Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Il teatro romano di Fiesole, Euripide, Gabriele Lavia. Un trittico di tutto rispetto per offrire al pubblico fiesolano e fiorentino una delle tragedie più inquietanti del repertorio antico: la Medea di Euripide. Personaggio complesso, problematico, per certi aspetti feroce (per aiutare Giasone non aveva esitato a uccidere il fratello) Medea è anche però una vittima della passione amorosa da un lato e dell’ egoismo maschile dall’altro. Questo Euripide lo aveva ben compreso e realizzato, a onta dell’ingiusta fama di misogino che i contemporanei (soprattutto lo spassoso ma “crudele” commediografo Aristofane) gli avevano appiccicato. Non solo: in polemica con il razionalismo socratico, da cui pure per certi aspetti dipende, Euripide sottolinea, proprio nel caso di Medea (oltre che in altri drammi) come le passioni siano una forza a cui la ragione non può opporsi: non è vero insomma che quando si sa che cosa è bene non si può fare a meno di compierlo. Medea fa suo il detto del filosofo Eraclito per cui “E’ difficile combattere contro il thumòs “intendendo con questa parola tipicamente greca la sfera emotiva e irrazionale dell’uomo. E la vendetta contro Giasone che l’ha tradita e abbandonata richiede a Medea il più tremendo dei sacrifici: l’uccisione dei figli, che pure essa adora: “ “Ora non ho più speranza che i figli di Medea sopravvivano, non più; essi si avviano già verso la morte” commenta dolente il coro dopo la loro ultima uscita di scena. E del resto, dopo che Medea si è crudelmente vendicata sulla nuova promessa sposa di Giasone e sul padre di lei, la loro sopravvivenza sarebbe in costante pericolo, per cui la madre preferisce sopprimerli lei stessa.
Un dramma a forti tinte, che ha sempre impressionato pubblico e critica sin dai tempi antichi: “Medea non uccida i figli sulla scena” ammoniva Orazio nella sua Ars Poetica(nel dramma di Euripide, in effetti, l’episodio è solo raccontato) ma Seneca, nel suo desiderio di rappresentare al massimo grado l’effetto devastante del furor sull’animo umano e anche per il gusto del macabro e dell’orrido tipico dei Romani, non seguirà il consiglio per la sua Medea che carica ancora di più le già fosche tinte di Euripide.
Gabriele Lavia, che mette in scena il testo di Euripide stasera e domani, legge nel capolavoro euripideo il viaggio verso un personaggio sradicato in un paese straniero. “Medea è una donna tradita, una donna che viene da lontano. È ‘figlia del Sole’, non perché partorita dal dio Sole, ma perché viene dal mondo in cui il Sole sorge. Viene dal Caucaso, dall’Oriente, è un’altra cultura. È quel mondo che parla il ‘barbar’, cioè balbetta la lingua greca, da cui ‘barbaroi’, ‘barbari’. Giasone sposa Medea: è come se un signore di Stoccolma sposasse la figlia del re di una tribù dell’Amazzonia, che però ha delle conoscenze che a noi sfuggono, “ afferma il celebre attore e regista, e ancora: “Medea è un ‘testo’, come si dice, antico”, proantico non vuole dire morto, passato. Al contrario, più è antico e più è vicino a una ‘origine’. L'origine di qualcosa è ciò a partire da cui e per cui una cosa è quella ‘cosa’ che è. L’origine di qualcosa è la sua essenza. Medea, dunque, è più vicina all’essenza del teatro di qualunque testo più recente o, addirittura, attuale.”
Affermazione senz’altro condivisibile e sicuramente Lavia saprà far scaturire da questo testo, antico (è del 431 a.c.!) ma sempre attuale tutta la profonda carica emotiva di cui è pervaso. Del resto, la tragedia e la commedia “antiche” sono alle radici del nostro teatro, ma sono anche monumenti difficilmente eguagliabili per bellezza e profondità, malgrado la stato in cui ci sono giunti. Varrebbe la pena di inventare la macchina per del tempo solo per ricuperarne altri e poterli ammirate nella loro completezza. Ma in attesa che questo sia possibile, appuntamenti come quelli di stasera e domani ci portano abbastanza vicino a un risultato del genere. Per concludere con Lavia: “Medea, che si ripete sempre la ‘stessa’ e mai uguale (poiché cambiano gli attori) è ‘contemporanea’ cioè unisce il tempo antico al nostro presente e mette in crisi una certa attualità di oggi, svelandone la falsità. Che cosa è contemporaneo nell’antichissimo? Proprio il fatto che qualcuno lo ‘ripeta’. E per ripetere bisogna apprendere.”
venerdì 19 e sabato 20 giugno ore 21.15, Teatro Romano di Fiesole, PRIMA NAZIONALE
Fondazione Teatro della Toscana -Teatro Stabile di Napoli.
MEDEA di Euripide
traduzione Maria Grazia Ciani, adattamento Gabriele Lavia
personaggi, interpreti
Medea, Federica Di Martino
Giasone, Daniele Pecci
Creonte, Umberto Ceriani
Nutrice, Angiola Baggi
Pedagogo, Pietro Biondi
Messaggero, Gabriele Anagni
Figli di Medea, Sofia De Angelis, Giulia Horak
Coro, Silvia Biancalana, Maria Laura Caselli, ClaudiaCrisafio, Flaminia Cuzzoli, Giulia Gallone, Silvia Maino, Diletta Masetti, Katia Mirabella, Sara Missaglia, Francesca Muoio, Marta Pizzigallo, Malvina Ruggiano, Anna Scola, Lorenza Sorino
regia Gabriele Lavia
scenografia Alessandro Camera
costumi Alessio Zero
musiche Andrea Nicolini – Giordano Corapi
luci Michelangelo Vitullo
Durata: 1h e 20’ circa, atto unico
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