Parla Valentuomo

Gian Antonio Stella, «Corriere della Sera», 5 novembre 2014

Che differenza c’è tra lo studio dei «Princìpi di scienza nuova» di Giambattista Vico e l’acquisto di una bottiglia di Chateau Margaux per una serata con gli amici? Nessuna, secondo lo Stato italiano: sono entrambi due sfizi. Vuoi toglierti il capriccio? Paga. Pare impossibile, infatti, ma a distanza di mesi non è stato ancora posto rimedio a una delle leggi più insensate votate negli ultimi tempi. Quella che vieta ai ricercatori, agli studenti, agli studiosi in genere di fotografare con il telefonino o con una macchina digitale i libri sui quali stanno lavorando per una tesi, un dottorato, una ricerca… All’estero, come ha spiegato su Il Giornale dell’Arte Mirco Modolo, non è così: «A Londra e Parigi gli studiosi possono riprodurre i documenti con mezzi propri». Ovvio: ogni Paese ha tutto l’interesse di mettere a disposizione il proprio patrimonio bibliografico. Più cresce la classe dirigente che vuole capire, approfondire i temi, più cresce il Paese. Da noi no: il decreto ArtBonus ha liberalizzato le foto nei musei e nei siti archeologici per i turisti, ma si è rimangiato l’apertura, che era nel testo originario, alle libere riproduzioni per motivi di studio dell’intero universo dei beni culturali, a partire dalle biblioteche. Con quella apertura, riassume Modolo, «si poneva fine a un vero e proprio commercio delle riproduzioni sulle spalle dei ricercatori: prima dell’entrata in vigore del decreto alcuni istituti consentivano l’uso della propria fotocamera dietro pagamento di un canone (che poteva giungere sino ai 2 euro a scatto), altri negavano invece tassativamente il ricorso al mezzo proprio per garantire il massimo del profitto alle ditte private cui era concesso l’appalto del servizio di riproduzione in esclusiva». Due euro a scatto? Cento euro per una cinquantina di pagine? Non è un contributo spese: è una gabella. Così lenta, costosa, da costringere perfino qualche universitario a cambiare la tesi per le spese esorbitanti delle riproduzioni fotografiche. Fu salutato con gioia, il primo testo dell’ArtBonus. Macché: grazie a un emendamento galeotto, l’entusiasmo venne subito frustrato: libere foto per i turisti, libera gabella come prima per gli studiosi. Un suicidio: come possono le biblioteche pubbliche estorcere pedaggi a studenti, storici, studiosi? Non c’è scritto nella Costituzione, all’art. 9, che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»?

Come sempre Stella ha il pregio di mettere il dito nella fatidica piaga, peccato che questa volta l'eccellente giornalista trascuri un elemento essenziale: in Italia nessuno è interessato alle sorti degli studiosi, frequentatori di biblioteche e libri non reperibili su Amazon. Per l'Italia gli studiosi nel campo umanistico sono dei fannulloni incapaci di produrre profitto per se stessi (ma quando sarai in grado di fare un po' di soldi e di guadagnare in maniera decente! mi è stato rimproverato una volta in considerazione del mio magro stipendio di ricercatore universitario), e, ancor peggio non producono profitto per gli altri ovvero per la cosiddetta società alla quale lo studioso non porta neppure l'ipotetico guadagno che si potrebbe ricavare dallo sfruttamento del patrimonio artistico.

Gli studiosi sono gentaglia, superflui sopravvissuti di un tempo in cui si poteva "sprecare" (e allora si dava qualcosa anche a loro), gli studiosi che non si esercitino sulla ricerca scientifica (guarire il cancro , speriamo, o anche solo inventare una App che faccia guadagnare tanti soldi a qualcuno) andrebbero eliminati tutti.

Gli studiosi sono il cancro delle università (e per combatterli in quanto patologia esiziale degli atenei si sono fatti passi avanti da gigante!) costrette a pagare i loro stipendi per insegnare materie inutili e ancor peggio per scrivere libri che nessuno leggerà perché tanto il mondo va avanti lo stesso anche se nessuno stabilisce con sicurezza se, come e quando Montale ha scritto gli Ossi di seppia; e ancor meno se, come e quando Alfieri ha scritto le sue tragedie.

Per la storia ormai con Rai Storia e con History channel la copertura degli interessi (di nicchia) in proposito è assicurata. Per la letteratura lo Strega basta e avanza: qualche discussione estiva su libri che con la vera letteratura il più delle volte non hanno neppure un grado lontano di parentela, e la "società" si sente appagata e colta,  ricercatori , studiosi e professori non servono.

E allora caro Stella inutile denunciare gli obbrobri, le vigliaccate, le ingiustizie, le estorsioni super-legalizzate, se quei maledetti studiosi capiranno che "non conviene" studiare fare ricerca nelle biblioteche a meno di essere ricchi di famiglia, forse la smetteranno definitivamente, e si potranno chiudere le biblioteche che assorbono risorse in forma di personale ecc., e potremo risparmiare e aiutare il pareggio di bilancio, e l'Europa sarà felice, perchè con la scusa di aiutarci si comprerà a prezzi di svendita anche le nostre biblioteche per i loro studiosi, che, a differenza dei nostri, sono pagati decorosamente e non insultati da un sistema che li disprezza.

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