DUE SUCCESSI E UNA DENUNCIA PER PLAGIO

Fra naturalismo e verismo: Verga e Mascagni

Arriva al Maggio Musicale Fiorentino Cavalleria Rusticana

di Niccolò Andreotti

Fra naturalismo e verismo: Verga e Mascagni

Una vera e propria comunanza d’intenti e una sorta di parallelismo dei rispettivi itinerari creativi sembra caratterizzare le esperienze dei due fondatori del verismo e del naturalismo italiano: Giovanni Verga e Pietro Mascagni.

13 gennaio 1884: una giovane ma già carismatica Eleonora Duse e Flavio Andò sono i protagonisti delle scene “popolari” di Cavalleria rusticana di Verga, tratta dall’omonima novella pubblicata nel 1880 in Vita dei campi. Il palco è quello del Teatro Carignano di Torino.

17 maggio 1890: il Teatro Costanzi di Roma registra il grandissimo successo di Cavalleria Rusticana, opera in un unico atto, nonché debutto assoluto del compositore livornese Pietro Mascagni: si trattava del lavoro che era riuscito a vincere un concorso dedicato ai giovani compositori e organizzato dall'editore milanese Edoardo Sonzogno due anni prima.

Soltanto sei anni dunque dividono la trionfale affermazione del teatro verista e il clamoroso avvio Giovine Scuola Italiana, gruppo di operisti italiani emergenti a cavallo tra il penultimo e l'ultimo decennio del XIX secolo. Lo stesso destino sembra accomunare i due lavori anche nelle reazioni entusiastiche, da autentico coup de foudre, che essi seppero suscitare nel pubblico fin dalle prime apparizioni. Oltre alla clamorosa rottura nei confronti dell’idealismo di stampo romantico che trovava i suoi principali punti di riferimento in Manzoni e Verdi, chiave del successo è sicuramente, tanto nella Cavalleria teatrale quanto nella sua incarnazione musicale, l’utilizzo di un fatto di cronaca nudo e crudo, di una tranche de vie basata su sentimenti, impulsi, conflitti sanguigni che viene restituita in presa diretta. Non è un caso infatti che lo stesso Mascagni chiese a Giovanni Targioni-Tozzetti e a Guido Menasci ‹un libretto strettamente attaccato all’azione del Verga, aggiungendovi semplicemente qualche brano lirico per vestire la nudità della tragica vicenda›: tale libretto è una traduzione quasi letterale dell’originario lavoro teatrale del Verga e da questo libretto nascerà una delle cause legali per plagio più famose della letteratura italiana. Che cosa è successo esattamente e di chi sono le responsabilità di quanto accaduto?

Nel 1889 Il musicista, senza dire niente a Verga commissionò ai due librettisti il compito di ricavare dal dramma Cavalleria rusticana che continuava a mietere successi nei teatri la trama di un'opera lirica in un atto e ne scrisse la musica. Fu soltanto dopo aver vinto meritatamente il concorso di Sonzogno che il compositore livornese scrisse a Verga per chiedergli l'autorizzazione a far rappresentare l’opera riconoscendogli il diritto di imporre i patti che avrebbe ritenuto ‹utili o necessari›. Lo scrittore siciliano diede il consenso. Il Mascagni si premurò di ringraziarlo con una lettera nella quale gli scrisse tra l'altro: ‹Io vivo qua a Cerignola da quattro anni, dimenticato, abbandonato da tutti; e la mia vita è stentata; è vita di privazioni, di miseria. Oggi vedo un avvenire, dovuto al mio studio, al mio lavoro e soprattutto alla Sua ‘Cavalleria’ che m'ispirò una musica appassionata e teatrale›. Dopo l’enorme successo dell’opera Verga chiese a Mascagni e alla casa editrice Sonzogno ‹la quota degli utili sugli introiti stabilita dalla legge sui diritti d'autore›. Fu l'inizio di una vera e propria "guerra giudiziaria" che si protrasse per molti anni e che probabilmente è all'origine di quello ‹schifo› in forza del quale Verga, tornato nella natia Catania, si ritirò in uno sdegnato "silenzio letterario" che conserverà fino alla morte e che non sarà lenito neppure dalla nomina a senatore.

Ad ogni modo a noi oggi restano tre capolavori assoluti: la novella e il dramma di Verga e l’opera di Mascagni, destinata a conquistare nei prossimi giorni tutti coloro che sono riusciti ad assicurarsi la poltrona al Maggio.

 

 

Trama dell’opera[1]:

Durante il preludio, Turiddu canta una serenata a Lola, la ragazza che amava ma che, tornato dal servizio militare, ha trovato sposata col ricco carrettiere Alfio. Si apre quindi il sipario: è l’alba della mattina di Pasqua, nella piazza di un paese della Sicilia. Santuzza, l’amante di Turiddu, saputo che il giovane è stato visto a tarda notte nei pressi della casa di Lola, lo cerca all’osteria di Lucia, la madre del giovane. Il dialogo delle due donne è interrotto dall’arrivo di Alfio e dei paesani diretti in chiesa. Giunge Turiddu e Santuzza l’affronta, rinfacciandogli il suo amore per Lola; egli dapprima nega, poi mostra irritazione per la gelosia della ragazza. La discussione è bruscamente troncata dalla comparsa di Lola che entra in chiesa canticchiando un stornello allusivo alla sua passione per Turiddu. La lite degenera: egli, spinta a terra Santuzza, corre in chiesa e la donna, al colmo dell’ira, gli augura la “mala Pasqua”. Inoltre, tornato in scena Alfio, gli rivela il tradimento della moglie. Dopo un Intermezzo sinfonico, la folla esce dalla chiesa; Turiddu invita gli amici per un brindisi e offre da bere anche al carrettiere. Il suo rifiuta sdegnoso è però un chiaro segno di sfida e Turiddu, seguendo il codice d’onore rusticano, lo accetta abbracciando Alfio e mordendogli un orecchio. Quindi, dopo aver esortato la madre a prendersi cura di Santuzza, si precipita sul luogo deciso per il duello. Velocemente un grido riempie la scena: “Hanno ammazzato compare Turiddu!”.

 

 

 

Date spettacoli:

Giovedì 23 ottobre, ore 20:30

Domenica 26 ottobre, ore 15:30

Martedì 28 ottobre, ore 20:30

Giovedì 30 ottobre, ore 20:30

Domenica 2 novembre, ore 20:30



[1] Dal sito del Maggio Musicale Fiorentino http://www.operadifirenze.it/it/

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