I libri di totalità

Rassegna mensile mensile di novità librarie: Ottobre 2015

di Mario  Bozzi Sentieri

Rassegna mensile mensile di novità librarie: Ottobre 2015

La copertina del libro

Fabio Granata, Meglio un giorno. La destra antimafia e la bandiera di Paolo Borsellino (Eclettica, pagg. 128, Euro 14,00)

 

Passione e furore nel racconto dell'album di famiglia della "destra" antimafia: dall’ eredità storica del ventennio alla bandiera di Paolo Borsellino, da Angelo Nicosia a Beppe Alfano, passando per Beppe Niccolai, tra antiche battaglie e nuovi conflitti contro ogni trattativa, in difesa della "identità minacciata" e contro la deriva berlusconiana. E dunque con molte critiche, dirette ed indirette, a quella destra che non è stata in grado di capitalizzare quanto fatto dal fascismo in termini di contrasto alla mafia in Sicilia. Ma anche con una speranza di fondo: continuare a credere che – grazie agli autentici paladini  dell’antimafia  - una nuova speranza è possibile. Quella speranza che va pubblicizzata il più possibile – ecco l’utilità del libro – per fare della cultura della legalità un modello esistenziale concorrenziale con quello mafioso. In Sicilia, ma non solo …

ITALIA

 

Francesco Maria Del Vigo e Domenico Ferrara,  Il metodo Salvini - Contro l'euro che affama, contro l'invasione, contro le balle del renzismo (Sperling & Kupfer, pagg. 252, Euro 18,00)

 

È ovunque. Il politico più presente su ogni campo da gioco, dalla radio alla tv passando per le

piazze e i social network. Matteo Salvini, il leader 2.0, ha unito la crossmedialità ai comizi, Internet alla stretta di mano. Dichiarazioni, provocazioni, eccessi verbali. Ha portato una ventata di entusiasmo e unità nel popolo leghista dopo un periodo di delusioni e appannamento morale. E sta conquistando consensi catalizzando voti. Ma quali sono le sue intenzioni? Correrà da solo? Dove lo porterà il «metodo Salvini»? Luca Morisi, professore di filosofia informatica, è il deus ex machina della coralità 2.0 dei leghisti. E la prontezza è essenziale perché Salvini è ovunque, parla di tutto e fa pensare a molti di essere l’unico a dire le verità che gli altri non dicono.

Un libro che indaga, svela e racconta la mentalità, gli obiettivi, le strategie del segretario della Lega, anche grazie a un'intervista esclusiva sulle questioni più controverse e scottanti.

 

ECONOMIA

 

Luigi Einaudi, Il paradosso della concorrenza , a cura di Alberto Giordano  (Rubbettino, pagg. 134, Euro 10,00)

 

Il paradosso della concorrenza, scrive Luigi Einaudi nel 1942, consiste nel fatto che essa non sopravvive alla sua esclusiva dominazione. Gli esseri umani, per loro natura, non desiderano né riescono a competere incessantemente sul mercato; cosicché la libertà economica, assai desiderabile e auspicabile quale regola generale, deve trovare dei limiti, delle eccezioni – nelle sue parole, delle “oasi franche”. A distanza di settant’anni il messaggio di Einaudi, uno dei pochi liberali di caratura internazionale che l’Italia possa vantare, ci giunge immutato nella sua freschezza. Convinto che la società viva e prosperi solo se agli individui vengono garantite autonomia d’azione e libertà di scelta degli stili di vita, al riparo dell’invadenza dei poteri pubblici e degli interessi settoriali, Einaudi crede però che la concorrenza vada inserita in un reticolo istituzionale ben congegnato, capace di favorire il più ampio pluralismo ma anche la condivisione di un nocciolo di valori e tradizioni comuni. Nei saggi raccolti in questo volume, alcuni pressoché sconosciuti al lettore contemporaneo, troviamo insomma un Einaudi che ci ammonisce a non dimenticare che i mercati, per funzionare al meglio, hanno bisogno di premesse e di vincoli extra-economici. Un insegnamento che la crisi perdurante rende drammaticamente attuale.

