I libri di totalità

Rassegna mensile di novità librarie: Giugno 2017

di Mario  Bozzi Sentieri

Rassegna mensile di novità librarie: Giugno 2017

Marcello De Angelis, Cosa significa oggi essere di destra? Alla ricerca di un popolo disperso e di una nazione negata  (Pellegrini, pagg. 230, Euro 14,99)

Le parole della politica, al tempo dell’antipolitica, sono quasi tutte indebolite di significato. C’è in Italia un movimento di successo (il M5s) che, come altri movimenti in passato (dall’Uomo qualunque alla Lega, all’Italia dei Valori) rifiuta le categorie storiche e si dichiara oltre la destra e la sinistra. A capo del partito più rappresentativo della sinistra c’è un uomo che viene dal Centro ed è accusato di fare politiche di destra. Intanto la destra sembra liquefatta e – come previsto da un uomo di destra quale Montanelli – risulta irriconoscibile dopo lo stravolgimento portato nello scenario politico da un uomo come Berlusconi, che con la destra non aveva nulla in comune.
Ma la destra? Ce n’è ancora bisogno? Pare di sì. Mai prima di ora se n’è parlato così tanto e in modo così inconcludente. Fino a venti anni fa, una destra chiaramente riconoscibile in Italia esisteva. Alla fine, banalmente, era il mondo che si ritrovava nel Msi e in Alleanza nazionale, semplicemente perché, fino al ‘94, nessun altro in Italia si assumeva il rischio di dichiararsi “di destra”. In giro per il mondo di destre se ne possono trovare varie e di difficile omologazione tra di loro, ma questo è piuttosto dovuto al fatto che le destre, per loro stessa natura, sono un prodotto “tipico”, con tratti peculiari a secondo dei popoli e delle nazioni. Dopo che ad essere stata egemone all’interno del polo di destra, per consenso ma anche per risorse e capacità comunicative, è stata un’aggregazione composta da “destri per caso”, molti dei quali venivano dalla sinistra socialista o comunista, oggi, al netto di una moltiplicazione di gruppi parlamentari di cui non sono chiari i contorni o le strategie, a proporsi come guida è Salvini, leader di un movimento che nasce anti-italiano e che rivendica radici personali di sinistra (era il capo dei “comunisti padani”). Forse, in questo Caos, cercare di ridisegnare un perimetro che abbia una coerenza dottrinaria, storica e valoriale della Destra può apparire quasi velleitario, ma non per questo meno necessario e forse persino meritevole.

ITALIA

Alessio Mannino, Contro la Costituzione. Attacco ai filistei della Carta '48 (Circolo Proudhon, pagg. 126, Euro 11,00)

La Costituzione è, per antonomasia, il dogma dell’ordine costituito. In una democrazia degna di questo nome dove tutto è soggetto a critica, neanche la Carta fondamentale può essere un tabù. Prodotto perfettibile legato a un preciso periodo storico, non è immune dalla consunzione del tempo, né dalla libertà di rifiutarla e cambiarla. In questo pamphlet volutamente provocatorio se ne passano in rassegna, rovesciandone i presupposti, i punti salienti: dal mito del lavoro a quello della rappresentanza, dalla finta sovranità alla degenerazione dei diritti. Dimostrando come i suoi sostenitori, moderni filistei, si facciano scudo della nuova bibbia del politicamente corretto per nascondere la pochezza del loro sguardo e l’incapacità di elaborare un pensiero adatto ai tempi. La Carta ’48, l’ultimo rifugio dei deboli d’intelletto. Nell’angusto e ipocrita dibattito politico italiano, la Costituzione della Repubblica rappresenta l’idolo cartaceo che solo in rarissimi casi è stato messo parzialmente in discussione. In una personale selezione dei suoi articoli più significativi, l’autore la sottopone a una trasvalutazione a tutto tondo. Per richiamare al dovere vitale di non dare mai nulla per scontato, riprendendosi il diritto di negare perfino, se si ritiene, l’intoccabilità di un testo umano, troppo umano.

