Editoriale

Musei e wikipedia, sistematici errori che somigliano troppo a pubblicità menzognera

Nell'enciclopedia on line ogni sito museale nel mondo si attribuisce primati inesistenti e si tace dei veri tesori

Riccardo Rosati

di Riccardo Rosati

apita sempre più spesso di leggere articoli e persino tesi di laurea dove viene citata l'“enciclopedia” Wikipedia, che noi preferiamo provocatoriamente chiamare Wikimenzogna. Essa non è affatto quello strumento di “libertà” che molti, in modo un tantino ebete, ritengono che sia, bensì una accozzaglia di informazioni sovente imprecise e dove si è imposto un autentico reato intellettuale, ovvero che chi scrive non firma ciò che afferma. In quale società se non nella nostra, in cui il quoziente intellettivo medio si è inabissato a livelli sconcertanti, si può dare credito a uno articolo non autografo? In questa nostra denuncia vogliamo ragionare su come Wikipedia non sia solo fonte talvolta di false informazioni, ma persino uno “strumento” utilizzato in tanti modi per farsi pubblicità, persino quando il tema sono i musei.

Che l'Italia abbia il più completo e straordinario patrimonio museale del pianeta, solo un ignorante, oppure una persona in malafede, lo può negare. Ecco, la malafede, in tale maniera vengono compilate le schede museali su Wikimenzogna in francese, inglese e tedesco, che sono poi i punti di riferimento per gli utenti nel mondo: è assai improbabile che un cinese si documenti sui Musei Vaticani tramite la versione italiana di questa pseudo-enciclopedia. L'argomento meriterebbe una trattazione estesa, dunque qui vogliamo solo smascherare alcune inesattezze presenti nella più utilizzata, purtroppo, enciclopedia online e, allo stesso tempo, segnalare al lettore interessato alla ricerca della verità, che non è per forza necessario aprire voluminosi testi accademici per trovare delle indicazioni esaustive, si può anche “girovagare” in Rete e consultare siti attendibili sui musei, evitando Wikimenzogna. Segnaleremo perciò alcune notizie abbastanza recenti che stanno a dimostrare, giacché le continue mistificazioni di una intellighenzia esterofila fanno sì che vada ancora ribadito, il Primato Museale Italiano.  

Talvolta se si cerca su YouTube la voce “Museo Orientale Italia”, capita di imbattersi, ad esempio, in una raccolta assai particolare e inaugurata da non molto: l'International Puppets Museum, ospitato nella Reggia di Quisisana (Castellammare di Stabia), il quale non solo possiede marionette e pupi nostrani, ma anche una pregevole collezione di Wayang: le marionette indonesiane. Quante volte sentiamo da persone che si reputano colte la seguente frase: “Non ci sono importanti collezioni orientali in Italia?”, quando invece le nostre sono le prime d'Occidente, soltanto che non si conoscono e gran parte si trovano nei depositi dei musei; il caso di quella preziosissima del Museo Pigorini di Roma è emblematico. Il fatto è che gli stipendiati di Stato non se li vanno proprio a vedere i musei italiani, perciò non sono capaci di far conoscere al Popolo la universalità delle nostre raccolte.

Andiamo oltre: «Il patrimonio artistico islamico in Italia è certamente di grande interesse. Lo è sul piano quantitativo e su quello qualitativo; la cosa che però più caratterizza l’arte islamica in Italia è la sua dispersione sul territorio. Innumerevoli collezioni e raccolte ospitano a Nord e a Sud opere importanti. E una città come Bologna, con la sua antica Università, non poteva ovviamente fare eccezione; dunque al Museo Civico Medievale, si conserva un piccolo – ma estremamente significativo – nucleo di opere, eterogenee per materiale e provenienza. Gli oggetti più rappresentati sono i metalli, in particolar modo quelli prodotti nell’epoca di grande fioritura artistica fra XIII e XIV secolo. Per chi abbia conoscenza delle collezioni italiane questa costatazione difficilmente risulta sorprendente, perché rispecchia un andamento che trova puntuali riscontri un po’ in tutta la Penisola. Ciò non toglie, tuttavia, che sia invece sorprendente la rarità e bellezza dei metalli raccolti in Italia; certamente, ove riuniti, essi costituirebbero la raccolta più importante e varia al mondo, non avendo rivali nemmeno nei paesi del Vicino e Medio Oriente. Dunque collezioni strepitose. E Bologna è nel solco di questa tradizione e conferma la regola!» (http://www.museibologna.it/arteantica/percorsi/53086/luogo/36155/offset/0/id/8989)

