Editoriale

Evola quarant’anni dopo

Un filosofo per il Nuovo Inizio europeo

Giovanni Sessa

di Giovanni Sessa

a filosofia, per statuto interno e vocazione, in quanto sapere “erotico” animato da una continua tensione conoscitiva ha, quando è autenticamente tale, il tratto della giovinezza intellettuale e spirituale. Carattere che la produzione evoliana ha mantenuto nelle diverse fasi della vita speculativa del filosofo romano. A quarant’anni dalla scomparsa, chiunque apra una pagina di Evola non può che rilevarne la lievità stilistico-contenutistica, la connotazione antiretorica. E l’esser lievi si sa, è tipico dei giovani di spirito, latori di posizioni radicali, estreme ma chiare, assolutamente prive di qualsivoglia volontà compromissoria e/o assolutoria nei confronti della realtà contingente.  

    In ciò è da rilevarsi l’attualità di questo “inattuale”. Egli fu filosofo in senso proprio e la sua proposta teorica è, per questo, ancora aurale . Evola fu tale nello spirito, nell’intelletto, nella carne in quanto, fin dal primo affacciarsi sulla scena intellettuale, comprese che filo-sofia è sapere “in opera”, non mero esercizio mentale, ma “farsi” inesausto che esige sbocchi pratici. Da qui il suo interesse per l’avanguardia artistica, la tradizione ermetica e quei saperi che si fanno atto. Inoltre, egli ha provato ad insegnarci, nel confronto serrato con le problematiche storico-politiche del tempo in cui gli toccò in sorte di vivere, che cosa significhi essere uomini. Per il tradizionalista l’uomo non è un dato, ma una possibilità. Ha tracciato, allo scopo, le linee generali di un’antropologia tradizionale, usando linguaggi disparati. I tratti generali di questo percorso erano già delineati nelle opere teoretiche, Teoria dell’individuo assoluto, Fenomenologia dell’individuo assoluto, Saggi sull’idealismo magico e L’individuo e il divenire del mondo. La filosofia evoliana è il cuore pulsante dell’intero sistema, che gli ha consentito di colloquiare con le correnti speculative più significative del suo, ma anche, del nostro tempo.

   Franco Volpi ha definito Evola, il terzo grande pensatore del ‘900 italiano, a fianco di Croce e Gentile. Definizione coraggiosa e veritiera, ma oggi è possibile affermare qualcosa di ulteriore: la vocazione europea della filosofia evoliana. Infatti, nel tentativo di inveramento degli esiti meramente gnoseologici dell’attualismo, Evola si fa latore di una proposta tesa a rinsaldare in unità sintetica, essere e pensiero, idea e natura, teoria e prassi in nome di un recupero della totalità vivente della persona. Il punto sufficiente è un “io” al di là del pensiero. Esso è origine, scaturigine, incondizionatezza anche rispetto a se stesso. Lungo questo percorso, Evola recupera problematiche emerse in Germania oltre un secolo prima nell’Altro Romanticismo e in Schelling, in particolare il tema dell’essere come possibilità, l’idea del Principio come assoluta libertà-potenza, ni-ente. In Evola la libertà è un “potere” originario e, per questo, sempre presente nella natura e nella storia, è il sempre possibile. Solo corrispondendo a tale principio, l’individuo può porsi oltre la dimensione meramente rappresentativa, facendosi assoluto, sciolto, svincolato nell’attimo immenso della libertà-origine. Così il filosofo romano anticipò aspetti significativi del pensiero del secondo Novecento europeo. 

    Non è qui il caso di proseguire con approfondimenti di tipo teoretico. Sappia però il lettore, che è   questa posizione acquisita da Evola una volta per tutte negli anni Venti, a svincolare la sua Tradizione dall’idea di “passato”, a renderla dinamica e aliena da qualsiasi forma di rigido determinismo storico. Il pensatore romano non ha sostenuto alcun mito incapacitante, il suo non è affatto un esempio di pessimismo cosmico-storico, come più volte è stato sostenuto da qualche casuale cursore dei suoi scritti. La cosa è del resto pienamente smentita dall’interventismo culturale esercitato da Evola, che non venne mai meno, neppure nei momenti più bui della storia civile italiana ed europea. Egli ha svolto un esercizio di pedagogia etico-politica. In ciò è da individuarsi un altro tratto connotante Evola: l’instancabile determinatezza di chi, nella dimensione temporale, nel transeunte, è riuscito a cogliere la trama dell’eterno.

    Per tale ragione, il messaggio evoliano è risultato “indigeribile” sia per il fascismo, poco sensibile nella sua classe dirigente al programma di “rettifica” spirituale ed utopica (in senso classico) del filosofo, quanto per le “destre” del dopoguerra. L’ affermazione è talmente evidente da non dover essere neppure commentata, soprattutto in un momento come l’attuale in cui le “destre”del nostro paese sono uscite di scena mestamente, incapaci di sintesi politiche credibili, in quanto da un ventennio, prive nel loro operare di ogni riferimento culturale. Eppure, in una fase storica come la presente, è proprio dalla filosofia di Evola che si potrebbero trarre stimoli ideali, finalizzati ad abbattere steccati ideologici ormai vecchi, ammuffiti, di cartapesta!

    Non è casuale che accademici di livello e privi di pre-concetti si siano occupati di Evola. Penso a Zecchi, Di Vona, Donà, che hanno rilevato come la filosofia della libertà e della responsabilitàdel tradizionalista, attestante, nella sua ultima e più profonda istanza, la possibilità dell’impossibile, sia uno strumento intellettuale indispensabile e potentissimo per instaurare un confronto serrato con il nostro tempo e le sue problematiche. Evola, infatti, in forza della sua “giovinezza spirituale”, assieme a pochi altri pensatori, è in grado di porre in scacco le presunte evidenze del senso comune contemporaneo. La Tradizione vigentenel tempo e sempre possibile deve divenire idea cardine del pensiero del Nuovo Inizio europeo, idea dalla quale ripartire nell’età delle rovine senza uomini .  

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