MONDO

Paolo Borgognone, Deplorevoli ? L’America di Trump e i movimenti sovranisti in Europa (Zambon, pagg. 334, Euro 18,00)

La vittoria di Trump segna un colpo durissimo nei confronti dell'ideologia della fine capitalistica della Storia, delle ambizioni globaliste della finanza internazionale, delle velleità egemoniche del grande capitale transnazionale e della cultura politica della sinistra cosmopolita. Una vittoria che trae origine e si alimenta appunto dal divorzio intervenuto, già dalla fine degli anni Sessanta del XX secolo, tra sinistra e classi popolari. Una vittoria di quei ceti sociali sradicati dai processi di globalizzazione e, secondo la vulgata mediatica dominante, spinti da pulsioni razziste, scioviniste e omofobe che avrebbero votato Trump in spregio alla "pussy generation" di New York e di San Francisco e che la stessa Hillary Clinton ebbe a definire, sprezzantemente, deplorables, deplorevoli.

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Hubert Seipel, Putin. Ora parla lui (Piemme, pagg. 332, Euro 18,50)

 

Nei sondaggi, il gradimento di Putin supera regolarmente l’ottanta per cento; le aspettative dei politici occidentali di spingere il presidente russo ad un cambio di rotta attraverso le sanzioni non si sono realizzate. Il sostegno popolare nei confronti di Putin è dovuto, in gran parte, agli eventi seguiti alla rivoluzione di Kiev: si è ridotta la percentuale di russi che vive al di sotto della soglia di povertà; è cresciuta l’aspettativa di vita; la popolazione ha ripreso a crescere; l’arsenale atomico è stato ampliato e con esso il potere intimidatorio verso l’occidente. In Siria gli USA continuano ad operare per rovesciare Bashar al-Assad, mentre la Russia intende stabilizzare il regime di Damasco, in modo da impedire allo Stato islamico e ad al Qaeda di prendere il potere. La strategia di Putin contro il terrorismo islamico si fonda sui nefasti precedenti dell’Iraq e della Libia, sottolineando come la politica estera americana abbia largamente contribuito all’affermarsi dell’estremismo nel vicino oriente. La  visione politica del presidente russo si completa con l’utilizzo di altri strumenti: favorendo la rinascita della Chiesa ortodossa; usando la storia per galvanizzare il senso d’identità della comunità nazionale; registrando le ONG finanziate da altri paesi come “agenti stranieri”; aiutando il repubblicano Trump nella campagna elettorale statunitense.

TEMPI MODERNI

Giancarlo Cerretti e Marco Invernizzi, La famiglia in Italia dal divorzio al gender (Sugarco, pagg. 352, Euro 25,00)

Se è vero che nella storia non esistono facili determinismi, crediamo sia riconosciuto da chiunque che viviamo un’epoca di avversione profonda nei confronti della famiglia, sia a livello ideologico sia soprattutto a livello della vita vissuta. Si tratta di un’avversione che tocca il piano culturale, anzitutto, ma anche politico e giuridico. Questo libro racconta la storia di un’aggressione culturale, politica e giuridica alla famiglia, cominciando dal Sessantotto e in particolare dall’introduzione della legge sul divorzio, per arrivare al gender e alle unioni civili, grazie alle quali si permette di definire famiglia ciò che famiglia non può essere.
Nella prima parte, Marco Invernizzi esamina il processo politico e culturale che ha progressivamente eroso la centralità della famiglia in Italia fino all’esplicita avversità e al considerarla come una delle possibili espressioni affettive, da famiglia a famiglie. Nella seconda, Giancarlo Cerrelli affronta il percorso legislativo e giuridico con il quale la cellula fondamentale della società è diventata una semplice somma di individui.
L’analisi realistica dei fatti non induce tuttavia alla perdita della speranza. La famiglia fondata sul matrimonio rimane un desiderio di ogni persona, anche se non sempre espresso in maniera consapevole.