Speriamo che ci verrà perdonata questa lunga citazione, ma essa rappresenta una delle poche testimonianze intellettualmente oneste sulla grandezza a 360° dei nostri musei orientali e non si tratta di una fonte “amatoriale”, ma viene dalla pagina ufficiale delle Civiche Raccolte bolognesi. Pensate che tali considerazioni siano anche presenti su Wikimenzogna? Ovvio che no, per non parlare poi delle pagine in lingua straniera, dove i nostri musei spesso non sono neanche segnalati.

Continuando questo “vagabondare informatico”, si potrebbe scoprire come in provincia di Cuneo si trovino intere stanze cinesi nel Castello di Govone. Tuttavia, gli stipendiati di Stato che si trovano nelle soprintendenze e nell'università poco o nulla sanno di queste piccole e preziosissime realtà del nostro territorio. Studiosi? Mah, sarebbe meglio chiamarli dei “tesserati” arruolati, i quali snobbano sistematicamente i nostri Vaticani, che non hanno rivali al mondo, glorificando il di molto inferiore Louvre (museo per giunta dall'oscuro passato), a causa di una folle ideologia anticlericale. 

Siamo messi molto male. Comunque sia, questa chicca piemontese l'abbiamo scoperta sempre tramite YouTube e non certo grazie a Wikimenzogna. Inoltre, è essenziale sottolineare come in un filmato è possibile giudicare con i propri oggi, per converso, come si può individuare una falsa descrizione di un museo se non lo si è mai visto? Ci si può solo fidare della opinione di chi scrive, ma se l'autore resta anonimo, allora il tutto si complica.

Sempre per smentire gli ignoranti che inneggiano al “non c’è Oriente in Italia”, da pochi giorni è stata inaugurata una sezione estremo orientale nel bellissimo complesso museale di Palazzo Poggi a Bologna. È bastato leggere la notizia su di un quotidiano nazionale. E Wikimenzogna? Nulla, resta una paginetta in italiano a dir poco offensiva per la importanza di queste collezioni, legate alla memoria di Ulisse Aldrovandi, padre delle moderne Scienze Naturali, nonché colui che coniò il termine “geologia”. Sulle pagine in lingua straniera su Palazzo Poggi poi stendiamo un velo pietoso. Puntualmente, i sedicenti operatori della Kultura spiccano per la loro esterofilia, tacendo sempre e comunque sulla universalità del nostro Patrimonio. A cosa serve allora la idea di “Wiki”? Perché nessuno di costoro si è preso la briga di arricchire la voce riguardante il museo bolognese? Sono troppo interessati ad altro i nostri intello, sperticandosi in elogi sul Met e il MoMA di New York.  

Parrebbe una battuta, ma nei nostri musei abbiamo quasi più “roba” che nello stesso Tibet. Non parliamo però della strepitosa raccolta del Museo Nazionale d'Arte Orientale di Roma, né di quelle del MAO di Torino o di quelle importantissime messe assieme da Reinhold Messner nei suoi musei in Alto Adige. Se si fa a meno di abbeverarsi con le inesattezze in malafede di Wikimenzogna e si ricerca su Internet –  quasi per gioco – la voce: “Museo del Tibet”, ecco venir fuori una sorprendente Casa del Tibet nel borgo emiliano di Votigno di Canossa, con annesso un prezioso museo che espone al suo esterno una serie di statue tibetane di considerevoli dimensioni. Il curatore della sezione buddhista presso il sopracitato museo romano, a cui è per giunta affidata la celeberrima sezione tucciana, ne è forse a conoscenza? Temiamo di no, visto che anni fa ci confessò che non sapeva neppure della esistenza della importante collezione specialistica (buddhista) del Museo d'Arte e Scienza di Milano. Costoro sono pagati per studiare e promuovere il nostro Patrimonio, invece si interessano esclusivamente a pubblicare, grazie ai fondi statali, e a farsi pubblicità. Va da sé, che sulla famigerata enciclopedia online non vi è traccia della italica Casa del Tibet.

