Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Foto di Federico Riva
La stupidità di solito irrita, ma quando a “manovrarla” è un genio, allora può far sorridere o addirittura ridere. E che Oscar Wilde fosse un genio non è possibile metterlo in discussione: nelle sue mani le convenzioni, i tic, le manie, le “buone cose di pessimo gusto” della società vittoriana – aristocratica o borghese - rivelano la loro ridicola inconsistenza. E dopo lo spassoso Il marito ideale della scorsa stagione, ecco ora, graditissimo ritorno sulle scene del teatro fiorentino della Pergola, L’importanza di chiamarsi Ernesto, che fu definita la più bella commedia di tutti i tempi e giunge proprio a conclusione del ciclo dei “drammi di società”.
Foto di Federico Riva
L’edizione andata in scena ieri alla Pergola, per la regia di Geppy Gleijeses, si rifà per certi aspetti a quella del teatro stabile di Catania del la stagione 2000/2001, ma con significative differenze: “ Questa versione è molto diversa, non soltanto per gli interpreti che sono cambiati, ma proprio per un diverso criterio di teatralità: le risate e il divertimento rimangono costanti, ma rimane sempre ben presente che questo testo sia l’ultimo scritto da Oscar Wilde e che rappresenti quindi una sorta di sipario della vita “ dichiara Gleijeses, che indossa anche i panni del protagonista Jack. E in effetti, una sorta di sottile inquietudine trapelava forse soprattutto nel primo atto, al punto da destare qualche lieve perplessità: nonostante la recitazione impeccabile (con l’eccezione parziale di Marianella Bargigli nei panni del giovane dandy Algernon, a tratti forze un po’ troppo “forzata”) la commedia sembrava non riuscire a “decollare” del tutto. Ma è stato un vero e proprio crescendo …. rossiniano; nel secondo atto tutto il nonsense, l’ironia e la verve del grande drammaturgo inglese sono usciti spumeggianti come un bicchiere di champagne e hanno giustamente scatenato l’ entusiasmo del pubblico.
La regia, sobria ma “classica”, rendeva con charme l’atmosfera vittoriana anche grazie ai bellissimi costumi di Adele Bargilli e ai giochi di luce discreti ma efficaci di Luigi Ascione. Prova che in un fondo una accorta e sapiente regia “tradizionale” può ben più facilmente convincere di astruse (e spesso costose) “rivisitazioni”. Di notevole effetto, quasi dissonante con l’atmosfera frivola e “godereccia” con tanto di narghilè e tartine al cetriolo, l’immagine del San Sebastiano trafitto che campeggiava nel primo atto; quasi un richiamo, come ricordava il regista, a una sofferenza sotterranea.
Ben affiatato e collaudato il gruppo degli attori, tra cui spiccava una straordinaria Lucia Poli nei panni della petulante lady Bracknell, perfetto prototipo dell’asfissiante “zia” e nobildonna vittoriana. Straordinariamente “ingenue” (ma non troppo) e oche quanto basta le due “dolci” fanciulle Gwendolen (Valeria Contadino) e Cecily (Giovanna Morandini) entrambe a caccia di un Ernesto da impalmare; degno del celebre Jeeves lo spassosissimo maggiordomo (nella doppia versione Lane/Merriman) di Orazio Stracuzzi. Buona nel complesso, a parte qualche perplessità iniziale, anche la prova di Marianna Bargilli nei panni di Algernon e quella del brillante e ambiguo protagonista Jack/Ernesto impersonato da un Gleijeses … inglese ma non troppo, come lui stesso tiene a sottolineare.
Ed è proprio Jack il personaggio più emblematico dell’opera, che alla fine della commedia si rende conto, con autentico sgomento, che in vita sua ha sempre … detto la verità. Suo malgrado e non volendo, naturalmente. E Gleijeses, nella doppia veste di regista e protagonista, rende perfettamente questo modo disincantato e ironico di vedere la società vittoriana (ma non solo quella) per quel che realmente è; se non proprio una associazione … a delinquere, sicuramente una associazione a fregare il prossimo. Con garbo e sorridendo amabilmente, of course!
Assolutamente da non perdere. Repliche sino a domenica, orario 20,45, festivo 15,45.
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