PENSIERO FORTE

Danilo Breschi, Meglio di niente. Le fondamenta della civiltà europea (Mauro Pagliai, pagg.192, Euro 12,00)

Ogni civiltà poggia su quattro pilastri fondamentali: la storia, la politica, la religione e l’educazione. Prospera se i pilastri sono solidi e sottoposti a continua manutenzione, tenendo conto del trascorrere del tempo. Festina lente, “affrettati lentamente”, recitava un motto dell’antica Roma. Secoli dopo Cosimo I de’ Medici associò al motto il simbolo della tartaruga con vela. L’immagine, oggi visibile su soffitti e pavimenti di Palazzo Vecchio a Firenze, racchiude il senso della parola civiltà. Italiana, europea, occidentale. L’Europa come sintesi tra Italia e Occidente.
L’autore propone idee in grado di contrastare il nichilismo odierno, che dilaga nella cronaca tra tv e social media. Oggi più che mai c’è bisogno di verificare lo stato di salute dei nostri pilastri. Il male della civiltà europea è “preferire il nulla all’imperfezione”. Ogni civiltà è imperfetta, come qualsiasi costruzione umana, ma se dimentichiamo il peso della storia, della politica, della religione e dell’educazione tutto si fa leggero, evapora. Diventa niente. Contro l’insostenibile leggerezza di una modernità senza basi occorre disseppellire le antiche fondamenta. La civiltà europea non è esente da colpe, ma sono proprio le sue radici a farci capire dove sbagliamo. Un retaggio da ammodernare, mai dimenticare, tanto meno sostituire. Sempre meglio di niente.

CRONACHE

Ciro Perna, Roberto Saviano. Io non ti credo (Eracle, pagg. 324, Euro 15,00) 

Roberto Saviano è diventato famoso nel 2006, quando viene pubblicato il suo libro Gomorra; in poco tempo, la sua inchiesta sulla malavita napoletana diviene un successo editoriale. Il suo modo di raccontare la camorra svela gli intrecci fra organizzazioni criminali e politica; i legami con la buona società, che trasformano il racket di quartiere in finanza internazionale; i guadagni illeciti provenienti dal mercato delle armi, dal narcotraffico e dallo smaltimento dei rifiuti, che divengono strumento di potere. Ciro Perna, suo conterraneo, analizza il best-seller di Saviano, sostenendo che alcuni brani sono frutto solo della sua fantasia; che le sue indagini non si sono svolte sul campo, ma sono il risultato delle letture di sentenze dei tribunali, fascicoli di polizia e di articoli di giornale.

SCIENZA POLITICA

Fabrizio Grasso, Archeologia del concetto di politico in Carl Schmitt (Mimesis, pagg. 80, Euro 10,00)

L'opera si propone di ricercare l'origine del concetto di politico in Cari Schmitt, attraverso la lettura e l'analisi ragionata dei testi del giurista tedesco e dei commenti di alcuni tra i suoi maggiori studiosi. L’epoca del primo cristianesimo è quella più significativa della nostra storia, perché mostra la nascita e lo sviluppo di quello che, “nel suo nucleo essenziale, non è né una morale né una dottrina, né una predica penitenziale, né una religione nel senso della scienza comparata delle religioni, ma un evento storico di infinita, inappropriabile, inoccupabile unicità”. Ecco, dunque, che tutto il lavoro di Schmitt può essere capito solo in una prospettiva fideistica, e nella sua “teologia politica” la Chiesa diventa “la concreta rappresentazione personale di una personalità concreta”. Senza sovranità, non può esserci l’ordinamento giuridico, e un ordinamento giuridico come lo stato moderno, nato dalla Riforma e dalla Rivoluzione francese, che rifiuti l’idea di un’autorità metafisica, assume paradossalmente esso stesso carattere metafisico, con un onnipotente legislatore umano al posto dell’ordine naturale creato da Dio. Ma se lo Stato si sostituisce alla Chiesa come produttore di verità, il rischio è che chiunque metta in discussione tale postulato venga immediatamente estromesso dall’idea stessa dell’umanità, e trattato, invece che da avversario da combattere, da nemico da sterminare.

