Editoriale

Il voto di domenica sulle trivelle ha ormai valore politico

Un paese squinternato come il nostro chiamato a decidere su qualcosa che non conosce bene può almeno dare un segnale di insofferenza nei confronti dei dilettanti alo sbaraglio che ci governano

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

tyle="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">L’Italia è un Paese politicamente “normale”? Se lo fosse non ci troveremmo con un governo che sta in piedi  non per consenso elettorale, ma grazie ad una maggioranza fatta di “transfughi”; se l’Italia fosse politicamente “normale” non dovremmo fare i conti con un ex Presidente della Repubblica che pontifica a mezzo stampa, mettendosi in urto con il Presidente (in carica) della Corte Costituzionale, né con un Presidente del Consiglio che offende nove Presidenti di regione (sette dei quali sono del suo partito), rei di avere avvallato un referendum  “bufala”.

In questo contesto anche il quesito referendario del 17 aprile, quello sulle “trivelle”, non può allora essere considerato “normalmente”, come se la questione fosse solo quella dell’utilizzo delle piattaforme petrolifere. Il “tema” non è la scelta ambientalista, né i posti di lavoro in ballo, né l’autonomia energetica del nostro Paese, tutte questioni serie, su cui varrebbe la pena di discutere approfonditamente.

Il “tema” è tutto politico ed è in stretto rapporto con l’anormalità italiana, con le contraddizioni di un governo-non-eletto e con l’emergere dagli inquietanti intrecci  tra lo stesso governo e gli aiuti ai petrolieri. Ogni perplessità residua sul valore politico dell’appuntamento del 17 aprile dovrebbe essere abbattuta dallo scandalo che ha portato alle dimissioni del Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi con riferimento alle sconcertanti intercettazioni telefoniche con il fidanzato Gianluca Gemelli e di questi con terzi soggetti petrolieri.

In qualsiasi Paese civile dove vigano uno Stato di diritto e una democrazia parlamentare, per una vicenda del genere non sarebbe stata ridicolmente “scaricata” una singola ministra, ma l’intero Governo, con il Premier in testa, avrebbe rassegnato le dimissioni entro 24 ore.

Ed  allora, non verrà salvata certo per questo solo l’Italia, né recuperate libertà e democrazia morenti, né restaurata la pubblica moralità di governo con il  voto referendario, né bloccati per sempre gli speculatori senza volto e senza bandiera, ma un segnale di vita reattiva bisogna darlo. Per questo è importante che il referendum del 17 aprile ottenga il quorum dei votanti e che prevalga il “Sì” ha dunque il suo importante valore politico.

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