Editoriale

La destra? Che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa

«Parleranno tutti quanti,dotti medici e sapienti. Tutti intorno al capezzale di un malato molto grave, anzi già qualcuno ha detto che il malato è quasi morto»

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

a nota canzone di Edoardo Bennato, con il suo andamento deliziosamente classicheggiante, potrebbe essere davvero l’adeguato contrappunto per tutto l’agitarsi che in questi ultimi tempi si fa intorno al tema della” destra” italiana. Comprensibile in clima elettorale, per i soliti …. eletti motivi. Ma dopo?

E vero che ultimamente dal fronte zombie & becchini  si preannuncia un grande ritorno, talmente incredibile che neppure Stephen King si sarebbe azzardato a pronosticarlo: nientemeno che il “prode” Gianfranco, contornato del carro di Tespi di alcuni suoi “colonnelli” che ormai contano meno di un graduato della banda della via Pal (che era senz’altro cosa assai più seria) ma che continuano a credersi il sale della politica italiana. Roba da far ritenere persino Renzi un politico di razza.

C’è davvero chiedersi se in quella zattera della Medusa che è la destra politica italiana ci sia rimasto qualcosa da distruggere, visto che, oltre ai vari Meloni e zucconi storaciani, si riaffaccia anche il campione assoluto di sfascismo nostrano, con un “programma” che per certi aspetti rappresenta l’ennesimo giro di valzer. Non vale assolutamente la pena di starlo a citare o tantomeno a confutare, ma il suo riaffacciarsi e quello della sua “itala” mosca cocchiera fanno pensare che forse c’è in giro qualche altro relitto da affondare!  

Quello che piuttosto incuriosisce, aldilà delle convulsioni delle ultime schegge di AN o dintorni, è il fiorire di analisi e persino di libri sull’argomento della destra italiana, del suo stato di salute o meglio di decomposizione. Ovviamente le analisi lucide e spietate sono sempre benvenute, ma il fatto è che questa volta la diagnosi è terribilmente semplice.

Il problema della destra italiana non è solo quello del vuoto pneumatico della sua classe dirigente. Le varie Meloni, La Russa etc. sono poco o nulla credibili non solo per il già rilevantissimo motivo che sono tutti – nessuno escluso – corresponsabili di un clamoroso fallimento, poiché nella migliore delle ipotesi non hanno fatto assolutamente nulla per tentare di evitarlo, preoccupati soprattutto dei loro ben riparati angolini. Il fatto è che in realtà, nessuno vuole veramente fare una politica “di destra”.

Questo è l’aspetto più bruciante e rilevante della debacle della destra italiana, che fa parere l’epoca del MSI  una vera e propria età dell’oro. In tutti questi anni, durante il ventennio berlusconiano, la destra è stata sconfitta prima di tutto sul piano culturale. Anzi, neppure: una sconfitta presupporrebbe infatti perlomeno un combattimento di cui non c’è stato nemmeno l’ombra. Solo una fuga e una resa incondizionata,  alla ricerca del potere e di un facile  risultato elettorale, costruito però su basi fragilissime.

La sinistra infatti ha non solo mantenuto, ma anche rafforzato la propria egemonia sulla società civile, imponendo nuove parole chiave, nuove gogne mediatiche quali l’omofobia e il “razzismo” (quest’ultima certo non nuova, ma caricata di nuovi significati) con cui imporre una nuova visione della società basata su due punti fondamentali: la distruzione della famiglia tradizionale e la scomparsa di qualsiasi “identità”.  Multiculturalismo e teoria dei “gender” sono diventate parole chiave a cui non solo la destra non ha saputo, ma neppure ha voluto contrapporsi ribadendo quello che dovevano essere “principi non rinunciabili” ; anzi ha addirittura in certi momenti cercato di farli suoi, accettando lo ius soli o il “matrimonio” gay, passando da atteggiamenti a volte davvero eccessivi alla più completa piaggeria.   

Non tutta la destra, si dirà. Certamente: ma quale movimento politico ha oggi il coraggio di ribadire con energia e coerenza il principio della difesa della famiglia (non solo nel senso della tradizione cattolica, ma perlomeno di quella del “diritto naturale” sì!), della vita e della sua difesa, del rifiuto di una immigrazione indifferenziata e selvaggia che si configura come vera e propria invasione? Perché  un movimento di destra deve vergognarsi di combattere l’aborto, l’eutanasia, la “santificazione” dell’omosessualità? (con tutto il rispetto, sia chiaro, delle persone omosessuali, molte delle quali sono le prime a sdegnarsi di certi eccessi).   Non basta poi denunciare il fallimento e l’assurdità di operazioni tipo Mare Nostrum, che fra poco di nostrum avrà solo l’inquinamento; occorre anche rompere decisamente con la logica falsamente buonista  che c’è dietro, imposizioni europee comprese: altro feticcio, quello del culto degli eurocrati di Bruxelles, divenuto più intoccabile della più sacra delle reliquie.

Non serve davvero  evocare lo spettro del Mein Kampf per limitarsi a dire, ma con grande energia e convinzione, che la politica della frontiera colabrodo non fa che peggiorare ulteriormente la condizione di certi disperati  e crea ulteriore confusione e disagio sociale in casa nostra.     

E tutte le migliaia, anzi sicuramente milioni di persone, che invece in certi principi continuano, in misura maggiore o  minore, a riconoscersi? Rimangono condannate a essere orfani politici, oppure a identificarsi in gruppi sparsi più o meno organizzati, alcuni di notevole livello, ma altri decisamente sul pecoreccio – focloristico o demenzial nazi pop e dintorni.

Manca una Le Pen italiana, dicono in molti. In realtà, il Front National è una esperienza francese difficilmente esportabile. Chi oggi da noi lancia segnali a volte interessanti è Salvini, ma è difficile dire quanto la Lega possa essere davvero credibile –il passato pesa e non poco anche per lei – anche se oggi bisognerebbe senz’altro farla finita con nazionalismo più gretto e ottuso e aprirsi a idee federali e confederali, che senza distruggere l’unità nazionale diano però finalmente spazio alla grande ricchezza culturale e ai vari patrimoni che essa contiene, oltre che a un po’ di pulizia sul piano di tante, troppe menzogne storiche, a partire dal c.d. “risorgimento”.  Ma un’operazione del genere richiede per l’appunto non solo sensibilità politica ma anche una grande e profonda preparazione storica e culturale, e non slogan approssimativi più o  meno “padani”. 

Insomma, più che di “dotti medici e sapienti” la destra avrebbe bisogno di riscoprire le sue parole chiave e i suoi punti di forza: senza fanatismi e oltranzismi privi di senso e di buon senso, ma anche senza preoccuparsi di chiedere il permesso ai propri avversari per combattere le proprie battaglie, se non addirittura di scusarsi di esistere, anche perché oggi essa deve piuttosto scusarsi di non esistere.

Ritrovare il coraggio dell’ élite, politica e culturale (e non si dica per favore intellettuale), preoccupandosi non solo e non tanto di mandare in parlamento qualche cialtrone e qualche fallito di più, ma veramente “restaurare” la propria visione del mondo, creare opinione, mettere in discussione queste “nuove certezze” che sono poi molto più fragili di quanto non si creda, mettere in moto una società sempre più apatica, omologata e stagnante.  Certo una simile operazione non può essere condotta dai curatori fallimentari di ieri e sopravvissuti di oggi.  Ma questo è un altro capitolo, tutt’altro che semplice da scrivere. 

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.