessa della sua gente, la Russia potrebbe essere spinta a ripercorrere, prima di quanto si immagini e con esiti oggi imprevedibili, sentieri già battuti.

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Patrick Keyes O’Clery, La rivoluzione italiana. Come fu fatta l'unità della nazione  (Ares, pagg. 780, Euro 28,00)

Reduce dalle ultime battaglie risorgimentali, Patrick K. O’Clery ricostruisce gli avvenimenti politico-militari che condussero all’unità della nazione italiana. Ripensando, all’indomani della breccia di Porta Pia, l’intera trama del Risorgimento, l’autore ne demitizza valori e protagonisti, lasciando emergere i difetti strut turali che connotarono la formazione del regno d’Italia: il rifiuto di ogni istanza federalistica, l’odio ideologico al Papato e alla tradizione cattolica del Paese, l’opportunismo cinico della classe dirigente, la manipolazione del consenso come prassi di legittimazione, la presenza malavitosa nei partiti politici, la dipendenza dallo straniero, il disprezzo per i vinti della rivoluzione. O’Clery si pone così come pioniere del revisionismo storiografico al quale guardano con diffidenza le vestali di un certo Risorgimento, tramandato a generazioni di italiani come religione civile in sostituzione del cattolicesimo.È giudizio ampiamente condiviso che il sapere storico debba giovare alla comprensione del presente. Tradotto da Alberto Leoni, il volume, in cui si accolgono entrambi gli studi di O’ Clery sul Ri sor gimento (The revolution of the barricades e The making of Italy, il primo inedito in Italia), soddisfa a pieno tale esigenza, additando le lontane radici della debole identità nazionale, che rende oggi l’Italia, più di altri Paesi, inadeguata ad arginare l’ideologia sovranazionale delle oligarchie economico-finanziarie.

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Luca Falsini, Processo a Caporetto. I documenti inediti della disfatta (Donzelli, pagg. 240, Euro 28,00)

L’interesse per la Grande guerra (1914-1918) in Italia non è mai scemato, sia perché considerata la fase conclusiva del Risorgimento, il compimento dell’unità nazionale, sia perché la vittoria assicurò al Regno un ruolo da protagonista mondiale. Tuttavia, prima dell’esaltazione patriottica fattane dal Fascismo, vi fu un momento che accese le polemiche su un avvenimento cardine del conflitto, cioè quando fu istituita la Commissione d’inchiesta su Caporetto, voluta dal parlamento per indagare sulle cause del disastro. L’attacco sferrato dalle truppe austro-tedesche lasciò annichilito l’esercito italiano, che dopo i primi combattimenti sbandò e fu costretto alla ritirata; undicimila soldati morti, trecentomila fatti prigionieri, questo il bilancio della sconfitta. Dalla documentazione emergono le responsabilità, le colpe e l’incapacità dei generali al comando: Capello, Cadorna, Cavaciocchi e soprattutto Badoglio. Nel corso del Ventennio furono accantonati gli aspetti polemici e censurate le opere di memorialistica critiche sulla condotta della guerra, a favore di una visione agiografica e celebrativa del conflitto, con l’obiettivo di farne il “retroterra ideologico” comune a tutti gli italiani

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Gianni Oliva, Combattere. Dagli arditi ai marò, storia dei corpi speciali italiani (Mondadori, pagg. 223, Euro 20,00)

Di ciascuno dei corpi speciali oliva ci illustra la costituzione, lo sviluppo degli ordinamenti, le ipotesi di impiego bellico, ma soprattutto l'ideologia e le imprese a cui hanno legato il nome. Il denominatore comune è un modello di combattentismo fondato sull'iniziativa, sull'audacia individuale, sulla consapevolezza del singolo, sullo spirito di corpo. All'immagine tradizionale delle fanterie anonime, gli arditi (tanto quanto gli incursori o i paracadutisti) contrappongono la forza morale, l'eccellenza dell'addestramento fisico, la presunzione della propria superiorità. Un originalissimo saggio che indaga pagine di storia rimosse o negate, oscurate nella vulgata storica dell'Italia repubblicana, restituendole alla dimensione loro propria.

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Johann Chapoutot, Il nazismo e l’Antichità (Einaudi, pagg. 523, Euro 34,00)

Il Terzo Reich nutrí per il mondo classico un'autentica venerazione, arrivando a teorizzare l'identità razziale di Greci, Romani e Germani, uniti in una stessa lotta millenaria. Il passato della razza, quello che doveva riempire d'orgoglio i tedeschi, era da rintracciare in Grecia e a Roma. Cosa c'è di meglio di Sparta per costruire una società e un uomo nuovo? Quale miglior esempio di Roma per costruire un Impero? E quale piú efficace avvertimento delle guerre che opposero la razza nordica agli assalti della Persia e di Cartagine? L'Antichità greca e romana insegnava come perpetuarsi attraverso una memoria monumentale ed eroica, quella del mito. Il Reich succedette ad Atene e Roma in questa lotta millenaria, nella quale dovette fronteggiare gli stessi nemici e pericoli. Dai canoni dell'ideologia nazista, a partire dal Mein Kampf, agli edifici di Norimberga, passando attraverso i manuali scolastici, il cinema e le arti plastiche, l'Antichità greca e romana venne riletta e riscritta per fornire al lettore, alunno, studente, spettatore e suddito del nuovo Impero, un paradigma ideologico saldamente impiantato sulle due grandi civiltà del mondo classico.  

