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Un’ubriacatura dalla quale a malapena si rinsavisce

Breve omaggio ad Alessandro

Triste e comica crocifissione di poeti e filosofi è l’essere presi dall’ancora di chi eleva a coronato e stipendiato ufficio introduzioni, postfazioni, note e glosse

di Piccolo da Chioggia

Breve omaggio ad Alessandro

Leggo in uno scritto su Totalità una cronaca fiorentina nella quale si descrivono nuove misure di protezione comunale per i cavalli dei fiaccherai che trainano affaticati le carrozzelle. Ciò è bene per i bravi quadrupedi, ma pure mi adombro un poco: Totalità aveva già riportato in un titolo (entro timide parentesi…) il termine  isvoscia e ora lo abbandona per il consueto carrozzella? Ma la gran villa dantesca non è una città consueta come la piana parola che evoca le quattro ruote a raggi lunghissimi e corona metallica scricchiolanti sul selciato. 

Dopo che i due Pavolini, Paolo Emilio e Alessandro hanno lasciato memoria di sé, un neologismo in loro omaggio potrà bene trovare luogo nel nostro tesoro linguistico: il padre traduce il Kalevala e poi episodi del Mahabharata e poi la favola buddista del Suttanipada, il figlio scrive Scomparsa d’Angela e Giro d’Italia e belle poesie e noi di Totalità obliamo l’isvoscia ora traballante per le antiche vie fiorentine? Non si dà. 


La parola che evoca intabarrate dame nella rivoluzionaria e confusionaria Pietroburgo s’innesta benissimo anche a raccontare delle stesse dame ora anziane rinsavite e inconsolabilmente esuli sotto il Cupolone, dopo che l’Utopia di magnifiche sorti e progressive rivelava la sua crocifissione alla nuda realtà. Le immaginiamo in qualche novella fiorentina, pentite in preghiera alla chiesa russa e poi a passeggio, di nuovo pettegole e vanitose come ai bei tempi, lungo qualche viale alberato della rimembranza.

 Ma si innesta ancor meglio a descrivere nostre passeggiate di fantasia sulle quiete vie in salita verso le Cure tra i filari delle case discrete e materne. Con le persiane verdi aperte per far catturare ai soggiorni la luce pomeridiana, gli archetti degli ingressi in pietra grigia, i roseti non ancora fioriti nei giardinetti antistanti. 

Antiche vie fiorentine

E nel silenzio solo il rintocco degli zoccoli gommati del cavallino e il cigolìo meccanico delle sospensioni dell’isvoscia che smorzano leggermente il canto degli uccelli d’aprile. Seduti su di essa ci si può immaginare noi stessi intenti a mirare i raggi del tramonto che ravvivano il verde della collina soprastante e poi dar qualche occhiata a quell’alto cielo: fiorentino e spirituale. Qualche scossone dell’isvoscia ci impedirà di affondare troppo in quest’abisso di bellezza. È un’ubriacatura dalla quale a malapena si rinsavisce. È per questo che molti ripiegarono su vini e fumi. Sono più facili da smaltire. 

Di Alessandro Pavolini si sono ristampati Scomparsa d’Angela e Nuovo Baltico. Per compiere un’opera che vada a profitto della nostra buona letteratura e sia anche di sprone a chi scrive e vuole perfezionare lo stile  manca all’appello un’edizione nuova delle sue poesie, posto che una antica già esista nelle biblioteche o in archivi. Trascrivo il frammento di una sua poesia, tal quale lo si legge sulle pagine ausiliarie di Nuovo Baltico scritte dalla figlia Mia:


anche le notti a chi sogna son belle,

da chiusi libri in stanze sconosciute,

escono fate…


questo armonioso mondo è dei bambini

e dei poeti, è vostro, bimbi, e mio,

ha gli estremi orizzonti per confini


…quando la sera il vento casca

e in terra tornan gli aquiloni bianchi,

nella casa dove voi tornate stanchi…

e la luna si guarda nella vasca


Non mi sorprendo che in uno degli ultimi Pisan Cantos il bardo americano abbia scritto quell’oscuro Xhairè Alessandro, Ferdinando e il Capo gustosamente interpretato dal glossatore dell’edizione. Triste e comica crocifissione di poeti e filosofi è l’essere presi dall’ancora di chi eleva a coronato e stipendiato ufficio introduzioni, postfazioni, note e glosse. Se limitate a soli dettagli storici o metrici o stilistici necessarie, certo. Molto meno se esulano da questo ristretto ambito da svolgere per quanto possibile con pagine concise.

Per buona sorte, questi frammenti dell’Alessandro di Pound, che è esattamente quello delle traballanti isvosce, non possono offrire per la loro semplicità ingenua alcun appiglio agli ormeggi delle panciute navi-cisterna dei glossatori e dei professori. Sono frammenti giusto come le rocce dello scoglio della Meloria dalle quali l’ormeggio scivolerebbe via.  


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