 

 

PENSIERO FORTE

Carl Schmitt, Imperium (Quodlibet, pagg. 292, Euro 26,00)

In questa lunga intervista del 1971, qui pubblicata per la prima volta in trascrizione integrale e corredata di essenziali note di commento, l'ormai ottantatreenne giurista Carl Schmitt risponde alle domande dello storico Dieter Groh e del giornalista Klaus Figge, offrendo un insostituibile documento autobiografico, che si rivela anche una preziosa fonte diretta per la storia del Novecento. Dalle sue origini cattoliche al rapporto conflittuale col mondo protestante tedesco, dagli studi universitari alla carriera accademica, Schmitt affronta, senza scantonare, le ombre del suo controverso impegno politico, inquadrandolo nei tormentati anni che dalla Repubblica di Weimar portarono alla conquista del potere da parte del Nazionalsocialismo in seguito alla nomina di Hitler a cancelliere. Schmitt espone gli episodi della sua vita privata e pubblica distribuendoli lungo un ben calibrato percorso, che scandisce rigorosamente in date e contesti, ricontrollando minuziosamente tutti i dettagli sui propri diari stenografici dell'epoca e su altri documenti conservati nel suo archivio personale, in una costante tensione fra testimonianza individuale e storia collettiva. Grazie a questa tensione, il colloquio riesce a far emergere la straordinaria competenza politica, tattica e persino amministrativa di Schmitt, senza per questo trascurare la sua determinazione a cercare una chiave metastorica su cui basare e giustificare la propria opera.

                                                                      ***

Rodolfo Sideri, L'Umanesimo Nazionale di Carlo Costamagna (Settimo Sigillo, pagg. 144, Euro 15,00)

 

In un’epoca in cui lo Stato-Nazione e lo stesso concetto di sovranità sono bersaglio polemico dei fautori della società “liquida”, il pensiero di Carlo Costamagna costituisce un invito a rivalutarne il ruolo in una prospettiva di reintegrazione di comunità autenticamente umane e di superamento dell’economia come destino. La sua copiosa produzione scientifica si inserisce nel dibattito giuridico, politico e filosofico europeo e non in un ruolo marginale.
Costamagna affronta la lunga e irreversibile crisi dello Stato liberale e le speranze suscitate dal fascismo, le polemiche sul corporativismo e la socializzazione, la costruzione di un’Europa come federazione di Nazioni in un quadro di giustizia sociale internazionale e il ruolo di un diritto nazionale e storico nel nuovo ordine che il fascismo avrebbe dovuto realizzare. Il libro si sofferma particolarmente sul Costamagna del dopoguerra, fondatore del Msi, e sulle sue battaglie politiche, sempre coerenti e intransigenti, ancora capaci di offrire visioni preveggenti e utili considerazioni sul presente.
In particolare, la critica a una Costituzione “impossibile” che nasceva da una lotta fratricida ed era considerata un cavallo di Troia per la conquista partitica dello Stato, la critica al regionalismo come leva con la quale scardinare l’unità della patria e moltiplicare sprechi e corruzione, la battaglia a favore del presidenzialismo e per la restaurazione di un umanesimo nazionale che «ci consente di piantar bene i piedi sulla terra, anche senza perdere di vista il cielo e di affrontare così preparati la lotta della vita».

 

 

FILOSOFIA

 

Curzio Nitoglia, Breve vita di San Tommaso d'Aquino – Per capire meglio la sua dottrina (Effedieffe, pagg. 70, Euro 7,00)


