Editoriale

La prof presunta lesbica e la scuola cattolica, ovvero del fariseismo mediatico

I fatti sono noti, ma come quasi sempre in questi casi,presentati in forma distorta e falsificata

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

ay – o lesbo – è  bello, anche in cattedra; e guai a non essere d’accordo.  Se non si fosse in pieno luglio, ci sarebbe da figurarsi la scena. Brave cielline –cigielline pronte a trasformarsi in virulente pasionarie, magari anche qualche bel  corteo di solidarietà e già che ci siamo, perché no, pure qualche “okkupazione”.  Invece, per somma sfortuna, il caso dell’insegnante presunta seguace di Saffo a cui non è stato rinnovato il contratto in una scuola cattolica  di Trento, l’istituto Sacro Cuore,  è capitato in piena estate, mentre al ministero della pubblica distruzione ne stanno studiando qualcuna di nuove per mandare al macero quel che resta della scuola pubblica.  Ma queste ovviamente sono bazzecole in confronto ….

Cotanto episodio  non meriterebbe neppure di esser rilevato (se non per dare ragione alla superiora della scuola, che ovviamente è stata fatta oggetto del solito, democraticissimo linciaggio mediatico dai soliti noti) se non fosse per la disgustosa, mielosa e ipocrita ondata di politically correct che sta montando e rischia di trasformarsi nel solito  j’accuse  contro la Chiesa ma soprattutto contro i cattolici, visto che parte della gerarchia, e per certi aspetti lo stesso papa Francesco, considerano ormai con fastidio e sufficienza i temi etici. Non ci sarebbe da stupirsi infatti se partisse l’ennesima telefonata di Bergoglio … di solidarietà all’insegnante in questione. E  chissà che non vada oltre una semplice telefonata , e non imponga lui stesso  la riassunzione!

I fatti sono noti, ma come quasi sempre in questi casi,presentati in forma distorta e falsificata. L’insegnante non è stata licenziata, non le è stato rinnovato il contratto a tempo determinato che era scaduto. Differenza insignificante? Se è così, il ministero della Pubblica Istruzione cominci subito a riassumere – e in pianta stabile – tutti i precari che licenzia regolarmente a giugno o agosto, che siano omo o etero sessuali, zoofili o  alienofili; e soprattutto, che siano buoni  insegnanti  (come spesso sono i precari, più di tanti di ruolo)  o somari patentati.   Il dramma del precariato è oggi presente ovunque e la scuola non fa purtroppo certo eccezione, anzi!

Ma anche tralasciando questo particolare – comunque tutt’altro che insignificante  -  quello che desta sconcerto  è il polverone che il caso ha suscitato e sta suscitando.   Alcune associazioni gay, basandosi sul fatto che la superiora dell’Istituto avrebbe offerto alla professoressa un “percorso riabilitativo” tirano addirittura in ballo Buchenwald e i campi di sterminio,  e parlano di “ricatto occupazionale”.

Ma chi arriva a sfiorare addirittura il ridicolo è, tanto per cambiare, il ministro della pubblica istruzione Stefania Giannini: “Il Miur valuterà il caso di Trento con la massima rapidità e con un confronto chiaro e doveroso con le parti coinvolte. In queste ore sto raccogliendo gli elementi utili a comprenderne tutti gli aspetti. Laddove ci trovassimo di fronte ad un caso legato ad una discriminazione di tipo sessuale agiremo con la dovuta severità". [1] Il solito Scalfarotto poi non si lascia scappare l’occasione per strillare all’omofobia e chiedere con ancor più forza gogne e forche per chiunque non sia disposto a considerare l’omosessualità un dono del cielo.   

“Ci dissociamo in modo chiaro e assoluto da qualsiasi comportamento discriminatorio che possa ledere la dignità umana in tutti i suoi aspetti", ha affermato il presidente del Comitato regionale Forza Italia Trentino Alto Adige, Enrico Lillo, evidentemente fedelissimo alla linea Dudù – Pascale, rimbeccato però dal coordinatore regionale giovani  Alessandro Bertoldi, che nella vicenda sente odore di vittimismo a buon mercato per ottenere un’assunzione da qualche altra parte [2].

Tutti i paladini della signora in questione dimenticano però un piccolo particolare: che se le preferenze sessuali di ciascuno rientrano nello stretto privato e nessuno ha il diritto di interferire, l’omosessualità è comunque incompatibile con il cattolicesimo. Si può dissentire fin che si vuole da questa posizione e certo la scuola statale  non deve tener conto di cose del genere, almeno sin quando rimangono nella sfera personale; ma questo vale sempre e comunque per tutti i docenti,di qualsiasi orientamento sessuale e possibilmente anche politico, mentre è fin troppo noto come non manchino certo insegnanti che tendono ad usare e senza neppure un minimo di pudore le proprie cattedre come strumenti di indottrinamento ideologico: e questo sì, nella scuola pubblica e senza che nessuna delle solite vestali si metta ad ululare o belare (anzi ...)