STORIA

Christophe  Picard, Il mare dei califfi. Storia del Mediterraneo mussulmano (Carocci, pagg.386, Euro 36,00)

La storiografia occidentale ha riconosciuto all’Islam il rango di grande civiltà, ma le ha attribuito un ruolo di secondo piano nello sviluppo marittimo e commerciale del Mediterraneo, nel corso del medioevo. Anzi, l’espansione musulmana viene vista come la causa di una lunga depressione, culturale, demografica ed economica del bacino mediterraneo. Il marinaio arabo fa la sua comparsa sugli annali europei - soprattutto d’origine monastica - solo come pirata, per le sue nefaste attività contro le città costiere cristiane. Fino alle vittorie del Barbarossa (Khayr al-Din) ammiraglio della Sublime Porta ed alla dominazione ottomana sul Mediterraneo orientale, i marinai saraceni del califfo non potevano contendere il mare alle potenze del mondo latino, se non con rapide incursioni, razzie e rapine. Tutte queste “gloriose” azioni, nei racconti arabi, restano celebri per aver spostato in avanti i confini della Dar al-Islam; il Mediterraneo diviene il luogo del compimento del jihad, che associava spirito di conquista, resistenza agli attacchi cristiani e affari proficui. Sotto l’autorità di Baghdad, sia il mar Rosso che l’oceano Indiano erano considerati mari tranquilli, rotte marittime per il pellegrinaggio, ma, solo il Mediterraneo assurgeva a mare nemico, scenario della guerra santa califfale.

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Andrea Santangelo, Cesare Borgia. Le campagne militari del Cardinale che divenne Principe

(Salerno, pagg. 122, Euro 12,00)

La vita del Valentino ha colpito così tanto i contemporanei ed i posteri da diventare un esempio ed un modello di spregiudicatezza; è diventato, grazie a Machiavelli, il simbolo del cinismo applicato ai propri obiettivi politici. Cesare Borgia esprime una rottura di livello con gli schemi della politica quattrocentesca; la visione spietata e senza scrupoli, l’esperienza militare, la velocità di esecuzione e la lucida crudeltà nell’attuazione dei suoi piani ne fanno l’emblema del desiderio di gloria. La fortuna del Principe ha costretto condottieri e strateghi a confrontarsi con la sua figura, ed anche i più critici hanno dovuto ammettere che oltre alla perfidia, lussuria e crudeltà, vi fossero qualità da gran signore, generoso e amato dai soldati. Da Cardinale partecipa alle corride, si cimenta in gare che prevedono l’uso delle armi, va a caccia e gira in abiti civili; è pronto per togliersi la tonaca ed indossare la cotta di maglia del condottiero. Nell’arte del comando mostra le sue migliori capacità, intuendo quale è il futuro della guerra; le strategie usate nella riconquista dei territori pontifici sono esemplari; morì in battaglia, combattendo come un guerriero, spavaldamente così come era vissuto.

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Luce Boulnois, La Via della seta. Dèi, guerrieri, mercanti (Bompiani, pagg. 572, Euro 14,00)

La percezione della Via della seta in occidente è molto cambiata nell’ultimo secolo; un tempo essa era un punto di riferimento essenzialmente remoto e romanzesco, evocato e spesso idealizzato dagli esploratori, con i racconti dominati dalle piste carovaniere nel deserto, dai cammelli, dai caravanserragli e dagli scambi in pacchi di seta. La presente opera ci documenta su due millenni di storia, essenziali per la comprensione delle relazioni tra oriente e occidente; per documentarsi sugli sviluppi economici e politici della regione. La bellezza dei paesaggi, delle montagne sovraumane e dei deserti leggendari, arricchita dall’architettura musulmana e dall’arte buddhista, accompagnava i dodicimila chilometri che separano la muraglia cinese dalle sponde del Mediterraneo. Il territorio percorso dai viaggiatori era compreso fra due grandi potenze politiche, la Cina e la Persia sassanide, separati ed accerchiati da piccoli regni turco-mongoli, almeno fino alla conquista araba. La via del commercio fu infatti teatro, ed ancora oggi lo è, di lotte cruente e di guerre spietate, di enormi sconvolgimenti geopolitici.

