Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Roberto Scandiuzzi e Alfonso Antoniozzi in Le Braci, musica e libretto di Marco Tutino
La Finis Austriae, la dissoluzione del magico e mai abbastanza rimpianto mondo mitteleuropeo è un tempo di grande fascino che ha trovato forse in Joseph Roth il suo cantore più noto e struggente. Ma non il solo; la vicenda di Sándor Márai, scrittore ungherese morto suicida nel 1989, proprio alla vigilia del crollo del muro di Berlino e di quel regine comunista che era la più spietata antitesi della civiltà asburgica, rientra senz’altro in questo contesto. Scrittore trascurato e dimenticato, soprattutto quando non essere in sintonia con i regimi al di là della cultura di ferro non era affatto à la page, Márai è stato riscoperto da poco e solo nell’ultimo ventennio alcune tra le sue opere più che significative hanno avuto il meritatissimo e dovuto onore della traduzione e della diffusione in varie lingue europee.
Anche il musicista Marco Tutino è un compositore non molto amato da certi “salotti” (difficile dire se buoni o meno) della musica che ritengono del tutto superata ogni esperienza che ancora abbia a che fare con la tonalità. Ma il pubblico (per fortuna) non la pensa così e questo spiega come le sue opere incontrino un notevole successo, mettendo quantomeno in crisi il luogo comune che vede l’opera lirica come un genere ormai “imbalsamato”, destino a vivere di solo repertorio o poco più. L’ultima creazione di Tutino, l’opera Le Braci ( il maestro è autore anche del libretto) mette in scena proprio un romanzo dello scrittore ungherese, dai toni cupi e malinconici, ambientato nel 1940, all’inizio del secondo conflitto mondiale; ma le radici della vicenda sono nella cosiddetta “estate di San Martino dell’impero), negli ultimi anni della monarchia austroungarica che viene spesso evocata tramite efficaci flashback . L’opera, una coproduzione tra il Festival della Valle d’Itria e il Maggio Musicale Fiorentino, è andata in scena a Martina Franca l’agosto scorso con notevole successo di pubblico e approda adesso sul palcoscenico dell’Opera di Firenze: prima rappresentazione stasera e tre repliche la settimana prossima. Un appuntamento dunque di grande interesse, che si avvale della regia di Leo Muscato, delle scene di Tiziano Santi e dei costumi di Silvia Aymonino.
L’opera, in un unico atto, racconta l'incontro nel 1940 di due vecchi amici d'infanzia conosciutisi all'Accademia Militare di Vienna: Henrik (figlio di un principe ungherese) e Konrad (appartenente a una famiglia di piccoli borghesi polacchi). Hanno amato la stessa donna, Krisztina, ma è Henrik che lei ha sposato. Konrad è improvvisamente partito per i tropici e le colonie, dopo una battuta di caccia che ha rischiato di trasformarsi in un omicidio e, quarant'anni più tardi i due uomini si rivedono un'ultima volta per evocare il passato e riparlare di Krisztina, morta da molti anni. Un appuntamento chiarificatori che immerge i due protagonisti nel passato riportandolo alla ribalta, e con un finale che è davvero un … fulmen in clausola e che sarebbe inopportuno anticipare.
“Una serie di flashback ci
portano avanti e indietro nel tempo.
I due vecchi adesso sono dei giovanissimi cadetti, due ragazzi uniti da un
legame speciale che li rende unici e solidali. Fra loro, una bellissima
ragazza, Kristina, amante della musica e della bella vita, che finirà per
innamorarsi di entrambi, e amarli di un amore diverso, ma sincero e senza
riserve. (…)La musica e il libretto
impongono una netta differenziazione dei due mondi evocati. Da una parte vi è
energia, vivacità, prestanza fisica; dall’altra, lentezza, pesantezza e la
fragilità dei corpi stanchi.
Era necessaria una sintesi visiva che facesse convivere i boschi dei Carpazi, e
il Castello in cui Henrik si è rinchiuso. Ma allo stesso tempo, questo spazio,
doveva poter ospitare sia il presente che il passato. Per questo, abbiamo
immaginato un luogo che potesse evocare sia lo sfarzo lussuoso della società
viennese fin de siècle, col suo corredo di
mondanità e aspirazioni, che la fine stessa di quel mondo, disfatto e devastato
dalla guerra.” Così il regista Leo Muscato, che preannuncia dunque una scena che
si articola su diversi piani temporali e che dalle immagini appare bene
impostata, senza assurdità o stravaganze prive di senso. Per quanto riguarda gli interpreti, dirigerà
l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino il maestro Francesco Cilluffo. Per
gli interpreti, Konrad ed Henrik saranno “sdoppiati” nella giovinezza e nella
vecchiaia: i giovani saranno
rispettivamente il tenore Davide Giusti
e il baritono Kristian Lindroos, i vecchi
il baritono Alfonso Antoniozzi e il basso Roberto Scandiuzzi. Kristina è la soprano Angela Nisi.
Rappresentazioni: 5, 9, 11 novembre, ore 20 ; 15 novembre, ore 15,30
La trama dell’opera:
All’alba della seconda
guerra mondiale, in un castello della campagna ungherese. Henrik, un generale
dell’armata imperiale ora in ritiro, attende l’arrivo di Konrad, suo amico di
gioventù e compagno all'accademia militare. Sono esattamente quarantuno anni
che si sono persi di vista, dalla battuta di caccia durante la quale Konrad ha
puntato il suo fucile verso Henrik, prima di sparire l’indomani senza alcuna
spiegazione.
In seguito a quella battuta di caccia, Henrik scopre che sua moglie, Krisztina,
aveva una relazione con Konrad. Decide quindi di separarsi da lei e di non
parlarle più. Da allora vive come un eremita, completamente solo, aspettando
soltanto il ritorno dell'amico. Ora è finalmente arrivato il momento
di confrontare la vendetta dell’uno con il pentimento dell’altro.
Attraverso il drammatico incontro di due uomini, con le macerie dell’imperio
austro-ungarico sullo sfondo, Le braci evoca
un’amicizia perduta in un mondo ormai alla fine, l’ineluttabile avanzata del
tempo in cui i sentimenti più violenti covano sotto le ceneri del passato. Un
dialogo che trascina a una profonda riflessione sull'amore, l’amicizia e la
morale.
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