Alle origini delle stragi

C'è un filo rosso che parte dalla morte di Massoud alla vigilia dell'11 settembre e arriva alle bombe di oggi

Il leader afghano chiamato il leone del Panjshir, a Strasburgo aveva avvertito: Come fate a non capire che se io lotto per fermare l'integralismo dei Taliban, lotto anche per voi e per l'avvenire di tutti?

di Marika Guerrini

C'è un filo rosso che parte dalla morte di Massoud alla vigilia dell'11 settembre e arriva alle bombe di oggi

Ahmad Shāh Massoūd

L'arresto di Abderahman Ameroud,  a Schaerbeek, piccolo comune nella regione di Bruxelles, il 25 di marzo, quale uomo chiave dell'attentato di  Bruxelles del 22, non ha valore in quanto terrorista autore  in prima persona e/o organizzatore e o reclutatore di elementi per cellule terroristiche, né per essere stato condannato più volte, 2005 e 2007, e  lasciato sempre a piede libero, cosa che oramai s'è capito essere costume, e neppure per il collegamento con l'assassinio di Ahmad Shah Massoud, Afghānistān 9 settembre 2001 a due giorni dall'episodio delle Twin Towers, ma perché il collegamento all'episodio di Massoud, crea un fil rouge con l'attualità, scopre l'ordito, mettendo a nudo la trama su cui poggia l'odierna tragicità.