Perché Wikimenzogna è così preziosa per i musei stranieri? Poiché i loro funzionari, o chi per loro, creano pagine ad hoc, dove ciascun museo sostiene di avere la migliore collezione al mondo, tanto nessuno ci mette la faccia su quello che viene scritto. Francesi, inglesi e tedeschi affermano di avere di tutto di più, tranne poi non avere il coraggio di confermare tanta sfrontatezza sui siti ufficiali dei loro musei; però Wikimenzogna nel frattempo indottrina lo sprovveduto e abbastanza ignorante turista globalizzato di oggi, perciò alla fine sempre di soldi si torna a parlare. I “migliori” però sono, come sempre, gli americani, i quali millantano costantemente collezioni di valore, quando è sistematicamente vero il contrario. È la museologia americana, con ormai l’assenso assai triste di quella inglese – decisamente più seria – che ha imposto il diktat del citare sempre il numero di pezzi presenti nelle collezioni di un museo; con una sostanziale differenza, mentre per noi una faretra con 20 frecce è considerata una singola voce di inventario, per gli americani sono invece 21! Giocoforza che su Wikimenzogna l'utente cinese, indiano o russo si beve il tutto.

Abbiamo solo “i soliti quattro coccetti”, questa fu la battuta di un insegnante di Lettere al liceo che avemmo la sventura di udire tempo fa. Il minus habens in questione non insegna dunque Disegno Tecnico, ma la letteratura e la storia ed è così ignorante da credere che il Belpaese sia solo un enorme antiquarium, non sapendo che l'Italia è stracolma di musei di ogni tipo. Che razza di studenti potrà mai formare un personaggio del genere? Tuttavia, il dramma è che la sua opinione è per lo più condivisa da molti dei nostri sedicenti addetti ai lavori. Finti museologi che non si documentano mai sull'ultima apertura nel panorama museale nazionale. Se lo facessero, allora saprebbero della recentissima inaugurazione a Napoli del Museo della Società Africana d'Italia. I curatori di questa nuova istituzione hanno pubblicamente affermato che trattasi: “di reperti di una collezione unica in Europa, alcuni di origini antichissime”. Altro che “quattro coccetti”! Abbiamo musei in ogni settore e sparsi per tutta la Penisola e non, come avviene negli altri paesi, presenti esclusivamente nelle principali città.

Il lettore attento avrà probabilmente notato che molte delle raccolte citate riguardano quelle orientali ed etnografiche in Italia; ciò è dovuto a un nostro particolare interesse nel campo della museologia. Eppure, il nostro discorso è valido per ogni varietà di museo. Per scoprire le raccolte di cui abbiamo parlato non abbiamo dovuto compiere viaggi, né sfogliare enormi tomi specialistici, attività, sia ben chiaro, imprescindibili per un vero studioso. Abbiamo semplicemente girovagato in Rete, utilizzando la giusta dose di grano salis nelle nostre ricerche e, cosa fondamentale, non ci siamo accontentati delle informazioni monche o assenti di Wikipedia sui nostri musei. Il giorno che chiuderanno questo “strumento di stupidità di massa”, saremo tutti finalmente costretti a riaprire le vere enciclopedie e a fare un po' di sforzo per studiare. In questo scritto possiamo aver detto cose scientificamente attendibili, oppure delle castronerie, ai posteri l'ardua sentenza. La cosa importante, però, è che ci abbiamo messo la faccia!

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Alky il 16/12/2014 15:09:28

    Interessante, ma vi svelo un segreto. Tutte queste info su Wikipedia le potete aggiungere, sapete? AH, e c'è gente che vaglia e controlla (o almeno ci prova) le millantate ricchezze dei musei stranieri. Se poi gli intellettualiitaliani schifano i.wikipedia, probabilmente è perchè leggono certi articoli :-D

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