Quello organizzato dall’autore è un compendio prezioso, che, in 70 pagine, raccoglie brillantemente decine di testi sulla vita di S. Tommaso – sia classici che moderni che contemporanei. I piccoli ma gustosi aneddoti sull’esistenza terrena di questo straordinario Santo (la personalità, il carattere, le sue “battaglie”, i suoi miracoli e le conversioni che ha operato, i suoi innumerevoli viaggi, ecc.) sono carichi per noi di grandi insegnamenti, e rappresentano un forte monito contro il dilagare della barbarie che ci circonda, con l’invito a voler partecipare alla fortezza ed all’esercizio delle virtù che sempre contraddistinsero l’Angelico, che scelse la via della santità da vero uomo libero. Al tempo stesso, Fra Tommaso non era privo di carattere militante e non rifuggiva mai dalla battaglia per la difesa della Fede. Non serbava rancori o invidie, ma non tollerava la confusione tra verità ed errore, anzi ha passato la maggior parte della sua vita a confutarli. Non fu mai il puro intellettuale, il professore, l’erudito, l’esteta rosminiano della “fede come cultura”. S. Tommaso  non si esauriva né si rimirava narcisisticamente nella pura intellettualità né era affetto da cerebralismo come Kant, e soprattutto non ricercava gli applausi degli uomini con la segreta speranza di piacere loro.

 

STORIA

 

Carlo Pascal, Dei e diavoli- Saggio sul paganesimo morente (PiZeta, pagg. 135, Euro 14,00)

Interessante studio centrato sul passaggio fra due epoche: il tramonto dell'impero romano d'occidente e l'inizio del periodo medioevale. Questo coincise con il declino del paganesimo e l'avvento dell'era cristiana. In tale contesto, le antiche divinità pagane non solo furono soppiantate, ma vennero addirittura considerate perniciosi demoni. L'autore, avvalendosi degli scritti di Cicerone, Lucrezio, Seneca, come anche di sant'Agostino, san Gerolamo, Origene e altri Padri della Chiesa, esamina acutamente le vicende che caratterizzarono quel tormentato periodo di transizione e la frattura con il mondo antico.

                                                                      ***

 

Alfonso Marini, Francesco d’Assisi. Il mercante del regno (Carocci, pagg. 272, Euro 21,00)

 

Il libro non rivoluziona la storiografia su Francesco d’Assisi, che è molto vasta e diversificata, né propone ribaltamenti interpretativi. Non è però conciliante con la tendenza di appiattire Francesco sulle posizioni del papato del suo tempo, né con una lettura delle fonti che - rifiutando un metodo critico elaborato in oltre un secolo - escluda una gerarchia fra di esse. Gli storici sono d’accordo che, per vagliare l’attendibilità dei biografi medievali di Francesco, i suoi scritti siano una “pietra di paragone”; tra questi il più utilizzato è il testamento, e lo è ampiamente anche in questo volume. Ma, accanto ad esso, sono presentate altre opere del frate di Assisi per evidenziarne la personalità e per verificare anche su di esse quanto scrissero gli agiografi.

 

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Paolo Poponessi, Dixie – La storia italiana della guerra civile americana (Il Cerchio, pagg. 139, Euro 18,00)

Dixie è il termine con il quale sono indicati i territori del sud degli Stati Uniti d'America che nella primavera del 1861 decisero di separarsi dagli Stati del Nord, dando vita all'entità statale della Confederazione. Così, mentre in Italia si proclamava il regno unitario, in America iniziava la guerra civile che attirò l'interesse non solo del governo e della diplomazia italiana, ma anche dell'opinione pubblica. L'Italia fu  presente direttamente sui campi di battaglia americani attraverso tanti italiani che combatterono sia tra le fila dell'Unione del presidente Lincoln sia tra quelle della Confederazione. Intellettuali, esuli politici, umili lavoratori, anche religiosi che servirono come cappellani militari, diedero un contributo significativo alle parti in lotta; al riguardo è importante notare che la percentuale di arruolati sul totale della popolazione emigrata di origine italiana è stata forse la più alta rispetto ad ogni altro gruppo etnico presente in quel momento nel Nord America.

