Ernst Jünger

Sismografo nell’era della Tecnica

di Giovanni Sessa

Sismografo nell’era della Tecnica

La copertina del libro

Segnaliamo ai nostri lettori, quale testo significativo cui dedicare attenzione in questo inizio d’autunno, un recente libro collettaneo curato da Luigi Iannone per l’editore Solfanelli. Si tratta del volume Ernst Jünger, una novità assoluta nel nostro panorama editoriale, in quanto raccoglie saggi di trenta autori, accademici e non, esperti del pensiero del grande scrittore tedesco che ne attraversano, con sagacia e competenza, la polifonica e vastissima produzione (per ordini. 0871/561806; edizionisolfanelli@yahho.it euro 30,00). Gli autori, non solo hanno differenti competenze disciplinari, che spaziano dalla filosofia alla sociologia, dalla storia alla letteratura, ma altresì vantano provenienze e formazioni ideali assai disparate tra loro. Il libro presenta il tratto dialogico della migliore saggistica, accompagnato da un notevole grado di leggibilità, che lo rende fruibile sia per i neofiti che per gli studiosi jüngeriani. Non si lasci confondere il lettore! Pur trattandosi di un lavoro a più mani, ha organicità e riesce a presentare l’insieme delle prospettive teoriche del pensatore.

    L’opera è strutturata in cinque parti, ognuna delle quali raccoglie saggi inerenti i momenti centrali della vita e della speculazione di Jünger. Ogni sezione vede il confronto tra gli autori articolarsi, sia pure attraverso sensibilità diverse, su uno o due temi. La prefazione di Iannone mira a raccordare tra loro i molteplici momenti della trattazione, attraversando criticamente le fasi della vita dello scrittore, evidenziando l’influenza dei dati biografici sullo sviluppo del pensiero ed il loro reciproco intersecarsi. Il curatore, ricorda con Gennaro Malgieri, che il tedesco fu “anarca per convinzione ed elezione”, cosa che lo rese irriducibile a qualsiasi forma di “incasellamento”, sia esso disciplinare o politico. Egli fu, al medesimo tempo, letterato e filosofo, naturalista e viaggiatore, sperimentatore di stati alterati di coscienza, rivoluzionario e conservatore, anche se la sua esperienza non è riducibile, sic et simpliciter, a nessuna di tali comode classificazioni. Fu uno dei grandi solitari del Novecento, in colloquio costante con le più significative personalità intellettuali del XX secolo. Per lui può valere la definizione che Prezzolini dette di se stesso: un figlio del secolo. Fu sismografo delle grandi trasformazioni imposte dalla Tecnica che, assieme ad Heidegger, analizzò nelle sue potenzialità, positive e negative, e nella sua costitutiva dimensione metafisica. Come rileva compiutamente Iannone “Heidegger rasenta non di rado percorsi criptici, i suoi (di Jünger) sono invece profetici e vagano in quella terra di mezzo situata tra letteratura e filosofia” (p. 7).

    Nella prima sezione del volume, Battaglia di materiali, gli autori analizzano gli scritti bellici che resero famoso Jünger, soffermandosi, con diversa capacità di resa, sull’impulso anti-borghese che in gioventù condusse lo scrittore a vivere nella Legione Straniera, sia pure per poche settimane, le esperienze narrate in Ludi africani. Simone Paliaga si confronta con la profezia dell’Operaio, che rese lo scrittore uno dei grandi autori della Rivoluzione Conservatrice. Questi tentò di prospettare un tipo umano in grado di far propria la forza elementare della Tecnica e di trasformare il “macchinismo” moderno in possibilità creativa. L’Operaio è quindi il milite in marcia che disperatamente mira a subordinare l’elementare all’umano, al fine di indurre il reincanto del mondo. Elena Alessiato ha il merito di aver fatto emergere, a proposito del rapporto Jünger-Mann, che cosa in realtà la borghesia tedesca si attendesse e sperasse dopo il crollo dell’Impero: la costruzione dello Stato organico, come nelle corde di una numerosa intellettualità post-spengleriana. Infine, per quanto attiene a questa prima sezione, va segnalato lo scritto di Gianni Ferracuti che si interroga sui rapporti del tedesco con Julius Evola. Meglio, legge la “terza navigazione” evoliana, vale a dire la produzione del pensatore successiva al periodo artistico-filosofico e a quello tradizionalista, il cui momento più significativo si dà in Cavalcare la tigre, segnata, più di quanto Evola esplicitamente non riconosca, da Jünger e dalla Nuova Oggettività.

   Nella seconda sezione, Nel ventre del Leviatano, vengono discusse le implicazioni politiche del pensiero dello scrittore e il suo legame, ben presto rescisso, con il nazismo. Al riguardo, segnaliamo l’interessante scritto di Giorgio Galli che scandaglia le relazioni che Jünger intrattenne con gruppi esoterici operanti in Germania e all’interno del partito nazista. Queste frequentazioni, probabilmente, salvarono l’intellettuale da morte sicura dopo l’attentato ad Hitler del 20 luglio 1944, maturato in quegli stessi ambienti. Rilevanti anche gli scritti di Stefano G. Azzarà in tema di mobilitazione totale e di Filippo Ruschi, che si intrattiene sul rapporto con Schmitt durante l’occupazione di Parigi. Non mancano, negli altri saggi della sezione, riferimenti alla globalizzazione, alla resistenza spirituale e al correlato passaggio al bosco del Ribelle. Solo la dimensione interiore è da difendersi, in un mondo massificato, quale estremo baluardo di libertà.

    La successiva sezione, Sismografie e visioni, è costituita da saggi che affrontano la problematica del tempo, della necessità di riallacciare i legami sintonici dell’uomo con le forze cosmiche e con le potenze della terra. In essa, Massimo Canepa si confronta con i nessi che legano gli stati alterati di coscienza con il sogno e la morte, mentre Simonetta Sanna legge i momenti salienti del viaggio di Jünger in Sardegna. La quarta sezione, Il meridiano zero, è interamente dedicata all’analisi del nichilismo, centrale nel nostro autore. Lo fanno, con persuasività di accenti, Giancarlo Magnano san Lio, Marcello Barison e Renato Cristin.

   L’ultima parte del volume, L’Anarca sovrano di sé, presenta le figure del Ribelle e quella dell’Anarca. Tra i saggi segnaliamo quelli di Andrea Scarabelli che discute l’apolitìa metafisica, e di Adriano Segatori che presenta Jünger quale animatore del desiderio ed educatore di stile.

    La lettura di questo libro rende ragione dell’articolazione e della complessità del pensiero dello scrittore tedesco, liberandolo dai pregiudizi che, per troppo tempo, hanno gravato su di lui. Rende merito, inoltre, e la cosa è più rilevante, alla sua grandezza: Jünger è autore decisivo per la comprensione del moderno.  

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