La regia è di Daniele Abbado

Opera di Firenze, oggi debutta Pelléas et Mélisande

di Domenico Del Nero

Opera di Firenze,  oggi  debutta  Pelléas et Mélisande

foto Donati

Ho cercato di dimostrare come quelli che cantano potessero rimanere umani e naturali, senza mai il bisogno di assomigliare a dei matti o a dei rebus”Così Claude Debussy, in una sua intervista del 1902, parlava della sua unica opera Pelléas et Mélisande, prendendo contemporaneamente le distanze da Wagner, dal suo modo di intendere la funzione del leitmotiv  e il rapporto tra l’elemento sinfonico e quello vocale: “Al teatro in musica si canta troppo” sosteneva il compositore francese già nel 1889. Egli fece comunque suo il sistema wagneriano dei “motivi conduttori” confinandoli però alla sola orchestra con il ruolo di raccordo architettonico e psicologico del dramma. “ In Pelléas et MélisandeClaude Debussy ci racconta tutto quello che c’è di misterioso e inesprimibile nella natura umana”: sono le parole con le quali il regista Daniele Abbado presenta lo spettacolo in scena all’Opera di Firenze dal 18 al 25 giugno. Sul podio, a dirigere l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, c’è il Maestro Daniele Gatti, raffinato interprete del repertorio operistico italiano e francese, che debutta nella direzione dell’unica opera di Claude Debussy.

Unica opera e opera unica,anche se tutt’altro che facile. Debussy  polemizza praticamente con tutti , dai suoi predecessori francesi  agli italiani, accusati di avere abbindolato il pubblico “con emozioni false e magniloquenti” . Il lavoro di composizione fu lungo, dal 1893 al 1901, e la prima rappresentazione ebbe luogo il 30 aprile 1892 all’Opera- Comique, con il pubblico diviso in fazioni che ne provocò la caduta.  Ci volle tempo perché l’opera riuscisse a imporsi e ad entrare stabilmente nell’olimpo dei grandi capolavori, e questo lascerà un segno nel musicista che non riuscirà più a lavorare per il teatro. E tuttavia, ilPelleas  segna l’apertura del nuovo secolo e inaugura, con un profondo mutamento di stile e di linguaggio, il teatro lirico del Novecento.

Il compositore si entusiasmò alla lettura del dramma dello scrittore simbolista Maurice Maeterlinck, sin dalla sua pubblicazione avvenuta nel 1892, e ancor più quando assistette l’anno successivo a una sua messa in scena. 

In effetti, quel testo corrispondeva perfettamente a ciò che Debussy cercava da tempo: un dramma che si allontanasse dai modelli correnti di teatro borghese alla Sardou (l’autore di fortunati drammi storici resi poi immortali dalla musica, quali Tosca di Puccini e Fedora di Giordano)  e  dagli argomenti letterari e fantastici cari ai compositori suoi contemporanei, sotto influenza del teatro di Wagner.  Il musicista chiese a Maeterlinck l’autorizzazione a mettere in musica il suo dramma, e la ottenne senza problemi; ma l’idillio si interruppe quando lo scrittorecercò d’imporre a Debussy, come interprete principale, sua moglie Georgette Leblanc: al netto rifiuto del compositore seguì la … maledizione e il rinnegamento del drammaturgo. Ma ormai l’opera era terminata.

Già dal 1889 Debussy aveva dichiarato di cercare  quel poeta  “i cui personaggi e la cui storia e il cui ambiente non apparterranno ad alcun tempo e ad alcun luogo.” Pelléas è precisamente un testo che fa della reticenza, del mistero, della lontananza dalla storia la radice principale della sua poetica. La scelta più significativa del compositore rispetto al testo letterario fu quella di non adattarlo a libretto ma di mantenere l’originale scrittura in prosa, limitandosi al taglio di alcune scene che però non solo mantenne integro il senso complessivo dell’opera, ma per certi aspetti la migliorò.  Era la prima volta che un testoletterario non veniva in qualche modo rielaborato per farne una versione musicale, ma lasciato più o meno così come era. La fedeltà alla prosa del modello  costrinse il compositore  a inventare un declamato lirico originale che rispettasse pienamente la prosodia del testo, dando vita ad una intonazione estremamente scorrevole e ‘parlante’, anche se ricca di straordinarie sfumature espressive. La vocalità è dunque rigorosamente sillabica, senza nulla concedere ai vocalismi, mentre l’orchestra, sebbene massiccia, viene sfruttata in modo “cameristico” e solo raramente nella sua pienezza: “un velo iridescente che ricopre il testo”; così fu definita la musica dai contemporanei.