STORIA DELLE DESTRE

Nello Musumeci, Quelli della Fiamma. Storia fotografica del Movimento Sociale Italiano in Sicilia (Cespos, pagg. 139, Euro 12,00)

Non è la prima volta che Nello Musumeci,  il presidente della Provincia di Catania negli anni della cosiddetta “primavera”, la stagione immediatamente successiva alle stragi di mafia di Palermo, Firenze, Roma e Milano, si adopera nella divulgazione delle vicende storiche della destra siciliana. Una passione sì, ma irrobustita da cataste di documenti, ritagli di giornali e verifiche a incrociare. Un viaggio che attraversa  cinquant’ anni di storia patria e regionale, dal 1946 – non a caso a presiedere la riunione della fondazione dell’Msi a Roma ci fu il siciliano Biagio Pace – fino alle vittorie dell’appena nata Alleanza Nazionale nei primi anni Novanta.

In mezzo, ovviamente, la rievocazione di alcuni momenti storici che hanno fatto della Sicilia un laboratorio politico a volte troppo in anticipo rispetto al resto del Paese. Tra tutte, l’esperienza del primo governo targato Silvio Milazzo, gabinetto regionale che mandò per la prima volta all’opposizione la Dc e che ebbe al suo interno la strana alleanza missini, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali e cristiano sociali. Il 13 giugno 1971 arriva una “strepitosa avanzata” che porta il partito, con il 16,3%, a essere il secondo dell’Isola. Ma la storia missina è anche una storia di conflitti interni, assedi esterni e di annate da marcia del deserto stemperate però da alcune esperienze amministrative destinate a fare scuola, come la lunghissima sindacatura di Dino Grammatico a Custonaci.

Un galantuomo, così come lo erano i vari Alfredo Cucco, Vito Cusimano, Angelo Nicosia, Benito Paolone, Nino Buttafuoco, Gennaro Villelli, Orazio Santagati, Gaetano La Terza o Guido Virzì, solo per citarne alcuni che non ci sono più.  Poi ci sono i martiri dell’antimafia: il giudice Paolo Borsellino, giovane attivista del Fuan, e il giornalista Beppe Alfano. Questo fu l’Msi: una comunità umana prima ancora che politica e che almeno in Sicilia – come ricorda Pietrangelo Buttafuoco nell’introduzione – «non ha mai conosciuto la marginalità sociale, l’irrilevanza politica, la sudditanza culturale».

CATALOGO

Il Liberty e la rivoluzione europea delle arti. Dal Museo delle Arti Decorative di Praga (Marsilio, pagg. 240, Euro 34,00)

Il catalogo della mostra si articola in due sezioni. Nella prima, costituita da cinque saggi specialistici, si raccolgono i contributi dei curatori della mostra ospitata al Castello di Miramare e di diversi storici dell’arte del panorama internazionale. Aprono i curatori Lucie Vlckova e Radim Vondracek che, rispettivamente in L’emancipazione dell’arte e in Art Nouveau: forze vitali e riforma della vita, propongono una prima, ampia trattazione su quel grande fenomeno culturale, artistico e sociale che fu lo Stile Liberty o Art Nouveau. In questi due saggi viene sottolineata l’innovazione del nuovo stile, che si pone in una condizione di rottura con il passato affrancandosi dai modelli artistici ottocenteschi e dalle scuole di pensiero storiche. Non solo un’emancipazione dai canoni estetici tradizionali, bensì una riforma molto più ampia che arriva a coinvolgere la definizione stessa dell’arte e della figura dell’artista, a cui viene affidato un ruolo creativo che ambisce ad avere una ricaduta sulle condizioni sociali moderne. Seguono altri due contributi: nel primo, intitolato Un vortice voluttuoso sulla modernità, Luciano Celli prosegue l’approfondimento sul carattere di novità dei tratti stilistici dell’Art Nouveau, delineando uno stile che prende piede in tutta Europa e che si differenzia in diverse correnti in base ai paesi che tocca, pur mantenendo una forte matrice comune. Il Liberty, infatti, da un lato riscopre l’interesse per i metodi produttivi artigianali del passato in contrapposizione con la crescente meccanizzazione di massa; dall’altro si muove alla ricerca di nuove forme definite “organiche”, di ispirazione naturale, che portano con se una figurazione di tipo asimmetrico, sinuosa e morbida nelle forme, in cui l’elemento decorativo diventa parte integrante del tutto. Segue poi Filip Wittlich che in Il mondo ceco della Belle Époque apre una finestra sul mondo ceco, toccato dal grande progresso scientifico e sociale che attraversa tutta l’Europa a partire dalla fine dell’Ottocento. Infine il contributo di Iva Knobloch, intitolato Fortuna dell’Art Nouveau nella sfera delle arti decorative del XX secolo, conclude questa prima sezione del catalogo allargando lo sguardo verso le diverse maniere che hanno segnato la ricezione dell’Art Nouveau a livello internazionale e che hanno portato alla progressiva ridefinizione dei modelli stilistici e formali di pittura, architettura, moda, design, grafica pubblicitaria. La studiosa prende in analisi le tendenze critico-interpretative che si sono evidenziate lungo tutto il corso del Novecento e delinea una complessa geografia di posizioni concettuali, dal favore incondizionato all’aperta opposizione, fondamentale per comprendere il successivo sviluppo delle arti figurative. Il volume prosegue con il catalogo delle opere presenti in mostra: si tratta di manufatti e oggetti molto eterogenei, che afferiscono non solo al campo dell’arte ma anche alla sfera della vita quotidiana, della moda e del costume.

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