fine luglio 1944 XXII, tardo pomeriggio

La 500 a Gassogeno -Quarta Parte-

sono estasiato che è tornato il fresco e posso aprire la finestra dopo giorni di calore. mi turbinano i ricordi come quello che ti stavo raccontando

di Piccolo da Chioggia

La 500 a Gassogeno -Quarta Parte-

Prato della Valle

VI              

fine luglio 1944 XXII, tardo pomeriggio.

è bello. pioviscola sulle nostre ombre e sulle case. son stato fuori oltre due ore a bighellonare. un ricordo si rammenta davvero suggestivo: agosto il 14 o il 15 di due anni addietro era un dì proprio come questo, con pioggia leggera e luce. passeggiavo lungo il Prato della Valle e osservavo alla mia sinistra, direzione est, la Santa Giustina ovvero il cielo sopra essa. era la luce veneta, quella che l'Arcangelo Berico con la sua viva intelligenza mi aveva fatto scoprire nei capolavori del 500 veneziano e veneto in genere. che illumina i quadri del Carpaccio, dei Bellini, di Palma, Giorgione e Tiziano.

geograficamente la esplico così: il sole del mattino sulla pianura veneta arriva, e direttamente attraverso le nubi, e di riflesso con lo specchio delle acque adriatiche, a permeare le particelle di vapor acqueo dell'aria. se pensi che il Canaletto aveva addirittura codificato nelle incisioni il tratto da dare all'ultimo orizzonte in modo da dar l'idea delle "arie" o dei "vapori" e quindi indurre nel disegno il senso fisico e spaziale di profondità puoi ben immaginare come la cosiddetta "luce veneta" sia una peculiarità assai interessante del nostro paesaggio.


termino qui. sono estasiato che è tornato il fresco e posso aprire la finestra dopo giorni di calore. mi turbinano i ricordi come quello che ti stavo raccontando. li proseguo stasera. ora mi sdraio sul mio giaciglio un istante e poi torno all'aria aperta.  


Figura 3 Il Prato della Valle in una stampa acquerellata di fine 700 davvero suggestiva. È plausibile che così lo abbia visto Stendhal. I colori rappresentano magnificamente la luce di certe giornate nuvolose di primavera.


VII   

fine luglio 1944 XXII quasi notte. 

è una bella sera d'estate. Il cielo si copre di qualche nube notturna e accende i fanali di posizione del firmamento. sono nella casa di riva Paleocapa. c'è l'oscuramento e il coprifuoco ma io ho il lasciapassare del B.d.S. di Verona. nessuna pattuglia della Feldgendarmeria o della Polizia Federale del Partito può impormi di andare a letto. sotto la mia camera, nel portico che dà sulla riva c’è il ricovero del carretto del fratello della signora e lì abbiam fatto un po’ di posto anche alla mia 500 con un bel doppio sacco di trucioli dietro i sedili casomai dovessi partire all’improvviso.

ora mi metto a disegnare una stilizzazione di quello che vedo dalla finestra. c'è luce sufficiente anche dalle stelle. e poi io non devo disegnare tutto l'esatto visibile. cosa di cui peraltro non sono troppo capace. è piuttosto l'esatto intuibile che vorrei tradurre in segni e figurare sul foglio.

poi voglio metter anche i colori.

 

ecco là la severa torre di Ezzelino che alza il guardo alle stelle. e queste brillano sull'acqua del canale. non temono certo i bombardieri argentei.

arriva il mattino?

guardo l'ora. è ancora ieri. Sono le 23 e 46. 


VIII 

primi d’agosto 1944 XXII. quasi notte

sono appena salito dalla rimessa dove c'è il carretto. sotto il portico. esattamente sopra questo c'è la mia camera le cui due finestre vedono il canale orlato dai salici. voltando di un poco il capo e chinandosi sul davanzale in odo da sporgere il capo di fuori vedi la bella torre desolata.

accendo la radio a valvole: è un prodigio della Telefunken modello 1942. il Reichssender trasmette Hänsel & Gretel dell’indimenticabile Engelbert Humperdinck. ci pensi che Wagner nel 1882 lo aveva proposto come direttore del conservatorio al senato veneziano? e sai cosa han risposto quei colti signori? che avevano già scelto un altro direttore. ne deduco che dovevano esser ben più esperti di vini che di musica.

la riva dorme e la musica a basso volume la sentirei anche se fossi ora seduto sulla riva erbosa qui dirimpetto.

avrei la scenografia stellata degli astri sopra di me e quella a fronde dei salici pure.


IX 

primi d’agosto 1944 XXII notte.

la mia 500 a gassogeno è al sicuro nella rimessa. a lato del carretto col quale il fratello va due volte la settimana dalla loro cugina sui colli a prendere erbe e ortaggi. mi nominavi tempo addietro l’antiquata mitologia. ecco allora che ti ricorderai della nave "skidbladnir" dell'Edda. questa in porto si ripiega come un fazzoletto e la si mette in tasca. quando serve la si ristende e in essa vi è posto per albergare i superbi Asi e i bravi Vani. Odhinn e Thorr coi fratelli Njordh e Freya. e la nave ha per i prodigi che tu sai il vento sempre in poppa. e ricordi il cavallo di Odhinn che trotta e galoppa sulle otto zampe ed è rapidissimo? cos'è allora la mia minuscola vettura se non un’ulteriore possibile trasformazione di questa favola? è minima e sta in quell'astuccio che è la piccola rimessa sotto il portico. ha sempre il vento in poppa perché le basta qualche sacco di trucioli di falegnameria e ti porta dove vuoi anche se si fossero interrotte tutte le forniture di benzina. come avviene ora. le sue quattro ruote quando rotolano infaticabili sulla strada che va ai colli altro non sono che le otto zampe del cavallo del buon Odhinn. 

