Editoriale

Per non dimenticare le vittime della crisi

Non è il copione di un film dell’orrore: è l’incubo in cui si è trasformata e si trasforma la vita di tanti, troppi italiani

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

quarciare il buio dell’indifferenza e dell’ignavia, soprattutto governative,che vorrebbero coprire la profonda, vergognosa ferita dei suicidi dovuti alla crisi. Il nostro paese conosce infatti da tempo quello che è un vero e proprio bollettino di guerra, dovuto a persone che si tolgono la vita, a volte dopo aver coinvolto nel loro gesto estremo anche i familiari, come successo proprio alla fine di dicembre: Daniele Garattini,  un rappresentante di commercio che pochi mesi fa aveva dovuto chiudere la sua attività a causa della crisi, si è ucciso dopo aver sparato alla moglie, alla figlia e alla suocera.

A tutte queste vittime il Movimento Nove Dicembre dedica la sua manifestazione nazionale del prossimo 5 gennaio:  gli italiani sono invitati ad accendere un cero nei presidi organizzati nelle loro città,  in ricordo di questi connazionali tragicamente scomparsi. “ Ogni luce un suicidio. 5 gennaio in tutti i presidi d’Italia, per non dimenticare”. A Firenze tutto questo avverrà a partire dalle ore 18, in piazza della Signoria.

Ci sono luci che si spengono perché il loro corso è ormai compiuto. Il dolore per la perdita di una persona cara non conosce età né attenuanti, ma una vita pienamente vissuta mitiga se non altro l’amarezza del distacco che la fede può rendere comunque non definitivo.

Ma vi sono abissi di disperazione che trasformano in tenebra anche la luce più forte: quella degli affetti familiari, dell’abbraccio di  un consorte o della carezza di un figlio, soprattutto se si ha l’agghiacciante sensazione di non poter più garantire loro un futuro.  La propria casa, il frutto del lavoro di una vita  o magari di più generazioni, un mestiere forse umile ma onorato con cui si poteva andare a testa alta     tutto questo vacilla e viene meno. E allora, la disperazione, la vergogna, l’angoscia  mutano  la gioia di vivere in una tortura a cui si decide di mettere fine, una volta per sempre, senza che neppure la Fede, anche quando presente, possa fermare un gesto irreparabile.

Non è il copione di un film dell’orrore: è l’incubo in cui si è trasformata e si trasforma la vita di tanti, troppi italiani.  Alcuni di loro non ce l’hanno fatta. I famosi “suicidi” che da quando è scoppiata questa maledetta crisi ogni tanto bussano – e nemmeno sempre -  alla pagine dei giornali e nel web … ma scompaiono dopo poco più di un giorno.

Già.  Niente funerali di stato per loro, nessun “bel discorso” pronunciato da autorità civili o religiose.  Fanno notizia al massimo per un giorno o due, ma nessuno si scomoda più di tanto,forse perché sono politicamente scorretti. Non danno occasione di pavoneggiarsi in discorsi ufficiali, di urlare indignazione a buon mercato, di commuovere le “anime belle”. Non sono vittime da salotto buono, da loft o balcone di San Pietro, possono per l’appunto turbare i santuari del politically correct.  E del resto, chi è che dovrebbe indignarsi?  Non i sindacati, certo, che con la scusa – ormai diventata una grottesca barzelletta - di tutelare gli interessi dei lavoratori sono  da tempo diventati lobbies di potere fine a se stesse; non la politica, curva solo sui propri privilegi e prona a interessi che non sono quella della gente o della nazione, intenta ai propri giochetti ignobili,  ai cambiamenti di casacca apparenti ma tutti mirati a un solo scopo: conservare il potere a qualunque costo … e purché il costo lo paghino gli italiani. Tutta questa masnada, dato ma non concesso che abbia una coscienza, cosa della quale è ampiamente lecito dubitare, dovrebbe soltanto vergognarsi e scomparire ... tutti, marpioni di lungo corso e nuove leve seguaci del grillo sputazzante.

Gli Italiani? Ma sono mai davvero esistiti, gli Italiani?  Viene davvero da dare ragione al grande vecchio, al cancelliere Principe di  Metternich: l’Italia è una espressione geografica, dove però oggi pullula una delle più sconce, più scandalose, ignobili e inette caste politiche che si siano mai viste nella storia della civiltà europea.

A questi omuncoli, politicanti e sindacalisti,  che si riempiono la bocca di una vuota e bolsa retorica, al verminoso sottobosco dei loro lacchè, dei loro funzionari,  dei loro inutilissimi burocrati – (ultimi arrivati, i nuovi “prefetti senza sede” nominati del governo Letta) -  che si mangiano il reddito del paese e per il quale il dignitoso e sudato salario di un operaio, la miserabile paga di un docente o persino i sudati guadagni di un imprenditore o professionista sono meno che briciole; a tal individui  bisogna buttare in faccia il sangue di questi morti. Perché la responsabilità è loro: dei Napolitano, dei Letta, degli Alfano, dei Bersani e anche dei Renzi della situazione che non si sono mai neppure degnati di proporre un minuto di silenzio per queste vittime: solo dall’inizio del 2013 ben 119 e 208 dall’inizio del 2012, secondo una recente stima dell’Agi[1]; ma è probabile purtroppo che siano molti di più.  Sono persone di vario genere:  imprenditori, disoccupati, precari.  Ricordiamo un solo caso fra i tanti, particolarmente emblematico: un macellaio di 53 anni che, nel maggio del 2012, si impicca schiacciato da una cartella Equitalia di quattordicimila euro, quando già aveva un mutuo che non riusciva più a pagare la moglie bisognosa di cure per una grave malattia.

Equitalia! Questo nome suona come una mostruosa e beffarda ironia, davvero, anche se certo le responsabilità, più che di questi freddi e distaccati(nonché sovente super pagati) burocrati che spesso sono latori di rovina e di morte è certamente di chi li manovra nel modo più iniquo che ci possa essere.

Non è giusto che queste vittime scompaiano dimenticate. Spesso il loro gesto voleva proprio essere una estrema, assurda protesta, certo non condivisibile ma non per questo da passarsi sotto silenzio. Il Novimento 9 Dicembre ha voluto raccogliere il loro grido e lo ripropone alla coscienza ben pasciuta, imbolsita e imbellettata dell’italiano medio, tutto stadio e cellulare: la sera del cinque gennaio i responsabili che in tutte le città tengono viva la protesta contro la casta invitano la cittadinanza a degnarsi di togliersi per almeno una mezz’oretta le pantofole e andare ad accendere un cero  in memoria di questi loro fratelli sfortunati. Un gesto di solidarietà con loro, con le loro famiglie, ma anche con quelle tante altre, troppe famiglie  che si trovano in una situazione disperata. E chissà che, come diceva il padre Dante …. “poca favilla gran fiamma seconda …”     e il dieci gennaio, scaduto l’ultimatum al governo perché tolga un disturbo che sta diventando sempre più intollerabile, partono le manifestazioni davanti alle varie prefetture d’Italia.



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