 

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Emilio Gentile e Spencer M. Di Scala (a cura di), Mussolini socialista (Laterza, pagg. 258, Euro 24,00)

 

«Voi credete di perdermi, ma io vi dico che vi illudete. Voi non mi perderete: dodici anni della mia vita di partito sono o dovrebbero essere una sufficiente garanzia della mia fede socialista. Il socialismo è qualche cosa che si radica nel sangue»: con queste parole Mussolini teneva il suo ultimo discorso nella tumultuosa assemblea della sezione socialista milanese che l’avrebbe espulso dal Partito il giorno stesso, il 24 novembre 1914.
Con una sorta di profezia retrospettiva molti biografi di Mussolini hanno interpretato la militanza del socialista rivoluzionario come la matrice del futuro duce fascista, e hanno visto nell’ideologia interventista mussoliniana l’espressione già elaborata e definitiva dell’ideologia totalitaria fascista. In contrasto con questo antistorico metodo storiografico, i curatori e gli autori di questo volume propongono un’approfondita, e per molti versi originale, analisi dell’esperienza socialista di Mussolini nei suoi aspetti più significativi, dall’esordio svizzero nel 1902 all’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, situandola nel suo contesto, come capitolo importante nella storia del socialismo e dell’Italia contemporanea.

 

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Giuseppe Prezzolini, Dopo Caporetto & Vittorio Veneto (Edizioni di Storia e Letteratura, pagg. 154, Euro 12,00)

 

«Se volessi esprimermi paradossalmente, direi che Caporetto è stata una vittoria, e Vittorio Veneto una sconfitta per l’Italia. Senza paradossi si può dire che Caporetto ci ha fatto bene e Vittorio Veneto del male; che Caporetto ci ha innalzati e Vittorio Veneto ci ha abbassati, perché ci si fa grandi resistendo ad una sventura ed espiando le proprie colpe, e si diventa invece piccoli gonfiandosi con le menzogne e facendo risorgere i cattivi istinti per il fatto di vincere».Nello sviluppo di questa tesi paradossale è da ricercare il significato dei due reportages su Caporetto e Vittorio Veneto del capitano del Regio Esercito Giuseppe Prezzolini. Concepiti, scritti e pubblicati immediatamente dopo le due battaglie, nello spirito anticonformista della «Voce», essi intesero essere – nell’esser racconto di guerra – guerra essi stessi alla retorica nazionale.

 

                                                                      ***

 

Fabrizio Sarazani, Alla corte del Duce – L’aristocrazia romana e il fascismo (Le Lettere, pagg. 147, Euro 11,50)

Una storia dissacrante e divertente dell'incontro fra la rivoluzione fascista, giunta a Roma "confezionata e fabbricata come un panettone milanese", e la società aristocratica delle capitale divisa tra la fedeltà "codina" alla vecchia Roma papale e la fedeltà alla monarchia sabauda. Mentre un giovane diplomatico di carriera si preoccupa di far diventare "sopportabile" l'abbigliamento e il modo di comportarsi in pubblico di Mussolini, il parvenu giunto al potere, la rivoluzione fascista non riesce a intaccare vecchi riti e abitudini come la caccia alla volpe e la passione per i cavalli. Il libro racconta la storia minore, ma non per questo meno vera, del difficile rapporto fra un mondo che guarda al passato e un mondo privo di tradizioni: la corsa alla ricerca dei titoli nobiliari, le dame dell'aristocrazia fra sussulti borghesi e rivendicazioni di ruolo, la funzione dell'ippodromo romano delle Capannelle come luogo di socializzazione fra la "nuova classe" e l'antica aristocrazia. Prefazione di Francesco Perfetti.

 

                                                                      ***

 

Alberto Alpozzi, Il faro di Mussolini – L’epopea coloniale più controversa e il sogno dell’Impero nella Somalia italiana 1889-1941 (001 Edizioni, pagg. 191, Euro 18,00)