Una scuola cattolica però ha il pieno diritto - dovere di pretendere dai propri dipendenti di aderire a un progetto educativo conforme ai  principi e valori cristiani , anche perché chi vi manda a studiare i propri figli non lo fa certo perché questi siano educati alle teorie del gender o della piena equiparazione della famiglia naturale con la “famiglia” gay;  anche questo, almeno fino all’ approvazione del decreto Scalfarotto dovrebbe restare per le famiglie un diritto indiscutibile.  Qualcuno punta il dito sul fatto che, bene o male, anche le scuole paritarie godono di finanziamenti pubblici: ma a parte il fatto che in ogni caso lo studente di una scuola paritaria costa pur sempre molto meno allo stato di uno di una pubblica (le rette per questo tipo di istituti, pagate dalle famiglie,  sono per solito piuttosto care)  perché allora non chiedere a un giornale che goda di finanziamenti statali di assumere  qualcuno in pieno contrasto con la propria linea editoriale?  E magari proprio a un giornale di sinistra … 

Il punto centrale della questione è proprio questo: nella nota di chiarimento diffusa dalla scuola, non solo si ricorda che l’insegnante era a tempo determinato e il contratto le era scaduto, ma anche  che  “ nel colloquio, non dirimente, (tra la superiora e l’insegnante, n.d.r.)  si voleva solo capire qualcosa di più riguardo ad alcune lamentele espresse da alcuni genitori, alunni e colleghi, riguardo ad alcune sue affermazioni in classe (varie persone avevano espresso lamentele riguardo ai discorsi dell’insegnante sulla sessualità, considerandoli inopportuni, fuori luogo e non compatibili con l’ambiente scolastico …) “ [3]

 Anche in una scuola di stato sarebbe lecito aspettarsi una buona dose di prudenza nell’affrontare certe tematiche, se proprio si considera indispensabile farlo: ed è sin troppo noto come non sempre questo accada e quando succede le più che legittime proteste di genitori e famiglie sono per solito taciute o accolte con palese disprezzo.  Quello che infatti Scalfarotto e gli omofili ad oltranza sembrano dimenticare è che non esiste solo la sensibilità gay e che il rispetto è dovuto in egual misura a tutte le persone di qualsiasi orientamento;  ivi compreso il diritto di manifestare la propria contrarietà a certi comportamenti, a patto ovviamente di rimanere nei limiti della decenza e di evitare offese di qualsiasi tipo.   E in una scuola cattolica diventa addirittura doveroso, se vuol rimanere fedele ai suoi principi di base; esigenza che trova una sua tutela anche nel diritto del lavoro. [4]

Non si tratta dunque di essere bigotti o bacchettoni, ma semplicemente di richiedere una qualcosa di sempre più estraneo alla società contemporanea e alle sue logiche: la possibilità di vivere in modo coerente ai propri valori e ai propri ideali. Nessuno nega alla signora in questione  il diritto di insegnare,  solo non si capisce perché senta il bisogno di farlo in una struttura che si basa su principi che lei non condivide. In una intervista concessa a  Repubblica, la professoressa, anche se  rifiuta – più che legittimamente – di ammettere o meno la propria omosessualità, non nasconde però  il più completo, totale ed assoluto disprezzo contro la linea non certo “gay friendly” della sua ex scuola:

 “In 5 anni ho sentito volare parole come 'invertito', mai però davanti agli alunni. Ho visto volantini affissi nell'aula docenti dove si pubblicizzava la presentazione del libro Ero gay. A Medjugorje ho ritrovato me stesso. E due anni fa affissero la stampata di una e-mail in cui si consigliavano le linee guida da tenere nei confronti della comunità lgbt"

A  parte il fatto che sono affermazioni abbastanza generiche, non si comprende perché una scuola cattolica non abbia il diritto di non essere d’accordo  con la visione dell’omosessualità delle associazioni    “lgbt”.  Si dimentica forse che anche recentemente ci sono stati nei confronti di papa Benedetto attacchi ferocissimi da parte di settori del mondo gay, senza che nessuno si sia scomposto più di tanto? E se queste cose le davano tanto fastidio, perché la signora non ha dato le dimissioni? In effetti l’intervistatore di Repubblica glielo ha chiesto  (Poteva licenziarsi, ci ha mai pensato?) ma” l’eroica”  risposta è stata questa:  “Beh, tutti abbiamo le bollette da pagare.Quando scegli di fare un lavoro come questo, non stacchi mai. Devi essere coerente. Insegno quello in cui credo: non giudicare nessuno, essere solidali, rispettare i principi della Costituzione". [5]

Della serie “ Francia o Spagna purché se magna.”  Non sembra proprio, cara professoressa, che lei possa permettersi di salire in cattedra per dare lezioni di coerenza a nessuno: si limiti alla sua materia e si spera che abbia più titoli, anche se a quanto sembra non possiede neppure ancora l’abilitazione  E quanto alla Costituzione, essa garantisce – almeno a parole  -   tutti i gruppi e tutti gli orientamenti  Persino i  cattolici ….





[4]  Una accurata analisi da questo punto di vita si può trovarla in http://www.notizieprovita.it/notizie-dallitalia/insegnante-lesbica-facciamo-giustizia/

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da AaronTOK il 13/12/2022 16:35:15

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