Editoriale

Incredibile: dalla televisione di stato un inno alla vita e alla vera amicizia: Braccialetti Rossi.

Lo sceneggiato, da poco conclusosi, ha presentato uno straordinario gruppo di ragazzi, che tutti, o almeno molti di noi, vorrebbero avere come figli.

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

gruppo di ragazzi, un ospedale: la sofferenza e il dolore , e a volte, un’uscita di scena decisamente prematura. Potrebbero essere gli ingredienti di una lacrimevole soap opera, oppure di uno di quegli sceneggiati strazianti di cui si fa volentieri a meno, considerando che la vita quotidiana ce ne presenta sin troppi. Oppure, un tentativo di edulcorare i lati più difficili della realtà …

Niente di tutto ciò è stato Braccialetti Rossi, la fortunata serie che ha visto la terza edizione concludersi pochi giorni fa con un bellissimo lieto fine, dopo però una serie di colpi di scena ora drammatici ora emozionanti. Ma se fosse tutto qui, ci troveremmo al massimo davanti a uno sceneggiato bene impostato.

Il grande merito di questa serie è stato, anzitutto, quello di offrire una visione diversa del mondo giovanile. Un gruppo di ragazzi : Leo, Cris, Valentino,(Vale) Davide, Toni, Flam, Chicco a cui si sono aggiunti, dalla seconda serie in poi, Nina e Bobo. Ragazzi normali, non stupidotti platinati nè supereroi; ragazzi che possiamo tranquillamente incontrare in un’aula di liceo o di facoltà, in qualche locale o in piazza … o in una corsia d’ospedale.

Nella vita di questi giovani irrompe un nemico terribile e spietato: la malattia, devastante e a volte mortale; nel caso di Vale e di Leo, leader incontrastato del gruppo, è un tumore che si porta via una gamba e nel caso di Leo si annida poi nel cervello. L’ospedale, ambientato in una splendida località della Puglia, non nasconde però dietro la bellezza del suo giardino e delle sue vedute panoramiche il volto della sofferenza e della morte; e anche medici e infermieri non sono caricature in camice, ma esseri umani impegnati in una lotta quotidiana che li vede coinvolti sia sul piano professionale che su quello umano.

Lo sceneggiato, nelle sue tre serie, racconta la presa di coscienza, la reazione e la lotta di questi ragazzi che trovano soprattutto nello stare insieme, nell’amicizia e nella solidarietà la forza prima di reagire. Ma anche questo non è affatto facile né scontato: l’amicizia non è buonismo o volemmose bene, ma conquista quotidiana che passa anche attraverso incomprensioni, rivalità e lacerazioni. Ma proprio perché maturata e sofferta, alla fine diventa un possesso sicuro e indistruttibile, che può essere più forte e persino supplire ai legami familiari, quando questi siano allentati o addirittura inesistenti.

Già, perché è anche il mondo degli “adulti” a essere sotto processo: non in quanto tale, un’altra cosa davvero bella di questa serie è stato evitare generalizzazioni e luoghi comuni. Spesso sono proprio loro, i “grandi” che non danno il buon esempio, chiusi nel loro egoismo, nelle loro vuote formalità; o semplicemente perché hanno perso la voglia di lottare. Non tutti però; e un’altra cosa molto bella sono alcuni straordinari personaggi “anziani” come Nicola e Bianca, non a caso tra i più vicini ai ragazzi così come lo sono i medici, la burbera ma straordinaria dottoressa Lisandri (interpretata da una bravissima Carlotta Natoli) in primis.

Ci mancheranno, questi ragazzi e i loro amici: ci mancherà la loro vitalità, la luce dei loro occhi, il loro essere grandi anche nelle piccole ma faticosissime cose di ogni giorno, nel saper fronteggiare una diagnosi, parlare a un amico o un adulto guardandolo negli occhi per andare dritto al suo cuore. Nulla di troppo, davvero, neppure quelle buffe “puntate” metafisiche con Davide, il ragazzo morto in un intervento al cuore non riuscito che si trasforma in una sorta di “angelo custode”, sia pure in versione rigorosamente laica, del gruppo. E il merito prima di tutto è loro, di quei giovani attori che hanno saputo calarsi nella parte con una straordinaria professionalità, pur rimanendo assolutamente spontanei e credibili. Grande, grandissimo il Leo di Carmine Buschini, il ragazzo che arriva alla guarigione dopo un itinerario lungo e tormentato che lo porta a scoprire anche aspetti del tutto sconosciuti della sua vita. La sua storia d’amore con Cris (Aurora Ruffino) finisce per travolgere tutte le difficoltà ed è cosa ben diversa dal consumismo affettivo e sessuale oggi di prammatica. Uno dei momenti più emozionanti di tutta la serie è quando lei scopre di essere incinta; ben lontana dallo scoraggiarsi, porta emozionatissima la notizia al suo ragazzo come un dono eccezionale e difronte al proprio padre che invece le chiede con disprezzo “Che genitori possono essere un malato terminale e una ragazzina”? ha il coraggio di ribellarsi sdegnata ai suoi stessi genitori che vorrebbero la soluzione più “semplice” e vile. Questi non sanno fare altro che sbatterla fuori di casa, ma in questa “ragazzina” le ragioni della vita e dell’amore sono più forti di qualunque altra cosa. E ancora una volta c’è la solidarietà del gruppo e la scena finale vedi i due ragazzi raggianti tra il loro bambino appena nato. Bravissima anche la Ruffino così come il Vale di Brando Pacitto, un ragazzo timido e introverso che trova nell’amicizia la forza per andare oltre i suoi limiti e diventare il “viceleader”; la solare, sfortunata Nina di Denise Tantucci, la simpaticissima e tenera bambina Flam di Cloe Romagnoli, il vivace e “imbranato” Toni di Pio Luigi Piscicelli, lo scontroso ma sentimentale e delicato Bobo di Nicolò Bertonelli. Sarebbe lungo nominarli tutti e ricordare anche sommariamente le straordinarie vicende che ci hanno fatto vivere. Possiamo solo ringraziarli – insieme, ovviamente, al regista Giacomo Campiotti e alla casa di Produzione Palomar – per il messaggio veramente positivo che sono stati capaci di lanciare. Certo, sarebbe bello poterci intrattenere ancora con questi ragazzi e non è escluso che possa esserci una quarta serie; ma come ha detto giustamente Carmine Buschini in un messaggio ai suoi fans : “Penso che tutte le cose belle, per quanto bene possano darci, abbiano un inizio e una fine. Questa però la considero un'eccezione, perché "Braccialetti Rossi" sarà per sempre; ora tocca a voi continuare a diffondere ciò che noi abbiamo provato a raccontarvi: la fedeltà, l'amore, l'entusiasmo, la forza, il coraggio.”

Un grande messaggio davvero degno di Leo. Si spera che tanti ragazzi sappiano raccoglierlo e farlo loro.

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