Editoriale

Il Grillo parlante. La rivoluzione del linguaggio che ha destrutturato la politica

La comunicazione politica del M5S tende alla metaforizzazione, intanto la politica tracolla

Ivan Buttignon

di Ivan Buttignon

’8 settembre del 2007 è il giorno del Vaffanculo day, detto anche V-Day, a metà strada tra il D-Day, cioè lo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944, e il film cult - un po’ patetico però - “V come Vendetta”.

Il linguaggio di Grillo, a parte i vaffanculo, è un linguaggio fortemente metaforico, particolarmente pittoresco e sicuramente veemente e irruente. Se c’è un espediente usato frequentemente dal leader del M5S è la ridefinizione della realtà per mezzo della metafora. Il linguaggio dell’assurdo utilizzato dal comico descrive l’assurda (secondo lui) realtà politica italiana.

È un vantaggio comunicativo non da poco, quello del monopolio della ridefinizione in termini nuovi del mondo della politica e dei personaggi che la popolano. È un modo inedito (perlomeno in politica) di evidenziare il divario tra l’assurda politica vigente e come le cose dovrebbero invece andare. È un tentativo, quello di Grillo, un po’ manipolatorio: attraverso la realtà cerca di “strutturare” il nostro pensiero[1].

Insomma, Grillo “metaforizza” la realtà, per esempio, spiegando che i politici sono alle nostre dipendenze: che li paghiamo perché facciano quello che diciamo noi. “Vorrei rompere l’incantesimo della politica, - spiega il comico - il politico. Non si deve più chiamare politico, è un lavoratore dipendente”.

 Ecco la destrutturazione del “soggetto politico”. Dimentica, però, il principio di rappresentanza politica vigente nel nostro ordinamento. In questo modo, l’imbianchito genovese cerca di organizzare e influenzare il nostro modo di ragionare.

L’invito all’azione forse più efficace e sicuramente più spettacolare è stato l’attraversamento dello stretto di Messina a nuoto. Era il 10 ottobre 2012, giorno di apertura della campagna elettorale in Sicilia per le votazioni di presidenza e assemblea regionale siciliana del 28 ottobre. In questo caso Beppe ha surclassato la metafora linguistica usando il suo corpo come metafora. Se a 64 anni e con tanto di pancia Grillo ha impiegato 1 ora e 20 (“Venti minuti in meno del traghetto, cazzo!”, osserverà giustamente il comico) per attraversare lo stretto a colpi di bracciate, significa che tutto si può fare, basta la volontà. E infatti non tarda a dichiarare che “Se uno vuol portare a casa un risultato lo porta, cazzo!”.

In altri termini, cari italiani, se volete qualcosa la otterremo. A patto che votiate me. Così suona il messaggio retorico del leader dei 5 stelle, e lo si evince anche meglio nell’articolo sulla comunicazione a lui dedicato nel sito www.giovannacosenza.it, al quale rimando[2].

Un certo effetto trasmise il discorso di Capodanno del 2009, quando Grillo usò la metafora della piramide, come rappresentazione della struttura del potere, che invitava a rovesciare con lo strumento delle liste civiche: “Signori, questa sarà una grande battaglia, è una grande occasione per cambiare le cose e le cambieremo. Le cambieremo, perché partiremo dal basso con le liste civiche, rovesciamo la piramide. I cittadini entrano nei comuni, creano trasparenza con gli altri cittadini. Dai Comuni alle Regioni, poi dalle Regioni in Parlamento. Rovesciare la piramide, è questa la nostra battaglia. Però i cittadini devono avere un'informazione corretta, che potete trovare solo sulla Rete, perché i giornali sono ormai una questione del passato. Non c'è più nulla da trovare nei giornali, la verità non c'è più”.

Notiamo come il leader dei 5 stelle si affranchi, un po’ come fecero rispettivamente negli anni Ottanta Umberto Bossi e dal 26 gennaio del ’94 Silvio Berlusconi, dalla logica linguistica della politica corrente e ne crei una nuova. Risulta schietto, famigliare, pertanto credibile. Si dimostra coraggioso (a partire dalla famosa nuotata calabro-siciliana) e ovviamente (tratto mutuato dal suo mestiere) spassoso.

A proposito della “metaforizzazione” della realtà che abbiamo incontrato prima, Grillo fa apparire la politica come una farsa, anche grazie ai nomignoli tratti dal mondo fantastico attraverso cui  descrive i vari politici: Topo Gigio Veltroni, Morfeo Napolitano, Pisapippa Pisapia e così via.

Altra strategia usata dal comico genovese è quella della negazione della definizione comune di un concetto, che finisce poi per essere metaforizzato[3].

Sul responso elettorale dice: “Le elezioni...non esistono. È scenografia. Cartapesta di manifesti”. I giornalisti diventano “impiegati di regime”. “L’informazione ha i suoi mandanti”, e tra questi ci sono anche i partiti. Se l’informazione rappresenta un’attività presieduta da mandanti diventa, per definizione, criminale.

A un certo punto Grillo decide che i giornalisti non esistono: applica il meccanismo della negazione, proprio come fa con le elezioni. E quindi: “Non esistono i giornalisti, esistono persone che hanno il coraggio di manifestare la verità e diventano eroi, star, cittadini senza scorta... Nessuno è un giornalista, tutti siamo giornalisti. In rete tutti siamo giornalisti”.

Il comico genovese ristruttura anche la Festa della Liberazione, il 25 aprile. Così il comunicato politico n. 10, aprile 2008: “Il 25 aprile i partigiani dell’informazione sono scesi in piazza. [...] La Storia non si può riscrivere, ma il futuro si può creare, inventare. La verità è il nostro futuro. Teniamo la fiamma accesa”.

In questo modo Grillo si impossessa di una data storica per l’Italia, in cui parecchie persone armate hanno lottato contro il sistema. “Partigiani” diventa perciò un termine metaforico e l’”informazione” la nuova arma con la quale combattere il sistema.

Tra negazione e metafore Beppe Grillo ha creato il linguaggio dell’assurdo. Un linguaggio che comunica come, secondo lui, sia la realtà stessa a essere diventata assurda[4].

Chissà che tra un “People have the power” fatto suonare da un microfono della Camera, accuratamente accompagnato da motti di chiaro sapore lottacontinuista, e un “boia chi molla” urlato dalla stessa sezione dell’Assemblea, Grillo non trovi un po’ assurdo anche il suo movimento.



[1] I. Pivetti, A. Roberti, Dal celodurismo a Yes we can passando per il vaffa... e la rottamazione. Le parole della politica e l’intelligenza linguistica, Prefazione di Clemente Mimun e postfazione di Alessio Vinci, Alessio Roberti Editore, Urgnano, 2012, p. 106.

[2] www.giovannacosenza.it.

[3] Ibidem, p. 111.

[4] Ibidem, pp. 112-115.

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