Sulla punta estrema del Corno d'Africa, dove la regina Hatshepsut inviava le sue navi per procurarsi le spezie e il poeta Arthur Rimbaud trafficava in armi, si erge il promontorio di Capo Guardafui, covo di pirati e teatro di naufragi e leggende, conosciuto già dagli antichi Romani e crocevia delle grandi esplorazioni dell'Africa Orientale. Un'appassionata e meticolosa indagine che esplora i luoghi dove le vite di enigmatici Sultani si sono intrecciate con corrotti avventurieri, entra nei palazzi dove furono stretti accordi segreti e si consumarono inganni che hanno segnato gli avvenimenti cruciali della storia coloniale italiana. Protagonista di questa ricerca è il faro intitolato allo statista Francesco Crispi, che dopo 50 anni di incartamenti e diplomazia, fu eretto dall'Italia di Mussolini sul Guardafui, diventando il più grande fascio littorio esistente e simbolo dell'Impero. Un avvincente viaggio nella Somalia Italiana, la più lontana colonia d'oltremare, che riscopre un capitolo esotico e trascurato in un inedito racconto attraverso documenti che escono per la prima volta dagli archivi e le parole di uomini, le cui imprese silenziose e spesso esemplari hanno incrociato la grande Storia. I luoghi e le opere di un tempo perduto che hanno caratterizzato una Italia dimenticata. Introduzione di Giorgio Ballario. Prefazione di Giorgio de Vecchi di Val Cismon.

 

                                                                      ***

 

Tiziana Maiolo, 1992 – La notte del garantismo (Marsilio, pagg. 192, Euro 15,00)

 

A più di vent’anni dalle vicende di Tangentopoli e dalle stragi di mafia, procedendo per testimonianze e prove, proprio come nel corso di un processo, Tiziana Maiolo - giornalista e scrittrice, all’epoca dei fatti parlamentare - ripercorre con ritmo serrato e dovizia di particolari il 1992, che segnò uno spartiacque nella storia repubblicana «perché vide la fine dello Stato di diritto». Fu allora che caddero i confini tra giustizia e uso politico della stessa. Annichiliti, i partiti che avevano governato l’Italia per circa cinquant’anni rimasero - quasi non servissero più - come barriere contro un comunismo ormai tramontato. Non seppero reagire, restarono in ginocchio, porgendo il collo alla mannaia delle inchieste giudiziarie. Infine «si suicidarono», con l’abolizione dell’immunità parlamentare. L’autrice racconta in prima persona quegli eventi dandone una lettura che punta su tre personaggi chiave: Bettino Craxi, «l’inquisito»; Francesco Cossiga, «il picconatore»; Corrado Carnevale, «il giudice solo». Tre «rivoluzionari» ridotti al silenzio.

Un’interpretazione dei fatti che non trascura i confronti con le vicende più recenti: «Che cosa sarebbe successo - si chiede Tiziana Maiolo - se nel dicembre del 1991 il presidente della repubblica avesse preavvertito un suo amico professore della Bocconi, dicendogli di tenersi pronto a diventare premier, mentre a Palazzo Chigi c’era un altro esponente politico democraticamente eletto?».

Il bilancio tracciato dall’autrice è netto e ci aiuta a fare chiarezza sull’Italia che siamo diventati, un paese in cui il giustizialismo sembra farla da padrone: «In questa storia del 1992 è l’Inquisitore a vincere. E, come tutti i vincitori, la storia la scrive Lui, ogni giorno: nei processi, nelle leggi, nella nostra cultura». 

 

 

LETTERATURA

 

Paolo Mancosu, Zivago nella tempesta (Feltrinelli, pagg. 496, Euri 29,00)

 