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Tarmo Kunnas, Il fascino del fascismo. L’adesione degli intellettuali europei (Settimo Sigillo, pagg. 574, Euro 48,00)

Il fascismo e il nazionalsocialismo rappresentano, per tutti oggi, il male assoluto compito consapevolmente. Eppure, nell'Europa tra le due guerre furono in molti, tanto tra l'intellighenzia quanto tra il popolo, ad essere attratti dai movimenti fascisti. Perchè il fascismo risultò tanto attraente? E perchè calamitò a sé individui dotati di talento e senso critico? Basandosi su un corpus di scritti letterari, articoli e fonti storiche e filosofiche straordinariamente vasto, il libro, analizza a fondo il trasporto di alcuni (oltre 80) intellettuali europei per il fascismo. Il libro dimostra che il pensiero fascista aveva sostenitori in tutta Europa, anche nei paesi nordici, e non solo nei paesi noti come suoi propugnatori, Germania e Italia. Il fascismo funse da legame tra correnti di pensiero e tendenze proprie dell'epoca: unì arte e religione, antisemitismo e forza vitale, filosofia e letteratura. Ammaliò intellettuali insigniti del premio Nobel quali Knut Hamsun e Luigi Pirandello e, per un breve periodo, anche il filosofo Martin Heidegger.  

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Giancarlo Mazzucca, Mussolini e i mussulmani. Quando l’Islam era amico dell’Italia (Mondadori, pagg. 164, Euro 19,00)

C’è stato un tempo in cui l’Italia poteva vantarsi di avere intessuto stretti rapporti con il mondo musulmano; scenario durato per l’intero Ventennio e culminato a Tripoli il 20 marzo 1937, quando il Duce, in sella a uno splendido cavallo, sollevò la “spada dell’Islam”. La politica estera fascista, nei confronti dei paesi arabi, aveva sintetizzato una singolare convergenza nata all’indomani del trattato di Versailles; alla vittoria mutilata italiana corrispondeva la frustrazione degli Stati islamici, che chiedevano maggiore autonomia dal giogo anglo-francese. Con l’avvento del Fascismo, i contatti con i musulmani si moltiplicarono, alimentati dal sentimento antisionista, che mise dalla stessa parte della barricata Mussolini e l’Islam. In parallelo all’attenzione del Duce, si diffusero gruppi politici e movimenti giovanili che guardavano al fascismo con interesse: le Falangi libanesi, le Camicie verdi egiziane, al-Jawwala. La conoscenza del mondo arabo, circondato da un alone esotico e misterioso, fu veicolata dal Regime con diversi strumenti, che spaziavano dai francobolli alle narrazioni scolastiche, dalla stampa agli anniversari (la via Balbia, la figurina del Saladino, i racconti di Montanelli, la satira di Longanesi). Con 13 illustrazioni fuori testo.

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Lord Bea Verbrook, Un nazista sul trono d'Inghilterra. L'abdicazione di re Edoardo VIII (Oaks, pagg. 181, Euro 18,00)

E se il vero morivo per cui Edoardo VIII abdicò in favore del fratello Albert non fosse staro la sua relazione con Wallis Simpson? Lord Deaverbrook ci racconta un'altra versione della vicenda. In quegli anni così difficili il re subiva una forre fascinazione per una delle figure più controverse del ventesimo secolo: Hitler. Non sapendo come gestire né come giustificare un monarca simpatizzante per una personalità che definire scomoda è riduttivo, preferirono sfruttare lo scandalo del suo amore per Wallis. Che sia stato davvero così o meno, lo si decida liberamente dopo aver sentito la versione del nobile scrittore e giornalista che ebbe la possibilità di vivere in prima persona quegli avvenimenti.