 

fantasia dirai. e però ti par meglio la realtà quale la vedi nuda e cruda ora? è meglio non soffocare la fantasia. se dalla porta viene scacciata la povera fantasia, essa senza più albergo dovrà vagare per la campagna povera e sola nella notte. e non credo che dalla finestra rimasta aperta rientri facilmente. di lì entrano i fantasmi della realtà. Non sempre belli.

povera e sola vai tu o filosofia scrisse il burbero Schopenhauer. e noi possiamo tradurre al momento, senza troppo errare, filosofia con fantasia. 

 

il torracchione dell'osservatorio se ne sta lì impalato e attende l'aurora di domani. in compagnia degli snelli campaniletti bizantini delle chiese padovane.  sono come dei poveri granatieri d'un battaglione del grande Federico di Prussia travolto dal nemico soverchiante. fin troppo visibile nei palazzi di cemento sbrecciato dalle bombe. ma serbano l'ordine e un po' di quel decoro militare che ci fa nobili. io vedo il torracchione dalla mia finestra e come lui miro il cielo stellato sopra di noi. in omaggio al filosofo di Konisberga.

mi immergo nella contemplazione delle stelle che roteano lente e brillanti nei loro sentieri di quel monte immenso che è il firmamento. come vedi fa di nuovo capolino senza volerlo la mitologia. Olimpo ellenico o monte Meru dei Veda.

 

in onda dal Reichssender la sinfonia “in C major” di Richard Wagner. una bella e trepida attesa dell'aurora. poi a un tratto i cavalli del compositore di Lipsia vengono scatenati e si avviano al galoppo. si vede il primo chiarore dietro i salici della riva. sono qui che attendo anch’io questi cavalli. voglio salire pure io sul loro carro e volare verso la loro sorella aurora albeggiante e rosea. 

prima di partire voglio salutare a una a una le foglie dei salici e le oche che tutto il dì nuotano giocano e strepitano nello specchio d’acqua corrente dinanzi le mie finestre. mi hanno fatto compagnia.


X  

agosto 1944 XXII quasi notte.

buonanotte alle stelle e bene arrivate a giocare a rimpiattino dietro le nubi. ma non fatemi contare fino a 1000 prima di voltarmi per cercarvi se no non c'è più gusto al giuoco.

la signora che mi ospita mi ha fatto trovare stasera sulla tavola erbe dei colli colte dal podere curato da suo fratello e dalla loro cugina. erbe varie, con del pan di segale che viene da un forno qui nei pressi. e del cacio che viene dall'altipiano.

ora esco un minuto a far quattro passi sull'argine del canale a veder se le povere oche già dormono. stasera nessun allarme antiaereo. nubi. e anche gli americani che volano verso nord a bombardar Vienna avranno preso qualche cannonata di troppo dalla Flak la volta scorsa e hanno deciso di non rischiare oltre.

il Reichssender ha trasmesso poco fa alcune delle sinfonie del magnifico Beethoven nella trascrizione per piano di Franz Liszt. che meraviglia! doveva esser così che le udì il titano di Bonn quando la notte nella sua casa alla periferia di Vienna dopo essersi letto tutti i giornali del dì al caffè e averli innaffiati di buon vino le ricomponeva, frase per frase dallo spartito, suonandole al piano. 

del camerata Evola nessuna traccia. forse si intrattiene a Desenzano all'Ispettorato.


la torre dorme. come un granatiere che si sia fatto prender dal sonno durante il turno di veglia. dorme ma finge d'esser sveglia. confida nelle oche che faranno fracasso quando l'alba arriverà e daranno dunque la sveglia o l'allarme. come nell'antica Roma. e Padova è figlia di Roma. lo dice il duca Virgilio. Antenore troiano qui si fermò e qui ancora dorme sotto un chiostrino isolato in riva Tito Livio a un dipresso del ponte romano. così almeno raccontano.

l'acqua del canale scorre lenta come il filo di Vov che la moglie attempata versa al nel bicchiere al marito pure anziano per misurarne la dose in guisa di non fargli alzar troppo il gomito.

conosci questo cordiale all'uovo? i padovani del tempo napoleonico lo chiamavano zabaglione e lo si beveva in gran pompa al caffè Pedrocchi. addirittura c'era chi, come il buon canonico amico di Stendhal, che lo racconta in quel prodigio di quadretto che è la prefazione alla sua Certosa, mandava il nipote al caffè per ordinarne una chìcchera e riportarla fumante di bevanda calda a casa. qui la si sarebbe versata in tazze per sorbirla coll'ospite illustre in quel salottino arredato con buon gusto pur nella semplicità dove l' allora tenente della Grand'Armée passò delle bellissime ore prima della grande avventura.

che sia di presagio anche a me che ti racconto questo, qui in questa accogliente camera in fondo non lontana dalla casa dove fu ospite Stendhal, e sto per partire per l'avventura di Vienna col compagno che attendo?

speriamo in bene. e confidiamo nelle stelle. lo sai anche tu che studi il latino: fata nolentem trahunt, volentem ducunt.




Figura 3 Il famoso Caffè Pedrocchi in una litografia del primo ottocento, esattamente come lo vide Stendhal.


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