La pubblicazione del Dottor Živago, nel 1957, è uno degli eventi chiave della storia culturale del ventesimo secolo. Sullo sfondo, l’Europa lacerata dalla Guerra fredda, lo scontro senza esclusione di colpi tra Usa e Urss, il silenzio minaccioso che la Cortina di ferro aveva calato sull’intero blocco sovietico. Sfidando la censura e le ritorsioni del Cremlino, Pasternak riesce ad affidare il suo manoscritto al giovane Giangiacomo Feltrinelli, che aveva appena fondato la casa editrice e che di lì a poco avrebbe dato alle stampe la prima edizione mondiale del romanzo. 
A sessant’anni di distanza Paolo Mancosu rivela i retroscena di quell’avventura editoriale e culturale, politica e diplomatica, individuale e collettiva, portando alla luce un intrigo internazionale che ha visto coinvolti spie e intellettuali, nonché politici e governi di molti paesi. L’Unione Sovietica non voleva che il libro fosse pubblicato. Il Partito comunista italiano esercitava le sue pressioni allineandosi con Mosca. Giangiacomo Feltrinelli organizzava la sua personale controffensiva mobilitando un gruppo di editori internazionali di primissimo piano a sostegno della propria impresa, una sfida visionaria alla censura sovietica destinata a incontrare un successo di pubblico ineguagliato nella storia dell’editoria di quegli anni.
Mancosu ricostruisce la vicenda grazie a un monumentale lavoro d’archivio che – per la prima volta – raccoglie sistematicamente e pubblica documenti inediti, dal carteggio completo tra Boris Pasternak e Giangiacomo Feltrinelli alle carte segrete, solo recentemente derubricate, che dimostrano il ruolo svolto dal Kgb e dalla Cia. Ne risulta un romanzo sul romanzo, un’avventura appassionante in cui si confrontano la logica spietata del totalitarismo e il coraggio di pochi intellettuali che avrebbero strappato una vittoria epocale. Proprio il successo del Dottor Živago porta Pasternak al premio Nobel per la letteratura e regala alla casa editrice Feltrinelli la sua prima clamorosa affermazione internazionale.

                                  

 

                                                                      ***

 

Andrea Tripodi, L’etica dell’eroe – Don Chisciotte nelle interpretazioni di Unamuno, Ortega y Gasset, Savater (Università Popolare di Torino Editore, pagg. 128, Euro 15,00)

 

“ L'etica dell'eroe” affronta il tema del vitalismo negli autori che hanno dedicato, nell'arco del '900, studi ed insegnamenti sulla figura dell'hidalgo: Miguel de Unamuno, José Ortega y Gasset e Fernando Savater. Il lavoro svolto ha avuto come oggetto d'interesse la concreta rappresentazione vitale del donchisciottismo e dell'ideale cavalleresco. I tre filosofi, insieme al loro pensiero, trovano un punto d'incontro grazie al tema del vitalismo donchisciottesco che caratterizza l'intero esistenzialismo spagnolo del secolo XIX. “L’etica dell’eroe” è una rappresentazione del pensiero spagnolo del ‘ 900 che ha segnato un’epoca ed ha formato il pensiero e la vita dei cittadini europei .
Donchisciotte ha marcato l’inizio dell’epoca moderna ed è giunto sino ad oggi con le sue imprese , le sue illusioni , i suoi sogni in modo trasparente e chiaro , influenzando tutti coloro che si sono messi all’ascolto della voce dell’hidalgo .
La sua immortalità e le numerose interpretazioni che ha ispirato sembrano voler ricordarci che esistono miti che ci toccano nel profondo , ognuno di noi , indipendentemente dalla nostra cultura , dalla nostra conoscenza e da ciò che siamo .

 

PILLOLE

 

Antonio Castronuovo, Aforismi del Novecento (Stampa Alternativa, pagg. 30, Euro 1,00)

 

Affilato e irriverente, l’aforisma s’intrufola tra le frenesie del Novecento, le scoperchia e – con tocco leggero – le sbeffeggia. Questo breve saggio visita le figure italiane di Prezzolini, Longanesi, Maccari, Flaiano, e quelle di grandi aforisti europei come Cioran e Kraus. A partire da quell’inno alla brevità che “Lacerba” lanciò nel 1913: “Un pensiero che non può esser detto in poche parole non merita d’esser detto”. Come scrive Antonio Castronuovo l’aforisma, che è concisione più stile, nel Novecento acquista impertinenza, causticità e malinconia, tutti attributi – aggiungiamo noi – di cui continuiamo ad avere un grande bisogno.