L’allestimento  che debutta oggi all’Opera di Firenze con scene e luci firmate da Giovanni Carluccio, è volutamente non realistico: “Abbiamo progettato un luogo unico, in continua trasformazione, che deve dare allo stesso tempo il senso della lontananza e della vicinanza”racconta il regista Daniele Abbado.         “È uno spazio che assorbe i simboli, li trasforma e non pretende di spiegarli, paragonabile in questo alla musica di Claude Debussy: eloquente e al tempo stesso circondata, immersa nel silenzio”.

Il direttore Daniele Gatti e il regista Daniele Abbado si avvarranno di un cast tutto italiano: il giovane Paolo Fanale sarà Pelléas, il ruolo di Mélisande sarà di Monica Bacelli. Il geloso Golaud sarà Roberto Frontali, Arkël verrà impersonato da Roberto Scandiuzzi, accompagnato in scena da Geneviève/Sonia Ganassi e Yniold/Silvia Frigato; Andrea Mastroni avrà il doppio ruolo di Le Médecin e Le Berger.

 

RAPPRESENTAZIONI

Giovedì 18 giugno, ore 20:30
Domenica 21 giugno, ore 15:30
Martedì 23 giugno, ore 20:30
Giovedì 25 giugno, ore 20:30

La vicenda:

ATTO I


Nell’immaginario regno di Allemonde, il principe Golaud si è smarrito nel folto di una foresta quando scorge una ragazza in lacrime sul bordo di una fontana. Mélisande, questo è il suo nome, racconta di venire da lontano e di essersi persa; l’uomo decide allora di prenderla con sé. Sei mesi più tardi al castello, Geneviève, madre di Golaud, legge al re Arkel una lettera del figlio in cui racconta al fratellastro Pelléas di essersi sposato con Mélisande. Qualche tempo dopo i due ragazzi si incontrano nel giardino.

ATTO II


Pelléas e Mélisande sono soli presso una vecchia fontana del parco dove la fanciulla perde la fede nuziale con cui sta giocherellando. Quando Golaud, fermo a letto dopo essere stato sbalzato da cavallo proprio nell’istante in cui la moglie perdeva l’anello, se ne accorge, Mélisande gli racconta di averlo smarrito in una grotta in riva al mare. L’uomo ordina quindi alla moglie di recarsi subito, assieme a Pelléas, a cercarlo.

ATTO III


Mélisande è alla finestra intenta a pettinarsi. Pelléas, colpito dalla bellezza della sua lunga chioma, comincia a baciare i capelli della donna. Sopraggiunge Golaud che rimprovera il loro atteggiamento puerile e, rimasto solo col fratellastro, lo prega di non turbare ulteriormente la moglie poiché questa ora aspetta un bambino. L’uomo inoltre interroga Yniold, il figlio avuto da un precedente matrimonio, sul legame tra la matrigna e Pelléas e scopre così che i due trascorrono molto tempo assieme e che, addirittura, un giorno si baciarono.

ATTO IV


Golaud è ormai roso dalla gelosia: dopo una violenta scenata alla moglie di fronte ad Arkel, nella notte si avventa a spada sguainata sui due amanti, incontratisi in giardino per un ultimo addio, ferendo Mélisande e colpendo a morte il fratellastro.

ATTO V


Mélisande, nonostante la ferita siamo molto lieve, è in fin di vita. Il marito, dopo averle chiesto perdono, le mostra la loro bambina. Alla donna mancano però le forze di abbracciarla e, poco dopo, muore.

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