Editoriale

La Genova dei camalli abbandona la sinistra e spera nel centrodestra

La politica del Pd liberista, mercatista, anti classe media e bassa raccoglie i risultati della protesta di chi è impoverito, trascurato, abbandonato e tartassato

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

va ha voltato pagina. L’ elezione di Marco Bucci a sindaco del capoluogo ligure rappresenta qualcosa di più di una sconfitta elettorale per il centrosinistra. E’ la fine di un’epoca.

Il continuismo di Gianni Crivello, competitor di Bucci e assessore della giunta in carica, guidata da Marco Doria, esponente della sinistra, era in linea con la storica egemonia comunista sulla città. Non a caso Crivello ha puntato per un recupero estremo (Bucci al primo turno aveva raccolto il 38,80% dei voti, il rappresentante del centrosinistra il 33,40%) sull’appello antifascista, sul rischio di consegnare Genova a Salvini e alla Meloni, sulle immancabili derive… “antidemocratiche”. Per Crivello sono scesi a Genova, D’Alema, Bersani e Pisapia, a rimarcare il richiamo forte alle radici della sinistra che non si vergogna d’essere stata comunista. Romano Prodi non ha fatto mancare una sua telefonata, auspicando una larga intesa di tutte le forze progressiste. Matteo Renzi si è invece defilato, subodorando il risultato.

A cominciare dai quartieri popolari dove i partiti di centrodestra hanno sfondato, il dato politico è che, dopo trentadue anni di amministrazione di sinistra, Genova gioca la carta del cambiamento, puntando su un nuovo sindaco espressione di una vasta, ma organica, coalizione, costruita da Giovanni Toti, il Presidente della Regione Liguria paladino di un centrodestra “inclusivo”, intorno alla figura di Bucci, manager di grandi esperienze internazionali, ma con un passato da boy-scout.

Nel suo curriculum spiccano incarichi come la presidenza di Carestream Health Inc. a Rochester (Usa), la vicepresidenza di SGS a Ginevra, l’incarico di Ceo in Eastman Kodak Company tra Genova e New York, giusto per citare i più importanti. A riportarlo in Italia l’invito, fatto da Toti, nell’ottobre 2015, a guidare Liguria Digitale, società controllata quasi totalmente dalla Regione, per sviluppare l’infrastruttura tecnologica e i servizi digitali in tutto il territorio ligure.

Poi nell’aprile di quest’anno la candidatura a sindaco di Genova, sponsorizzata dalla Lega. In pochi mesi Bucci è riuscito ad indossare l’abito del competitor politico senza peraltro abbandonare mai quello del tecnico dalle grandi visioni internazionali.

Ora la sfida passa dai programmi all’azione di governo. Le idee non mancano. La città ha oggettivamente bisogno di cambiare passo, ritrovando nuove ragioni di crescita e più alti standard di vivibilità, giocando su quelle che Bucci ha fissato come le idee-guida della sua azione: sicurezza, alta tecnologia, ricerca, portualità, turismo.

Resta il dato di fondo della fine di un’epoca, su cui a sinistra e non solo bisognerà interrogarsi, rappresentando una rottura rispetto ad equilibri socio-politici che parevano immutabili.

Per ora sono i genovesi ad avere dato una risposta ed è nel segno del centrodestra.

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