CLASSICI

Alfredo Oriani, La rivolta ideale – a cura di Lorenzo Ornaghi (Nino Aragno, pagg. 372, Euro 20,00)

 

Scritta in cento giorni e pubblicata nel 1908, l'anno prima della morte dell'autore, "La rivolta ideale" rappresentava, a giudizio di Oriani stesso, il suo "libro migliore". Che però, era stato ancora Oriani a temere così, o a presagirlo, "cascherà nel solito pozzo del silenzio". Il modo in cui il volume viene inizialmente accolto sembra avverare la premonizione dello scrittore faentino. Soltanto dopo alcuni anni l'attenzione e l'interesse si accendono, all'improvviso e inaspettati, allorché l'editore Laterza, ricorrendo al consiglio di Benedetto Croce, incomincia a ristampare numerose opere di Oriani e, per la loro "viva ricchezza spirituale", le segnala come il frutto di "un artista oggettivatore di drammi d'anime". Il successo arriva con il fascismo. Ed è un successo grande, che crescerà lungo tutta l'età fascista. L'opera-testamento di Oriani è tuttavia riuscita a sfuggire alla dannazione cui la fortuna nell'età del fascismo sembrava inesorabilmente destinarla. Come se una sorta d'irregolare andamento ciclico ne guidasse le sorti sin dagli anni in cui la sua nascita venne avvolta dal silenzio, "La rivolta ideale" continua a manifestare  una sorprendente attualità nelle stagioni della storia più pesanti o ristagnanti, con il suo richiamo “inusuale” a temi forti quale il ruolo delle aristocrazie politiche, la critica ai partiti, l’esaltazione dello spirito nazionale, l’amoredi patria, l’elogio dell’imperialismo, il richiamo alla funzione dell’onore.

 

 

PERSONAGGI

 

Ettore Petrolini, Un po' per celia e un po' per non morir... (Edizioni di Ar, pagg. 234, Euro 17,00)

L’autobiografia appassionata di un grande attore, interprete sincero ed entusiasta – e non ‘spettatore’ impaziente di dissimulare il proprio antifascismo, come, incredibilmente, affermano di lui le biografie del dopoguerra – dell’atmosfera dell’Italia degli anni ‘30 e della sua temperatura fascista.

 

CINEMA

 

Fulvio Fulvi, Il vero volto di don Camillo - Vita & storie di Fernandel (Ares, pagg. 200, Euro 15,00)

Fernandel, ovvero Don Camillo. Don Camillo, sì, insomma, Fernandel... Sull’identificazione tra attore e personaggio sono stati spesi fiumi di inchiostro, ma in questo caso realtà e finzione si sono come fuse in un’unica identità, difficilmente distinguibile. Eppure Fernand Joseph Désiré Contandin, questo il nome intero del protagonista del presente libro, è stato come uomo, marito e padre, ma anche come attore, molto altro rispetto al prete burbero ma santo che la saga guareschiana gli ha cucito addosso rendendo insieme imperitura la sua fama. Tutto comincia con il Don Camillo narrato da Giovannino Guareschi. Perché sono le sue storie che hanno disegnato il personaggio nella nostra immaginazione, ma è un solo attore che in cinque memorabili film ce l’ha reso vivo, teatrale, carnale, e anche simbolico come una moderna maschera della commedia dell’arte. Ma chi era veramente Fernandel? Francese, simpatico, bravo... e poi? E perché fu scelto proprio lui per questo ruolo di prete schietto, uno che ama il suo gregge, fuma il sigaro, sghignazza, mena le mani e, soprattutto, dialoga con Gesù crocifisso? I più «vecchi» se lo ricordano, oltre che nei panni del pretone guareschiano, in uno spot di Carosello in cui pubblicizzava con l’amico Cervi «un brandy che crea l’atmosfera». Ma pochi sanno della sua lunga carriera – più di 120 film all’attivo –, della famiglia a cui era molto legato, degli amici che frequentava, dei luoghi e del cibo del Midi che amava, della fede cattolica che aveva nutrito, con la semplicità propria del popolo, sin da piccolo nella sua parrocchia nel cuore di Marsiglia…

 

 

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