teatro di fine anno

Feydeau, un Sarto per signora tutto da ridere per salutare il 2015 in colta allegria

Tutto perfetto alla Pergola di Firenze grazie a attori, regista, scenografi e costumisti, oltre al magico drammaturgo francese

di Domenico Del Nero

Feydeau, un Sarto per signora tutto da ridere per salutare il 2015 in colta allegria

Un sarto davvero di classe, quello in scena al teatro della Pergola di Firenze  in questi ultimi giorni di Dicembre.   Veramente un’ottima scelta per uno spettacolo di fine anno: due ore di risate quasi per  esorcizzare brutti ricordi e presentimenti non proprio eccellenti.

La messa in scena di Valerio Binasco, che ha tradotto, adattato e diretto il vivace e frizzante Sarto per signora  (Tailleur pur dames, 1886) di quel vero e proprio maestro dell’intrigo teatrale che è Georges Feydeau ha veramente centrato tutti gli obiettivi possibili e immaginabili: bellissimi le scene  di Carlo de Marino e i costumi di Sandra Cardini (forse un po’ più “novecenteschi”, ma senza nessuna stonatura)  che rendevano, sia nella casa del dottore che nel mezzanino … mezzano ospitante  l’atelier di una sarta scalcagnata trasformato in scalcinata alcova, una atmosfera deliziosamente  belle epoque, sottolineata  anche dalle musiche offenbachiane  di Arturo Annecchino; il  sapiente gioco di luci di Pasquale Mari, perfettamente adeguato alle trovate pirotecniche che si succedevano sul palcoscenico senza eccessi o lazzi che sarebbero stati del tutto fuori posto.  Feydeau, uomo di teatro  veramente in tutto e  per tutto, curava ogni dettaglio, anche i movimenti degli attori, dando grande importanza a una sorta di “ritmo musicale”  della recitazione; un ritmo, naturalmente a tratti dissonante e sgangherato. 

“C’è una poesia tutta speciale, nell’ arte di far ridere. Ed è la poesia dei  ‘caratteri’. Dell’umanità stramba. Che si ficca in situazioni impossibili e ne esce all’ultimo secondo con un impossibile balzo. E’ il balzo che tutti vorremmo saper fare. Lo sguardo di Feydeau  sui temi più importanti della vita (come l’amore, il matrimonio, il successo sociale) è talmente immorale e superficiale, che sembra riscattare beffardamente  la pesantezza della vita” dichiara Binasco, che non a caso richiama per questa “leggerezza” dell’opera di Feydeau il teatro dei burattini. In effetti, i personaggi di questo  “sarto per signora” hanno un che di marionettistico, nel loro modo di parlare, di muoversi, di gesticolare; ma  non è affatto un limite o un difetto,  anzi contribuisce ad alzare il livello di comicità che comincia irresistibile dalle prime battute e continua per due ore sino all’ultima scena,  giustamente apprezzato dagli scroscianti applausi del pubblico.

Se è difficile reggere un tono “sublime” e coinvolgente per la durata di una tragedia intera, sia pure un capolavoro, ancor di più lo è per certi aspetti per il comico. Eppure, non ci annoia un minuto, non c’è un attimo di calo, un momento di stanchezza nell’interpretazione di questa commedia. Merito certo di un testo calibrato al millimetro, con colpi di scena che sembrano zampillare l’uno dall’altro da una fantasia inesauribile che non ha bisogno, per far ridere, di ricorrere a scurrilità o oscenità; ma anche, sicuramente, del regista e degli attori. ( per la trama e le informazioni di base sullo spettacolo si rimanda all’articolo precedente) [i]

Sicuramente indovinata la patina “dialettale” in cui si esprimono i vari personaggi, quasi a farne dei “tipi italiani (o meglio ..italioti) in versione belle epoque. Bravissimo Emilio Solfrizzi nei panni del protagonista, il bugiardo e pasticcione (ma alla fine vincente) dottor Molineaux, vero e proprio equilibrista della bugia convincente al massimo sia nelle gestualità che nella recitazione, al punto di dichiarare un po’ seccato in una intervista : “ Di me stesso in questo personaggio c’è davvero poco, se non il gusto del divertimento quando sono in scena”. Un gusto che riesce perfettamente a trasmettere al  pubblico, per cui complimenti davvero.  Di  livello decisamente buono  anche il resto della compagnia:  il  “vecchio balordo” Bessinet  del bravissimo Fabrizio Contri, asfissiante e pasticcione, vera e propria maschera dell’inopportunità e della balordaggine, ma con un risvolto finale di umanità quasi tenera, quando (ovviamente senza capirci un accidente) si ripiglia la moglie che l’aveva piantato tempo prima per darsi a una “carriera” non precisamente domestica.  Decisamente all’altezza tutti i ruoli femminili,   tra cui  la “svampita” signora Aubin interpretata  con classe quasi “felliniana” da Lisa Galantini  e la terribile madame Aigreville, vera madre di tutte le suocere interpretata da Anita  Bartolucci.  Perfettamente centrati anche il domestico di Cristiano Dessì e  il beota monsieur Aubin, personaggio quasi flaubertiano nella sua stupidità di cornificatore – cornificato, di Simone Luglio.

Decisamente da vedere, anzi da non perdere assolutamente.  Prossime recite: fino al 3 gennaio  (feriale ore 20.45, festivo ore 15.45; 31 dicembre ore 20.30)



[i] http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=7927&categoria=1&sezione=8&rubrica=8

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