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Alberto Rosselli, Islam e nazifascismo. Un'alleanza che avrebbe potuto modificare l'assetto mediorientale (Mattioli 1885, pagg. 117, Euro 14,50)

La storia degli intensi e complessi rapporti che, tra il 1933 e il 1945, intercorsero tra il Gran Muftì di Gerusalemme, Hajjl Muhammad Amln al-Husayni, capo spirituale dei musulmani palestinesi, i movimenti panislamici, panarabi e nazionalisti, sorti negli anni Trenta in Africa Settentrionale (Marocco, Algeria, Tunisia e Egitto) e in Medio Oriente (Palestina e Mesopotamia), e la Germania nazista e l'Italia fascista, rappresenta una delle vicende a sfondo diplomatico, politico-religioso e ideologico più interessanti e meno note di quegli anni. I motivi che spinsero la più venerata, discussa e chiacchierata, personalità religiosa del Medio Oriente e i movimenti nazionalisti mediorientali ad unire i propri destini a quelli del dittatore tedesco e - seppure con modalità e risultati diversi rispetto a quelli di Mussolini - suscitano infatti un'indubbia curiosità, aprendo le porte ad un dibattito che, nell'attuale contesto geopolitico internazionale, caratterizzato dalla recrudescenza dell'estremismo islamico antisionista e antioccidentale, assume una valenza ancora maggiore e specifica, fornendo utili elementi di studio e valutazione.

                                                                     

 PERSONAGGI

Gianfranco de Turris (a cura di), Julius Evola e la sua eredità culturale (EdizioniMediterranee, pagg. 192, Euro 22,50) 

A quarant’anni dalla morte di Julius Evola, questa iniziativa culturale ed il volume che ne è il frutto, tentano di lasciarsi alle spalle le oziose e sterili discussioni sulla sua figura, sospesa fra ostracismi ideologici da un lato e atteggiamenti agiografici dall’altro. Con una approfondita indagine critico- ermeneutica si valuta la multiforme opera di Evola, che lo ha reso un protagonista di primo piano nella storia del pensiero europeo del XX secolo, per comprenderne il lascito spirituale e culturale. Per evidenziare appieno quale sia la sua eredità, bisogna percorrere le vie da lui tracciate e seguirlo nei territori in cui si è addentrato, territori che spaziano dall’arte alla filosofia, dall’esoterismo alla storia delle religioni, dall’orientalismo alla metapolitica. Criminalizzato dall’intellighenzia ufficiale per la contiguità con il Fascismo e per gli studi sulla razza, in effetti, Evola non fu mai iscritto al PNF né ottenne consistenti vantaggi dal Regime, egli fu sconosciuto alla maggioranza dei lettori e marginalizzato dalla vita intellettuale del ventennio. Solo la collaborazione al quotidiano Il Regime Fascista di Farinacci fu duratura e densa di significato; infatti, dalla pagina “Diorama filosofico” da lui diretta fece conoscere al pubblico italiano autori come Guénon, Spengler, Meyrink ed ospitò i maggiori pensatori della Rivoluzione conservatrice. Evola continuò ad essere un pensatore isolato e scomodo, nonostante i rapporti personali si mostrava disinteressato all’ostracismo degli accademici e della grande stampa; il portamento aristocratico lo rendeva immune all’incomprensione altrui ed incurante al disprezzo del mondo universitario.

FILOSOFIA

Vincenzo Fiore, Platone totalitario (Historica, pagg. 162, Euro 13,00)

