Un trittico di tutto rispetto

Lavia ed Euripide al Teatro romano di Fiesole

Un dramma a forti tinte, che ha sempre impressionato pubblico e critica sin dai tempi antichi...

di Domenico Del Nero

Lavia ed Euripide al Teatro romano di Fiesole

Il teatro romano di Fiesole, Euripide, Gabriele Lavia. Un trittico di tutto rispetto per offrire  al pubblico fiesolano e fiorentino una delle tragedie più inquietanti del repertorio antico: la Medea di Euripide. Personaggio complesso, problematico, per certi aspetti feroce (per aiutare Giasone non aveva esitato a uccidere il fratello) Medea  è anche però una vittima della passione amorosa da un lato e dell’ egoismo maschile dall’altro. Questo Euripide lo aveva ben compreso e realizzato, a onta dell’ingiusta fama di misogino che i contemporanei (soprattutto lo spassoso ma “crudele” commediografo Aristofane) gli avevano appiccicato. Non solo: in polemica con il razionalismo socratico, da cui pure per certi aspetti dipende, Euripide sottolinea, proprio nel caso di Medea (oltre che in altri drammi) come le passioni siano una forza a cui la ragione non può opporsi: non è vero insomma che quando si sa che cosa è bene non si può fare a meno di compierlo.  Medea fa suo il detto del filosofo Eraclito per cui “E’ difficile combattere contro il thumòs “intendendo con questa parola tipicamente greca la sfera emotiva e irrazionale dell’uomo. E la vendetta contro Giasone che l’ha tradita e abbandonata richiede a Medea il più tremendo dei sacrifici: l’uccisione dei figli, che pure essa adora: “   “Ora non ho più speranza che i figli di Medea sopravvivano, non più; essi si avviano già verso la morte” commenta dolente il coro dopo la loro ultima uscita di scena. E del resto, dopo che Medea si è crudelmente vendicata sulla nuova promessa sposa di Giasone e sul padre di lei, la loro sopravvivenza sarebbe in costante pericolo, per cui la madre preferisce sopprimerli lei stessa.

Un dramma a forti tinte, che ha sempre impressionato pubblico e critica sin dai tempi antichi: “Medea non uccida i figli sulla scena” ammoniva Orazio  nella sua Ars Poetica(nel dramma di Euripide, in effetti, l’episodio è solo raccontato) ma Seneca, nel suo desiderio di rappresentare al massimo grado l’effetto devastante del furor sull’animo umano e anche per il gusto del macabro e dell’orrido tipico dei Romani, non seguirà il consiglio per la sua Medea che carica ancora di più le già fosche tinte di Euripide.

Gabriele Lavia, che mette in scena il testo di Euripide stasera e domani, legge  nel capolavoro euripideo il viaggio verso un personaggio sradicato in un paese straniero. “Medea è una donna tradita, una donna che viene da lontano. È ‘figlia del Sole’, non perché partorita dal dio Sole, ma perché viene dal mondo in cui il Sole sorge. Viene dal Caucaso, dall’Oriente, è un’altra cultura. È quel mondo che parla il ‘barbar’, cioè balbetta la lingua greca, da cui ‘barbaroi’, ‘barbari’. Giasone sposa Medea: è come se un signore di Stoccolma sposasse la figlia del re di una tribù dell’Amazzonia, che però ha delle conoscenze che a noi sfuggono, “ afferma il celebre attore e regista,  e ancora: “Medea è un ‘testo’, come si dice, antico”, proantico non vuole dire morto, passato. Al contrario, più è antico e più è vicino a una ‘origine’. L'origine di qualcosa è ciò a partire da cui e per cui una cosa è quella ‘cosa’ che è. L’origine di qualcosa è la sua essenza. Medea, dunque, è più vicina all’essenza del teatro di qualunque testo più recente o, addirittura, attuale.”

Affermazione senz’altro condivisibile e sicuramente Lavia saprà far scaturire da questo testo, antico (è del 431 a.c.!) ma sempre attuale tutta la profonda carica emotiva di cui è pervaso. Del resto, la tragedia e la commedia “antiche” sono alle radici del nostro teatro, ma sono anche  monumenti  difficilmente eguagliabili per bellezza e profondità, malgrado la stato in cui ci sono giunti. Varrebbe la pena di inventare la macchina per del tempo solo per ricuperarne altri e poterli ammirate nella loro completezza. Ma in attesa che questo sia possibile, appuntamenti come quelli di stasera e domani ci portano abbastanza vicino a un risultato del genere.  Per concludere con Lavia:  “Medea, che si ripete sempre la ‘stessa’ e mai uguale (poiché cambiano gli attori) è ‘contemporanea’ cioè unisce il tempo antico al nostro presente e mette in crisi una certa attualità di oggi, svelandone la falsità. Che cosa è contemporaneo nell’antichissimo? Proprio il fatto che qualcuno lo ‘ripeta’. E per ripetere bisogna apprendere.”

venerdì 19 e sabato 20 giugno ore 21.15, Teatro Romano di Fiesole, PRIMA NAZIONALE

Fondazione Teatro della Toscana -Teatro Stabile di Napoli.

MEDEA di Euripide

traduzione Maria Grazia Ciani, adattamento Gabriele Lavia

personaggi, interpreti

Medea, Federica Di Martino

Giasone, Daniele Pecci

Creonte, Umberto Ceriani

NutriceAngiola Baggi

Pedagogo, Pietro Biondi

Messaggero, Gabriele Anagni

Figli di Medea, Sofia De Angelis, Giulia Horak

Coro, Silvia Biancalana, Maria Laura Caselli, ClaudiaCrisafio, Flaminia Cuzzoli, Giulia Gallone, Silvia Maino, Diletta Masetti, Katia Mirabella, Sara Missaglia, Francesca Muoio, Marta PizzigalloMalvina Ruggiano, Anna Scola, Lorenza Sorino

regia Gabriele Lavia

scenografia Alessandro Camera

costumi Alessio Zero

musiche Andrea Nicolini – Giordano Corapi

luci Michelangelo Vitullo

Durata: 1h e 20’ circa, atto unico

 

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