Finestra sulla storia

Il sogno di Edgardo. Golpe bianco o terzo risorgimento?

Dopo quello ottocentesco e la Resistenza, alla quale la maggioranza degli aderenti ai

di Ivan Buttignon

Il sogno di Edgardo. Golpe bianco o terzo risorgimento?

Edgardo Sogno

Illusione? Abbaglio? Ubriacatura? Di certo il riflesso di un sogno, di un disegno strategico tratteggiato da due delle più brillanti menti politiche italiane: Edgardo Sogno e Randolfo Pacciardi. E' l'illusione di un cambiamento, l'abbaglio di un'opportunità, l'ubriacatura dal liquore d'ordine e di pacificazione imposte dall'alto.

Del "Golpe bianco" è celebre il suo culmine, il tentativo supremo della liquidazione dell'allora vigente regime e la costituzione di uno nuovo. Molto meno noti sono i presupposti e le condizioni che lo hanno prodotto.

Tutto inizia nel maggio del 1970. Edgardo Sogno, tornato in patria dopo il suo soggiorno in Birmania, trova un PCI irrobustito e una DC in odore di remissione. Allarmato dal nuovo trend politico convoca la prima delle riunioni volte a fondare i "Comitati di Resistenza democratica".

Costituisce così il primo gruppo di lavoro composto dai corrieri di Ferruccio Parri, quelli che tenevano i contatti tra la Svizzera e il CLNAI (Dino Bergamasco, Edoardo Visconti, Guglielmo Mozzoni e Stefano Porta), altri partigiani della "Franchi", diversi comandanti partigiani e antifascisti di estrazione liberale.

La formazione si stringe attorno a un obiettivo formidabile e perentorio: rilanciare la formula politica del Centrismo, ma con due correttivi. Anzitutto, la supremazia dei due partiti "risorgimentali", il PLI e il PRI, che con la complicità del PSDI indebolirebbero l'alleato clericale: la DC. Poi, la struttura presidenzialista del nuovo Stato, profondamente anticomunista e antifascista, tanto da costringere allo scioglimento (mettendoli fuori legge) il PCI, l'MSI e tutto quanto sta rispettivamente alla sua sinistra e alla sua destra ((E. Sogno, A. Cazzullo, Testamento di un anticomunista. Dalla Resistenza al golpe bianco: storia di un italiano, Sperling & Kupfer, Milano, 2010, pp. 131-132.)).

Si parla allora di Terzo Risorgimento. Dopo quello ottocentesco e la Resistenza, alla quale la maggioranza degli aderenti ai "Comitati di Resistenza democratica" ha fatto parte, segue quello golpista atto a sottrarre lo Stato alla “morsa mortale del clerico-marxismo” e dai rigurgiti omicidi del neofascismo.

La visione di un nuovo Risorgimento è chiara e decisa nel Comitato. "Occorreva in sostanza - spiega Sogno al giornalista Aldo Cazzullo nella celebre intervista rivelatoria- un fatto compiuto al vertice che riportasse il Paese alla visione risorgimentale, in una triplice alleanza di laici occidentali, come Pacciardi, di cattolici liberali, come Cossiga, e di socialisti antimarxisti come Craxi. [...] Occorreva in sostanza ottenere dal Presidente Leone lo strappo che De Gaulle era riuscito a ottenere da Coty" ((Ibidem, p. 145.)).

Sogno presenta perciò ai suoi colleghi un programma di dieci punti in cui parla di "fondazione della Seconda Repubblica", di "rispettare la legalità fino al punto limite e non oltre". Dove sta allora il punto limite? Come spiega il Golpista a Cazzullo, è "segnato dall'impossibilità di formare un governo espresso da una maggioranza autenticamente democratica: un governo con ministri comunisti sarebbe stata la premessa della trasformazione dell'Italia in una Repubblica popolare, come insegnava l'esperienza di tutti i Paesi dell'Est europeo [...]".