Numerose interpretazioni sono state date del pensiero politico di Platone, fino a vedere in lui il progenitore dei totalitarismi rivoluzionari novecenteschi. Sostenitore di questa corrente esegetica è stato Karl Popper, il quale credeva che il Terzo Reich e l’Unione Sovietica riflettessero la Repubblica, lo Stato ideale platonico. Partendo dall’analisi del filosofo austriaco, l’autore ha tentato di individuare quali possano essere le effettive affinità fra il grande pensatore ateniese e le ideologie moderne. Un Platone vicino a posizioni di tipo comunista o riconducibile ad una visione nazista dipende dall’utopica ingegneria sociale, che rischia di sfociare nella creazione di una comunità chiusa e totalitaria. Platone si schierò contro l’individualismo, contro il libero pensiero e non disdegnò l’uso politico della violenza, criticò la decadente democrazia, denunciò la sete di potere e l’abiezione dei demagoghi. Il governo affidato ai migliori, le pratiche eugenetiche ed il controllo demografico dei cittadini, per mantenere l’eccellenza del patrimonio genetico ed il miglioramento psico-fisico della comunità, anticipano provvedimenti della politica nazista. Va infine ricordato che Platone non fu un tiranno, che non cercò di rovesciare il governo legittimo; fu un filosofo che provò a teorizzare uno Stato migliore, retto da sapienti, alieni da egoismi e dall’arricchimento personale.

TRADIZIONE

Find Druwid, Il ciclo dell’anno (Associazione culturale Fonte di Connla, pagg. 240, Euro 15,00) 

Il ciclo annuale è il cardine su cui si basa l’ordine sulla Terra; per l’uomo e per la vita – animale e vegetale -, è l’orientamento fondamentale; è lo strumento con cui la Natura opera e si manifesta. Per l’uomo dell’antichità l’anno era il ritmo cosmico, cui il ritmo umano doveva adeguarsi per vivere in armonia e salute, sintonizzare il microcosmo al macrocosmo. Le fasi più evidenti dello scorrere del tempo sono sempre state le lunazioni, facili a vedersi e ad essere utilizzate in campo agricolo; e il mese lunare fu inquadrato nelle stazioni di passaggio del Sole, indispensabile per definire stagioni e ciclo annuale. Le feste dovevano cadere in situazioni astrali favorevoli, nei giorni fausti, quando si determinava una positiva sinergia di forze cosmiche; erano il momento per armonizzare l’uomo interiore e l’Universo. Nelle varie tradizioni europee le feste principali sono otto, con una divisione ottuplice del cerchio temporale; quattro delle festività suddette sono legate all’astronomia – solstizi ed equinozi -, le altre quattro dipendono dai bioritmi stagionali tipici del continente europeo. Qui si prende il mondo celtico come normativo, senza trascurare i rimandi alla civiltà greco-romana, a quella nordica ed alla tradizione vedica.

RIVISTERIA

TORNA “TRASGRESSIONI”

La grande notizia è che TRASGRESSIONI, riprende le pubblicazioni dopo due anni e mezzo con il n. 59 (e il n. 60 è già in avanzata lavorazione).
Sì, è una grande notizia perché consente agli ambienti scientifici (studenti e docenti), ma anche a qualunque persona interessata alla cultura politica ad un livello non superficiale, di disporre dell'UNICO strumento non conformista di analisi scientificamente fondate su argomenti di cruciale importanza.
Il numero 59 si compone di due soli articoli, perché il primo - il saggio di Juan J. Linz Lo studio comparato del fascismo in una prospettiva storico-sociologica - occupa oltre 100 pagine, ricchissime di acute interpretazioni e di dati sui movimenti fascisti europei. Il secondo è Il nazionalsocialismo: un'ideologia modernista? di Karlheinz Weissmann.
Nel numero 60 compariranno, fra l'altro, saggi sull'organizzazione e le strutture di mobilitazione della Guardia di Ferro rumena, su vari aspetti del populismo di sinistra, da Ernesto Laclau a Jean-Luc Mélenchon, e sulla geopolitica del mondo attuale.
TRASGRESSIONI d'ora in poi sarà diffusa solo in abbonamento (agli abbonati in regola il n. 59 sarà spedito fra 7-8 giorni) del costo di 25 euro per tre numeri. Versamenti e bonifici, come sempre, su ccp (20468500) o ccb (IBAN: IT29 G076 0102 8000 0002 0468 500, Codice BIC/SWIFT - serve dall'estero - BPPIITRRXXX) de La Roccia di Erec

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