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Scarabocchi lagunari

Si immagini di ammirare la regalità architettonica della basilica di San Giorgio Maggiore in una giornata di nebbia luminosa

Qui e ora è argomento solo di alcuni scarabocchi del tutto rudimentali nel senso latino del termine

di Piccolo da Chioggia

Si immagini di ammirare la regalità architettonica della basilica di San Giorgio Maggiore in una giornata di nebbia luminosa

Si immagini di ammirare la regalità architettonica della basilica di San Giorgio Maggiore in una giornata di nebbia luminosa. Evento atmosferico non del tutto raro quando, in fine inverno, nei dì che si allungano, il sole che invisibile sovrasta la coltre dei vapori e delle nubi, diffonde una luce abbagliante che penetra l’aria in ogni direzione e annienta le ombre. In tali momenti, la costruzione del Palladio e poi tutte le architetture veneziane si ergono come cristalli, ora quasi trasparenti per il candore delle pietre, ora lievemente colorati in virtù della nebbia che smorza il vigore delle tinte sugli intonaci. Palazzi e chiese, case e campanili stanno come sospesi sulle acque e si illuminano della nebbia rischiarata dalla volta celeste. Ovunque si volga lo sguardo appare un’ inesplicabile spettacolo di bellezza . A questo punto, caduto qualsiasi riguardo al mezzo espressivo e a qual dono si possegga per l’espressione, prorompe invulnerabile una sorta di navigare necesse est che è il navigare di una penna, e in esteso di una mente, sul bianco mare di un foglio qualsiasi che aspira a farsi rappresentazione in miniatura di quanto si vede. 

Sul foglio può dunque nascere della poesia, può comporsi della musica, possono esser dei disegni. E ciò per dire che è una volontà che si manifesta e ricrea attraverso i mezzi dell’arte, filtrato dal ricordo e dalla fantasia che accentuano certi tratti e altri trascolorano, un qualche frammento dello spettacolo mirabile. Qui è argomento solo di alcuni scarabocchi poco più che rudimentali. E sono visioni ora di arcadie lagunari, ora di costruzioni incombenti e paurose. Alle architetture elleniche dalle pietre secolari imbevute di luce, ai quieti templi romani equilibrati dalle ombre di alberi, a case e ponti lagunari, si compongono segni antichi, quali il delfino di Apollo o la “linea summae tenuitatis” o l’ IOS, l’ enigmatica sigla del medioevo germanico, divenuto forma plastica. 

E su tale distesa luccicante di acque che tese a specchio riverberano i moti del cielo, in questo paesaggio che è solo interiore, pure se non impossibile, avviene l’innesto chiaro ma non dominatore, di architetture e segni della tradizione russa, declinata nel passato lontano e eroico dal veliero che risale i fiumi, e poi dalle basiliche costellate di cupole d’oro, dalle fortezze erte su isole, per compiersi nelle filigrane spaziali del costruttivismo. A volte l’ornamento di molte architetture che appare naturale è quello, radicato nei geometrismi ellenici, delle forme suprematiste.

Una zattera ben rifinita e di pianta armonica alberga delle strane filigrane costruttiviste. Su di un’antenna campa un modello stilizzato di sterna ad ali spiegate. E su di un’altra sventola una coppia di banderuole. La struttura a tetraedro irregolare conferisce un minimo di solidità alla filigrana effimera. Un legno a vela procede nello specchio d’acqua antistante la regale basilica di San Giorgio Maggiore. Un aerostato fluttua nel cielo popolato che in profondità tende all’oscuro di nubi piovose.


San Giorgio è il santo che uccide il drago. Ha un particolare culto nella Russia di sempre. Dei cosacchi di Krasnov hanno elevato a lato della regale basilica del Palladio, nell’isola limitrofa un tempio per il loro culto ortodosso. Dalle mura si levano le cime arboree con i collari di fronde, l’edificio russo lascia svettare le sue cinque cupole. Sullo specchio d’acque antistante la basilica procede una vetusta nave degli antichi Rus’, legno affilato per mari procellosi e a due prore. La nebbia dissolve le ombre e stende un manto luminoso ovunque.

Da qualche parte nella città cristallo sulle acque o in un’isola ad un dipresso entro la laguna pare sorgere un sestiere per i Rus’. Case con i comignoli a tronco di cono rivoltato, ponte con banderuole per transitare i devoti alla chiesa con le cinque cupole svettanti. Dietro di questa si apre un giardino ombreggiato da alberi e si eleva un’architettura ad arco sovrastato da una plastica. Un principe Igor che impartisce ieratico ordini ai suoi arcieri. O un Rurik che mira il cielo. Scena interminata entro cui si addentra una gondola e un legno a vela attende in ormeggio il suo pilota. Nell’aria si ode un canto sulle rime del Metastasio

Pria di lasciar l’onda

Il buon nocchiero imita

Vedi se calma è l’onda

Guarda se chiaro è il dì

Voce dal sen fuggita

Poi richiamar non vale

Non si trattien lo strale

Quando dall’arco uscì

In primo piano la plastica d’un sorridente delfino si attorciglia all’àncora e un obelisco è ornato da intarsi di pietre dure e colorate. Suprematiste.

 

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