Afferriamo quindi il capo del filo e facciamoci condurre alla matassa per conoscere meglio il personaggio e come e da dove mosse quel giorno del 2001, principio di tutto. Per far questo iniziamo col citare la testimonianza di Edward Girardet, giornalista del National Geografic, ascoltate:
" Era metà pomeriggio quando entrammo nell'insediamento arido e polveroso di Kwajek Baha Oddin nel nord dell' Afghānistān Un tempo desolato caravanserraglio per nomadi mercanti, in quei primi giorni di settembre Kwajek Baha Oddin, nelle retrovie, serviva come base dei rifornimenti per le forze antitalebane guidate da Ahmad Shah Massoud...appena arrivati, nuvole di sabbia cominciarono ad avvolgere le montagne da ovest... sul posto c'erano parecchi altri giornalisti, un russo, un uzbeko, due francesi e due arabi...ero sorpreso di vedere gli islamici in jeans e maglietta e circondati da zaini con le normali attrezzature di una troupe televisiva...dato il gran numero di radicali islamici mediorientali e nordafricani che sostengono i Taliban, la gente, nelle zone controllate dall'opposizione, guardava gli Arabi con sospetto. Per curiosità chiesi da dove venissero: Marocco, stiamo realizzando un servizio per la televisione, disse il meno giovane. Quando chiesi per quale rete, alzando le spalle disse: una mediorientale, quindi si ritirò nella sua stanza...più tardi Asim mi disse che avevano passaporti belgi emessi da un gruppo islamico con base a Londra...con la sabbia che riduceva la visibilità, poteva andare avanti per più giorni, gli elicotteri non potevano decollare e Massoud non poteva arrivare...decisi di partire, sarei tornato poi. Prima di partire incontrai uno dei marocchini: provi ad andare via?, chiesi e, questa polvere può durare per giorni. No, aspetteremo Massoud, rispose...Il 9 settembre, meno di una settimana dopo, ascoltai la terribile notizia alla BBC. Un attentato mortale era stato compiuto contro Massoud...gli stessi marocchini che avevo incontrato...".
La morte di Massoud giunse in occidente quasi in sordina. La notizia passò veloce sui notiziari, qualche giornalista le diede voce un po' di più, cenni qui e là, ma pochi tra la gente comune sapeva chi fosse il "leone del Panjshir", come gli afghani chiamavano Massoud. Fu detto ch'erano stati i Taliban, poi ch'era stata al-Qā'ida, nessuno disse che Massoud, stava per incontrare i Taliban, che stava cercando un accordo, che era reciproco. 
Quel 9 di settembre nessun capo di Stato o rappresentante governativo occidentale spese una parola ufficiale in merito all'attentato né sulla figura di Massoud, lo fecero ad un anno dall'omicidio, al primo anniversario, quando l'Afghānistān era stato già falciato dalle bombe. Eppure Massoud era stato a Strasburgo un anno prima della fine, nel 2000, a chiedere aiuto all'Europa. L'atmosfera era stata indifferenza e derisione. E alcuna risposta.
A monte del 2000 e di quel 2001, molto vi era e vi era stato, perché l'uccisione di Massoud si facesse "necessaria". Tra il molto vi era stato il divieto del Governo Rabbani-Massoud, al tempo Ministro della Difesa, circa il permesso di passaggio su territorio afghano, 1500 kilometri, dell'oleodotto e gasdotto delle compagnie petrolifere, UNOCAL, americana,  e DELTA OIL, saudita, per il trasporto di petrolio e gas dai fondali del Mar Caspio al Mare Arabico.
Ancor più monte vi era stato, nei primi anni novanta, la "creazione" dei Taliban nelle madrasse pakistane sovvenzionate da Stati Uniti e Arabia Saudita, al fine di destabilizzare il Governo legittimo e avere via libera al passaggio. La "creazione" sarebbe sfociata, sotto protezione, nell'ingresso dei Taliban in Afghānistān, settembre 1996. 
Dopo lotte da parte del Governo e dei mujaheddin, per cacciare i Taliban, nell' ottobre 1998, una lettera ufficiale era stata inviata da A.S.Massoud, Ministro della Difesa Stato Islamico dell'Afghānistān, al Governo degli Stati Uniti d'America, in essa l'esatta descrizione di quel che stava accadendo, con tutte le implicazioni. Alcuna risposta.
Nello stesso 2001, dopo il G8 di Genova, a Berlino vi erano state riunioni multilaterali, partecipanti: Stati Uniti, Arabia Saudita, Pakistan, Russia. Gli Stati Uniti avevano espressamente chiesto la partecipazione dell'Emirato Islamico dei Taliban, in sostituzione del governo legittimo Rabbani-Massoud. L'ONU si era opposto: non era un governo legittimo. Il divieto era stato ignorato: i Taliban parteciparono, ma malgrado la pressione americana e saudita, anche loro rifiutarono il passaggio della pipeline. Secondo la logica del lucro vigente, i Taliban avevano fatto il loro tempo. Venne decisa un'azione capillare di smantellamento in Afghānistān di tutti i capi carismatici di tutte le fazioni, che si trattasse di mullah Omar o Ahmad Shah Massoud non faceva differenza: il futuro doveva essere controllato. 
Ecco come, per sommi capi, il filo rosso ci ha portato da Bruxelles a monte dell'assassinio di Ahmad Shah Massoud, i cui esecutori, falsi giornalisti marocchini con passaporto belga di un gruppo islamico con sede a Londra e  telecamere imbottite di esplosivo, altro non erano che agenti di servizi segreti. Quali non è difficile da capire.
Così noi oggi, ora, veniamo a trovarci al cospetto di Abderahman Ameroud per il fatto di aver permesso che una grande menzogna dilagasse e fruttificasse, rendendoci così, ingarbugliati nella matassa, carnefici e vittime di noi stessi. 
E pensare che le parole, dirette a noi europei, pronunciate in privato da Massoud a Strasburgo, dopo l'indifferenza, la derisione, erano state : "Come fate a non capire che se io lotto per fermare l'integralismo dei Taliban, lotto anche per voi e per l'avvenire di tutti?". L'avvenire è qui, è oggi. E la verità di allora è la verità di ora.
Per chi volesse saperne di più dello stesso autore

M.Guerini, Afghanistan passato e presente, Jouvence 2014;
M.Guerini, Massoud l'Afghano il tulipano dell'Hindu Kush, Venexia, 2005.

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