Editoriale

Intellettuali buoni a prender prebende dalla Rai, ma indifferenti di fronte a un vero progetto culturale

Eccellente scrittore, l'estensore di questa lettera propone una riflessione che è anche un grido di dolore

Andrea Di Consoli

di Andrea Di Consoli

arissimo Direttore,

ti scrivo perché, come forse già saprai, da più di un mese sto lavorando – con una passione che, ti confesso, non conoscevo da tempo – a un importante progetto cultural-televisivo di Rai 1 voluto da Maria Pia Ammirati e da Davide Rondoni.

In pratica si tratta di questo: da quasi due mesi stiamo chiedendo ai maggiori poeti italiani (sin qui hanno letto Zeichen, Damiani, Picca, Insana, Broggiato, Paris, Bre, Conte, Arminio, Villalta, Calandrone, Spaziani, ecc.) di leggere davanti alle telecamere sei poesie di diversi poeti di tutti i tempi e di tutti i luoghi (è una sorta di grande archivio di poeti italiani che leggono altri poeti). Questi filmati, poi, da più di un mese vengono trasmessi puntualmente e quotidianamente sul palinsesto mattutino di Rai 1, negli spazi di Unomattina.

Tieni conto che ogni giorno ne vengono trasmessi quattro, e che il progetto (assai impegnativo da tutti i punti di vista) durerà almeno fino a giugno (alla fine verranno lette circa cinquecento poesie). Ebbene, ti scrivo perché sto constatando che un “grande progetto” culturale come questo non ha suscitato né interesse sui giornali (a parte due brevi trafiletti sul “Corriere” e sul “Riformista”), né presso i tanti critici televisivi che sanno solo – gioco facile! – sparare sulla “degenerazione” della televisione pubblica.

Lavoro in Rai da dodici anni, e purtroppo devo ammettere che il tiro al bersaglio generico e livoroso contro la Rai è uno degli sport nazionali preferiti, perché tutti vedono solo voluttuosamente le “storture” e i problemi, e mai le tante cose belle e importanti che vi si fanno, dalla televisione alla radio (con il sacrificio di tanti tecnici e autori, di tante professionalità che certo non vivono da nababbi, anzi).

L’unica “cultura” che certa intellighenzia sembrerebbe apprezzare è la cultura della denuncia, del “j’accuse”, dello sputtanamento mediatico, altrimenti, a tutto il resto, si risponde con il silenzio, con l’indifferenza.

Mi sono dunque convinto che i nemici della cultura in Rai sono anche gli intellettuali italiani, che quando la Rai fa qualcosa di bello e di importante si trincerano in un silenzio diffidente e snobistico. Chiedo perciò alla mia azienda – per la quale collabori anche tu – di mantenere vivo l’orgoglio di fare le cose importanti nonostante questa ostilità dell’intellighenzia italiana (che, per parlare in positivo di qualcosa, apprezza molto le prebende) e che confonde la cultura con la gogna e con le sentenze di tribunale (e con la “propria” cultura, l’unica che sia di valore).

Eppure mi sembra assurdo che i principali nemici della cultura in Rai debbano essere proprio gli intellettuali, i soliti, gli arcinoti, i tristemente famigerati intellettuali che credono che la libertà e la cultura consistano semplicemente nella libertà e nella cultura di demolire gli altri, o di ignorarli se non c’è un preciso “interesse”. A quest’Italia, caro Direttore, preferisco l’Italia che ostinatamente fa senza pifferai e incantatori di serpenti al seguito. E ti do atto che di quest’Italia parli sul tuo puntuale e coraggioso giornale online.

 

Con amicizia

 

Caro Di Consoli,

grazie per questa lettera che, vedi, pubblico come editoriale perché quanto tu scrivi è esattamente il progetto che ha fatto nascere questa rivista on line, ovvero la necessità di focalizzare l’attenzione su quel che c’è di positivo nella nostra cultura e far perno su quello per muovere le leve che vorremmo potessero sollevare questo nostro sciagurato paese.

Non commento il progetto (bellissimo) che state offrendo al pubblico affinché non si debba pensare che anche noi cadiamo nell’usata pratica complimentosa e sempre pronta a dir bene degli amici.

Quel che dici sulla responsabilità dei nostri intellettuali, ai quali piace solo far polemica e non si occupano di quel che c’è di buono, è sconsolatamente vero, con una chiosa però.

Mi sembra che il gioco al massacro, che provoca il corto circuito fra Rai e cultura, abbia una madre, l’ audience, mostro sacro al quale chiunque compie sacrifici di qualità a favore della quantità, e vari padri, tutti ugualmente responsabili, ma rigorosi nello scrollarsi di dosso ogni addebito.

Chiamo in correità la vanità degli intellettuali, che pur di apparire accettano di fare qualunque cosa neanche fossero un principe Filiberto qualunque: sono disposti a parlar bene di un libro orrendo senza averlo letto, più raramente male, sempre a prescindere dalla lettura, se questo serve a renderli più adatti al ruolo, sempre televisivamente efficace, di disturbatore.

Chiamo in correità la deriva della professionalità estetica, ovvero la necessità di far parlare di cultura conduttori che hanno come requisito un bel faccino, ma scarsa dimestichezza con l’argomento.

Chiamo in correità infine tutta la classe politica che bene o male governa la Rai, e che si riempie la bocca sulla più grande azienda culturale italiana, ma se ne occupa solo per trovare un‘occupazione a qualche bel faccino o quando c’è da chiedere i biglietto per la serate di Sanremo!

Caro Di Consoli, grazie per quello che fai. Che fate. Grazie a chi ti permette di farlo.

E grazie ai lettori che ci vorranno scrivere. La Rai è di tutti e forse è arrivato il momento che tutti facciano sentire la propria voce.

Simonetta Bartolini

 

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Roberta il 06/02/2012 22:23:41

    Non mi stupisce affatto la cosa, i giornalisti e gli intellettuali italiani si sperticano in lodi solo quando sono loro a fare le cose o i loro amici!

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