Una serata fiorentina tra le storiche mura

La Mandragola al Bargello... un trionfo machiavellico

di Domenico Del Nero

La Mandragola al Bargello... un trionfo machiavellico

Varrebbe la pena soltanto per lo scenario. Il Bargello in tarda serata, con il suo scalone e il suo cortile, una ventata di medioevo nella città sfregiata dalle demolizioni selvagge dei tempi di “Firenze capitale” di cui  in questo periodo con retorica idiozia si festeggia il 150° anniversario. Sembra di scorgere, ironico, il Segretario fiorentino aggirarsi dietro le colonne e quando le attrici recitano il prologo la risata amara di Machiavelli sembra materializzarsi per davvero. Ma c’è anche lo spettacolo, la messa in scena dell aMandragola della Fondazione del Teatro della Toscana.  E lo spettacolo è degno dell’ambientazione: nessuno scenografia, giustamente, quando si ha a disposizione ilBargello qualsiasi  fondale, qualunque parete posticcia sarebbe un oltraggio.  Bellissimi i costumi in stile cinquecentesco (comprese cappelline e pezzolinedi Giancarlo Mancini realizzati da Pino Crescente,  il gioco di luci progettato da Samuele Batistoni. La regia di Claudio Spaggiari ha saputo sfruttare al meglio le opportunità di uno spazio che certo non è nato per la scena: infatti, unica dolente nota, ne ha risentito un po’ l’acustica, anche se gli attori hanno fatto del loro meglio per rimediare.  Erano di sicuro ben diversi e più tragici gli “spettacoli” che il Bargello  ha visto nei secoli passati, anche se non più di certi della nostra “civilissima” epoca contemporanea, che però in compenso non sa più replicare se non al computer certi miracoli d’arte e di bellezza infinita.

E dunque, anche se c’è da aguzzare un po’ l’udito vale davvero la pena di trascorrere una serata fiorentina tra quelle antiche mura per rivedere il capolavoro immortale di Niccolò Machiavelli. La compagnia diretta da Fabio Baronti, un efficace e simpatico Ligurio, il parassita maestro dell’arte della beffa che Niccolò “eredita” dal Boccaccio salvo poi imprimergli un carattere inconfondibilmente .. machiavellico, è stata all’altezza della situazione, offrendo uno spettacolo dal chiaro e netto sapore cinquecentesco, senza cedere, anche nella recitazione, a tentazioni “attualizzanti”. La lingua del segretario fiorentino mantiene tutto il suo sapore di “parlato d’epoca”, lontanissimo da quel manierato petrarchismo  alla Bembo che purtroppo si imporrà di li a poco per secoli: e gli attori sono riusciti ad farla vivere in modo spontaneo e vivace, con una buona dizione purtroppo non adeguatamente valorizzata dall’acustica. Tutti gli interpreti sono stati di buon livello, soprattutto Messer Nicia, cornuto per passione e bischero per vocazione, impersonato dal regista Spaggiari con una mimica e una vis comica degna davvero dei grandi palcoscenici. Un vero e proprio trionfo della fiorentinità, vivacemente apprezzato da un pubblico il cui “livello”, spiace davvero dirlo, non era però sempre all’altezza dello spettacolo: Machiavelli avrebbe sicuramente condannato seduta stante (e proprio lì nel Bargello) a una serie di tratti di corda certi pachidermi biascicanti e certi mocciosi frignanti, e ancor più gli incoscienti che ce li portano.

Assolutamente da non perdere per le recite che restano (fino a domenica 21 sempre alle ore 21,15) e con un consiglio: i posti non sono numerosi e non sono numerati. Bene arrivare per tempo per sentire meglio (la visibilità è ottima e senza problemi ovunque)  e godersi un po’ di quello scenario davvero  unico e magico come pochi.

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