Editoriale

Riscoprire la Sardegna scrigno di preziose ricchezze sconosciute e trascurate

Non quella di Porto Cervo o della Maddalena, ma quella dei nuraghe, della storia e del mistero

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

pesso ho sostenuto che una delle maggiori ricchezze culturali dell’Italia sia il suo territorio, ovvero quei luoghi, spesso poco conosciuti, che sono vere e proprie riserve di arte, bellezza e buon vivere.

Da qualche anno, con mia moglie, abbiamo avuto la fortuna di ereditare la vecchia casa dei miei nonni costruita nel pieno centro di un paese sardo, che forse ai più non dirà nulla, di nome Nulvi. In realtà già avevamo un piccolo appartamento a Sassari acquistato qualche tempo prima, dal momento che i costi degli immobili e della vita sono veramente bassi, e così adesso, seppur a malincuore, abbiamo deciso di mettere in vendita questo degli avi, più grande, troppo grande per noi, che andiamo lì ormai sempre più di rado.

Per Pasqua quindi scenderemo per definirne l’affido ad un’agenzia immobiliare che ne curi la vendita e aprofitteremo così di qualche giorno per visitare le “Tombe dei Giganti” e le “Domus de Janas” in un territorio che ancora profuma di leggenda e magia.

Questo mi ha condotto ancora una volta a pensare allo spreco “storico e culturale” che avviene in questo Paese, dove si spendono milioni di euro all’anno per fare le vacanze o comunque visitare luoghi stranieri nei quali il valore artistico e culturale è decisamente inferiore al nostro.

Prendiamo appunto il “piccolo” paese di Nulvi. Sconosciuto come lo è quasi tutta la terra di Sardegna che non sia la Costa Smeralda, Alghero o poco altro che si affacci sul mare, paradisi turistico-modaioli preconfezionati per aspiranti billionaristi. Porto Cervo non è la vera Sardegna, né lo è La Maddalena con i suoi off-shore.

Anche per questo mi spiace vendere una casa che riporta i ricordi storici di una importante – seppur poco nota - famiglia locale quale è stata quella dei miei avi. Noi siamo di antica e piccola nobiltà catalana che risale al XIII secolo, sicuramente accertata nel territorio dell’Anglona nel XV. Mi spiace perchè quella casa era quella edificata da mio nonno paterno, Podestà e Gerarca durante il Fascismo, che insieme a suo fratello monsignore – amico fraterno di Papa Pacelli e suo sodale durante il suo essere Nunzio Apostolico a Berlino – si sono dedicati a migliorare le condizioni di vita di una popolazione locale che certamente dovevano essere ben dure nella prima metà del secolo scorso. Già mio padre aveva dovuto, giocoforza, negli anni Settanta, “disfarsi” dei vigneti con nuraghe annesso, essendo la zona una delle più ricche di tutta l’isola per numero di insediamenti arcaici di età nuragica.

Un piccolo paese - dotato oggi di tutti i servizi – incastonato in un territorio di colline che degradano verso il mare; ricchissimo di resti archeologici e praticamente ignoto agli stessi studi archeologici e storici. Come sconosciuta è la dotazione artistica delle sue innumerevoli chiese alcune della quali risalenti all’alto medioevo come il convento di Santa Tecla.

Qualche anno fa alcuni scavi fortuiti hanno evidenziato l’esistenza di unità religiose protocristiane legate al culto di San Michele in strutture rupestri che poco hanno da invidiare alla Siria. Luoghi che il territorio sardo mantiene ancora pregni di una cultura arcaica e millenaria che si snoda dal neolitico attraverso il paganesimo romano e l’incanto delle leggende relative alle Fate locali, fino al Cristianesimo della Controriforma Spagnola.

Quanti paesi e luoghi come Nulvi esistono, abbandonati dai “cacciatori d’arte”, in Italia? Gli stessi che visitano ogni anno il Monastero di Santa Caterina sul Sinai e che non conosceranno mai la bellezza che si nasconde, orgogliosa, nelle colline del nostro paese. Non vedranno mai i Pozzi Sacri che si aprono misteriosi a poca distanza dall’abitato che sfuma verso il mare del vicino Castel Sardo nè avranno l’opportunità di assistere alle Sacre processioni che rievocano la Spagna del “Siglo de Oro” e i misteri dell’Inquisizione.

Così qualcosa ancora del nostro passato, delle nostre tradizioni e dei nostri antenati forse vivrà ancora perchè non si perda nelle bolge burosauriche e vessatorie di questo governo e, temo, di qualsiasi altro possa ad esso seguire. È un Paese triste quello che non si prende cura del proprio retaggio finendo così per perdere insieme al ricordo anche ogni ricchezza.

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