Ma non basta; Sogno illustra ai suoi amici anche "una piattaforma di appoggio e di avvallo politico e morale a qualsiasi azione che intendeva ristabilire il carattere democratico, occidentale e nazionale del regime".

In altre parole, "quando la situazione diventa straordinaria, e degenera in una crisi paragonabile a quella del '43, chi ha contribuito a fondare la Repubblica può sentire la necessità di tornare all'azione per non perderla" ((Ibidem, pp. 133-134.)).

I Comitati di Resistenza democratica, fondati all'Angelicum di Milano il 20 giugno 1971, sono zeppi di Medaglie d'oro della Resistenza (ben dieci aderenti al progetto golpista di Sogno solo nell'arco del '71), pronte a instillare il "complesso cileno", spauracchio agitato contro un PCI troppo ringalluzzito dai continui successi elettorali e sociali ((G. Fasanella..., in Panorama, 16 dicembre 1990.)). PCI che però verrebbe certamente svilito con maggior veemenza dalla forza d'urto delle Medaglie d'oro della Resistenza piuttosto che da minacce d’oltreoceano. Le prime sono più efficaci perché scardinano la tesi comunista di "questo nostro Stato democratico che con tanti sacrifici abbiamo concorso a costruire". Differenziare le Medaglie dei patrioti da quelle dei comunisti è forse il modo più efficace di ostracizzarli.

Insomma, ne ammazza più la lingua che la spada. Sebbene la spada - ve precisato - sia piuttosto tagliente. Appena tre mesi prima della fondazione dei Comitati, Sogno deposita infatti presso il notaio milanese Alessandro Guasti un giuramento verbale di venti ufficiali dell'Esercito che impegna, tra le varie cose, a "compiere personalmente e singolarmente l'esecuzione capitale degli esponenti politici di partiti democratici, responsabili di collaborazionismi coi nemici della democrazia e di tradimento verso le libere istituzioni" ((Ibidem, pp. 135-136.)).

Certo però non basta qualche ufficiale a compiere un golpe; ci vuole una struttura politico-militare ad hoc, organica e ben articolata. A metterla in piedi, con tanto di interi reparti pronti a operare, è il repubblicano ex eroe della Guerra civile spagnola nonché della Resistenza italiana Randolfo Pacciardi, che cura personalmente anche il progetto dell'azione di governo, l'azione sul Presidente Leone e il piano militare generale. Insomma, è l’altra faccia della medaglia golpista di Sogno, che nel piano pare avere ancora più potere dello stesso ideatore.

Una grande macchina da guerra, quindi, quella golpista. Macchina che però s'infrange il 5 maggio del '76, in coincidenza dell'arresto di Edgardo Sogno. Alle sette di sera trova i poliziotti che lo conducono in Questura. Lì il Capo della squadra politica lo accoglie con un gesto desolato della braccia sussurrandogli un afflitto "Ma perché si è fatto prendere?".

Il Golpista bianco sarà scarcerato il 19 giugno dello stesso anno, un giorno prima delle leggendarie elezioni, in cui il PSI crolla verticalmente sotto il dieci percento e il PCI vola al suo massimo storico.

Nel frattempo, si attivano per chiedere la scarcerazione Aldo Garosci, Roberto Einaudi, Carlo Casalegno, Augusto Del Noce, Sergio Ricossa, Edilio Rusconi, Livio Caputo, Enzo Tortora, Valerio Zanone, Renato Altissimo, Giano Accame e, con un telegramma diretto a "La Nazione", Ferruccio Parri.

Poco prima della morte, Sogno rivendica il suo piano e non si lascia disincantare. "Io penso - spiega a Cazzullo - che questo Paese un giorno risorgerà. E che quel giorno sarà un bene se si potrà dire che c'è stato qualcuno che, in vista della resurrezione, non ha mai fatto compromessi col nemico".

Rimane un sogno, per il momento, quello di Edgardo.

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