Editoriale

La danza delle spade, il balletto delle teste, la selvaggia spettacolarizzazione della morte

Vediamo tutto e di tutto filtrato dallo schermo che sterilizza e ci rende guardoni abituati all'indicibile, e l'abitudine induce l'emulazione

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

l vocabolario dello sdegno a buon mercato, l’indignazione a un tanto al chilo, le più fantasiose e apocalittiche contumelie si sono scatenate in occasione del barbaro assassinio di James Foley, il reporter  americano  che sicuramente non avrebbe mai potuto prevedere la natura del suo ultimo servizio. Ragazzo in gamba, coraggioso fino all’inverosimile …. Una delle tante assurde vittime di un conflitto ancora più assurdo, suscitato – per  loro esplicita ammissione – dalla pazzesca follia degli Stati Uniti, che ancora una volta hanno colpito il nemico sbagliato e soprattutto coltivato l’alleato sbagliato, destinato a trasformarsi nel peggiore degli incubi: il sedicente “califfo” dell’Isis e la sua banda di tagliagole.  

Questo ovviamente non giustifica i deliri di certi esponenti a cinque stelle ma  zero rotelle cerebrali, e neppure l’ultima provocazione di Massimo Fini, di solito più brillante e acuto nei suoi affondi.  Certo bisognerebbe avere il coraggio di puntare una volta per tutte il dito sui danni mostruosi provocati dall’imperialismo Usa e ricordare una volta per tutte che il terrorismo islamico ha le sue radici anche nelle “strategie” del Pentagono. Ma questo è un altro argomento, degno di altra penna che non quella di chi scrive.  

Ci sarebbe se mai da ricordare sommessamente – e senza togliere nulla a Foley – che per una morte spettacolare che fa fremere i petti di sacra indignazione ce ne sono tante, troppe, tantissime che si consumano quasi quotidianamente, nel silenzio e nell’incuria generale.  Un  nuovo vero e proprio martirio che sta dissanguando alcune comunità cristiane  e del quale finalmente si è accorto persino papa Francesco, forse dopo che Antonio Socci gli ha da par suo rimproverato la sua grande “tiepidezza” in materia. E pensare che a un pontefice della  statura di Pio XII è stato rinfacciato un non sufficiente impegno nella tragedia della Shoah, malgrado tra gli stessi ebrei non siano certo mancati numerosi testimoni del contrario. Pio XII agiva in silenzio, ma agiva, senza contare il contesto storico del tutto diverso:  la Germania di Hitler, almeno tra la fine degli anni trenta e il 1942 controllava buona parte dell’ Europa. l’Isis ancora no, per quanto se si continua di questo passo ….  

Ma le “anime belle” pronte a indignarsi per le presunte omissioni di Pacelli, difronte ai balbettii di Bergoglio tacciono o addirittura approvano, in attesa di fermare il massacro ma …. possibilmente non con la forza, dice Francesco.  E come allora, con un vigile urbano?

Ma il punto non è neppure questo.  C’è una cosa  in tutta questa pazzesca danza macabra che supera in orrore persino le più stanche fantasie dell’Autunno del Medioevo, e che nessuno o quasi si degna di mettere in rilievo: la spettacolarizzazione della morte nei suoi dettagli più macabri e orrendi. Da questo punto di vista, l’Isis ha fatto un singolare regalo all’Occidente: un bellissimo video con cui baloccarsi, che è circolato in varie versioni e in varie salse per diversi giorni e ha fatto furore sui Social Network, al punto che – guarda caso- è di ieri la notizia di una povera donna barbaramente decapitata a Roma da un folle in tenuta mimetica e maschera da giardiniere. Un folle è un folle, si dirà; certamente. Ma la follia può anche essere stuzzicata e provocata ….

Sarà anche una bufala che la storia si ripete, o i corsi e i ricorsi storici del grande Vico. Forse non si ripeterà nello stesso modo, anche perché i contesti cambiano: paragonare ad esempio l’imperialismo romano a quello Usa sarebbe ridicolo e anche assai irrispettoso nei confronti del divo Augusto, del quale ricorre tra l’altro il bimillenario della morte e avrebbe tutto il sacrosanto diritto di fremere di indignatio a sentirsi paragonare a un Obama qualsiasi. Anche perché l’imperialismo romano era sicuramente duro e spietato per molti aspetti, ma ha anche lasciato tracce indelebili di civiltà. Ma ci sono senz’altro delle costanti che ritornano anche a secoli di distanza.

Più di uno studioso ha messo ad esempio in risalto come il sadismo sia stata una componente non certo secondaria di quel pazzesco macello, per due secoli osannato e tutt’ora considerato un evento radioso del genere umano, che fu la rivoluzione francese.  Si pensi alle megere sotto la ghigliottina, che sin dal primo mattino si affannavano a procurarsi un posto in prima fila per assistere sferruzzando al macabro balletto delle teste che cadevano. E le stesse orrende befane ghignanti difronte a quella vera e propria catena di montaggio della morte che era  diventata la ghigliottina (si arrivò a ben settantatre esecuzioni in tre giorni)[1] si trasformavano magari la sera in nonnine affettuose, che come storiella della buona notte raccontavano ai nipotini che bel balletto aveva fatto quella testa prima di cadere nel cesto . “Santa ghigliottina è nella sua più brillante attività e il benefico terrore produce qui, in maniera miracolosa, ciò che non si doveva sperare, almeno da un secolo, dalla ragione e dalla filosofia” assicura entusiasta nel 1794 il cittadino Gateau, amministratore delle sussistenze militari.[2].

Oggi non è più necessario prenotarsi un posto “al sole” in piazza della Rivoluzione o piazza S. Antonio: il tutto è molto più comodo, è a portata di clic. Invece delle urla di giubilo della canaglia giacobina e dei suoi lerci accoliti, c’è tutta una vasta gamma di commenti – dall’indignazione, ai “mi piace” all’ammirazione neppure tanto mascherata dei soliti pazzi invasati – che però rivelano tutti la profonda vena di disumanità e di sadismo che attraversa questa nostra civilissima era contemporanea, in cui la decapitazione è tornata a far spettacolo e il corpo straziato di un bambino  fa quasi parte dell’immaginario quotidiano: e con tanto di tifoseria, per cui “fa pena” solo se è della “parte giusta”. C’è solo una piccola differenza con il passato, che il tutto non ci tocca, è filtrato da un comodo e rassicurante schermo, il colore e l’odore del sangue non ci arrivano  per niente: in fondo, è come essere al cinema, che con certi mirabolanti “effetti speciali”ci aveva  preparato al festival della macelleria.   Per ora, almeno ….



[1] Daniel ARASSE,  La ghigliottina e l’immaginario del terrore, Milano, Xenia, 1988, p. 157.

[2] Ibidem, p. 7. 

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