Editoriale

Quell'odioso doppiopesismo che elegge l'ipocrisia a sistema di giudizio

Provate ad applicare l'ucronia (storia ipotetica) a quanto è accaduto in questi giorni e scoprirete che...

Gianfranco de Turris

di Gianfranco de Turris

l Borghese e Candido stipulano un accordo con Charlie Hebdo per  pubblicare in Italia esclusivamente le sue blasfeme vignette anti-Islam e anti-Maometto. Alcune associazioni e comunità denunciano le due testate per islamofobia. La Procura di Roma apre una inchiesta in base alla Legge Mancino che sanziona le espressioni di odio razziale e religioso. L’Ordine dei Giornalisti apre a sua volta una inchiesta e deferisce i due direttori, Claudio Tedeschi e Alessio Di Mauro, per aver mancato all’opera di sorveglianza della pubblicazione e per aver svolto la loro professione senza decoro e dignità. Su La Repubblica Ezio Mauro scrive un fondo intitolato: “Contro il fascismo disegnato”. Su Il Fatto Marco Travaglio intitola la sua rubrica quotidiana “I manganellatori di carta”. Sul Corriere della Sera Pierluigi Battista interviene con il corsivo “Siamo per la libertà di stampa, però…”. Il manifesto on line titola: “Ai fascisti nessun diritto, nemmeno di vignetta”. Di fronte alla sede delle due redazioni i centri sociali romani inscenano una manifestazione e innalzano striscioni con su scritto “Morte al fascismo, libertà ai popoli islamici” con lancio di bombe carta. Una interrogazione di SEL al governo chiede “Sino a che punto possono ancora tollerarsi simili provocazioni dei giornali reazionari e filosionisti?”.Il ministro dell’Interno Alfano afferma: “E’ tutto sotto controllo, non ci faremo condizionare da due giornali semiclandestini”.

Ovvero:

L’Espresso stringe un accordo con Charlie Hebdo per pubblicare in Italia esclusivamente le sue blasfeme vignette anti-cristiane  e anti-papaline. La Conferenza Episcopale denuncia “l’attacco antistorico contro la religione degli italiani”. Il Papa all’Angelus fa un velato accenno al fatto che non si può ironizzare pesantemente offendendo miliardi di fedeli. Su La Repubblica Ezio Mauro scrive un fondo intitolato “Prima di tutto la libertà di espressione”. Su La Stampa il filosofo Gianni Vattimo scrive una lettera su “Quando la Chiesa di Cristo dimentica il risus paschalis”. Su Il Fatto un corsivo anonimo ironizza su “I cardinali con la coda di paglia”. Sul Corriere  della Sera Pierluigi Battista nella sua rubrica pubblica un intervento  intitolato “Siamo per la libertà di stampa, però…”. Il giorno dopo Vittorio Messori scrive una lettera intitolata “Le regole ormai non esistono più”. Giuliano Ferrara su Il Foglio titola: “Questo Papa non piace poi troppo”. L’Ordine dei Giornalisti protesta contro “le censure che vengono da chi meno te lo aspetti”. Una interrogazione del Movimento 5 Stelle al ministro della Giustizia chiede “come intende il governo tutelare la libertà di espressione nei confronti degli attacchi clericali”. Il ministro Orlando risponde che “il governo vigilerà”. Marco Pannella inizia lo sciopero della fame, della sete e del fumo per solidarietà con L’Espresso.

Per capire bene il vero senso ed evidenziare le contraddizioni di quel che è successo in questi tragici e convulsi giorni dopo il massacro di Parigi e le reazioni unanimi nei confronti di chi vorrebbe che ci fossero limitazioni  nel pensiero critico ai confini della blasfemia irridente, si deve ragionare in modo alternativo, capovolgere la situazione e immaginarsi scenari differenti ma simili come quelli qui presentati, che non sono né assurdi né impossibili ma semplicemente verosimili alla luce di precedenti esperienze del contesto italiano. In tal modo emergerà tutta la profonda ipocrisia di certe prese di posizione internazionali ma soprattutto nazionali.

Si sarebbe anche potuto fantasticare sulla irruzione di un commando di fondamentalisti cristiani nella sede de L’Espresso al grido “Vendichiamo il nostro Dio!” e relativa strage di giornalisti e grafici  come quella di Charlie Hebdo: quali  sarebbero state le conseguenze in Italia e all’estero? Ma non vogliano esagerare. Quel che preme mettere in evidenza è il fatto che ormai vige, come regola non dichiarata ma fattuale, quella del Doppiopesismo secondo la quale la libertà di espressione (di stampa, di pensiero, di critica, di apologia) statuita dalla nostra “Costituzione più bella del mondo” dipende da chi ne fa  uso: per alcuni è sacrosanta, per altri è condizionata. Chi può fare quel che vuole, e chi è controllato fiscalmente e sottoposto a sanzioni amministrative e penali. Nei giorni scorsi non si è quindi manifestato per la libertà di tutti, ma solo per la libertà di chi è riconducibile ad una particolare area ideologico-culturale.

Sarebbe il caso che politici, magistrati, giornalisti, intellettuali facessero un serio  esame di coscienza guardandosi allo specchio.

                                         

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