Editoriale

Se per risparmiare si chiudono università e biblioteche

È sintomatico che in questo paese non si sappia guardare oltre il proprio naso e si riduca la possibilità di futuro dei giovani

Marino Freschi

di Marino Freschi

elle email augurali di questi giorni, una mi ha sorpreso. Dolorosamente. Una giovane collega, filosofa, con dottorato internazionale e postdottorato alla Sorbonne, mi scrive che, dopo aver fatto domande di tutti i tipi, ha deciso di emigrare. In  Australia. 

Questa volta sono io che le ho fatto gli auguri, quelli più autentici, quelli per la vita. In questi giorni di sosta mi è giunta anche un'email dal mio ateneo di Roma Tre con la notizia che per risparmio energetico l'università - comprese le biblioteche - chiude. E gli studenti che volessero mai preparare gli esami per l'appello invernale? E gli studenti fuori sede, di cui si parla sempre con una retorica strappacuore? E gli eventuali studiosi di altre città e di altri paesi che volessero utilizzare questo periodo per frequentare le nostre biblioteche? Credo che a tutti costoro non ci ha pensato nessuno. 

Ad agosto si è chiuso per risparmiare l'energia elettrica per l'aria condizionata, adesso per il riscaldamento: si chiude sempre. Chiudere: sembra la parola d'ordine. 

In questi giorni numerosi colleghi sono partiti per Parigi, Londra, Berlino per frequentare le locali istituzioni culturali. 

A Berlino (città che conosco meglio) la biblioteca statale a Unter den Linden in queste settimane - assai più rigide che a Roma - chiude alle 21; un'altra, inaugurata due anni fa, dedicata ai Fratelli Grimm, chiude a mezzanotte, quella della Facoltà di Lettere a Dahlem alle 22. E di domenica alle 18. Sarebbe interessante sapere quanto si risparmia con la chiusura delle biblioteche universitarie. Non si potrebbe - tremo a scrivere ciò - non si potrebbe eliminare le automobili di servizio del rettore e del direttore amministrativo e sostituirle con rimborsi taxi? E' populismo o buon senso?

Chiudere le biblioteche è un atto irresponsabile, a dir poco superficiale, che rivela il disinteresse, il disamore per l'attività di ricerca, per lo studio. E'  un atto scriteriato che diseduca gli studenti, che non li invoglia a frequentare la biblioteca e a eleggerla a luogo privilegiato di lavoro e d'incontro. 

Sempre in Germania - a Friburgo, a Dresda, a Marburgo - le biblioteche non chiudono mai. Avete letto bene: non chiudono mai, 24 ore su 24. E ciò è stato possibile realizzare con un'abile e intelligente programmazione, conferendo borse di studio a giovani laureati e laureandi. Non so perché da noi tutto ciò sia impossibile o impensabile. Ci vogliono i Vigili del Fuoco, la ASL, il consenso dei sindacati. Credo che non sia più necessario il nullaosta della parrocchia: Papa Francesco ha snellito le pratiche.

Tutto ciò soffoca la cultura ovvero impedisce il formarsi di una generazione di studiosi e di ricercatori, rendendo impossibile la consultazione dei nostri ricchi fondi librari, che sembra che siano gli unici a non temere il freddo. Malgrado questi ostacoli posti in atto proprio da chi per statuto dovrebbe farsi carico della difesa vigile e attenta della formazione culturale dei giovani, alcuni giovani remano contro corrente e continuano a studiare. 

Spesso aiutati dall'Erasmus vanno all'estero e capiscono subito che aria tira nel resto d'Europa, dove fa assai più freddo, ma non viene in mente a nessuno di chiudere le biblioteche per risparmio energetico. Alcuni di questi temerari studenti, laureandi, laureati, giovani studiosi che insistono nella ricerca e nello studio, si trovano poi a fare i conti con un'istituzione universitaria pietrificata, con docenti tra i più anziani del mondo e soprattutto con una revisione della spesa che non premia la cultura, che è il nostro vero "petrolio". Ma tant'è. Alla giovane collega ho fatto gli auguri sinceri di buona fortuna: "Partono 'e bastimenti..."         

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da piccolo da Chioggia il 30/12/2013 14:38:40

    non sarei sincero del tutto se non esplicassi ai bravi lettori di Totalità che dell'articolo del piano di sopra del Professor Freschi ne condivido in pieno la tristezza della chiusura delle biblioteche anche se non vi tesserei in fondo troppe lacrime. è un disagio perchè io, nella splendida biblioteca della GSG di San Gallo in Isvizzera ho passato ore serali e notturne gustosissime, leggendo Papini (ne avevano addirittura l'opera omnia!) portandomi a prestito in camera i diari di Ernst Juenger, e le lettere di Céline etc. era fantasticamente "sguizzero" come mi invento di definire con un mio neologismo, il sistema che avendo la tesserina con sè permetteva di portarsi fuori il libro che automaticamente veniva registrato dalla biblioteca senza doversi fermare a registrazioni eccetera. dopo venti dì appariva sul proprio telefono cellulare uno sms che avvertiva di rinnovare il prestito o di riportare il libro perchè richiesto da altri. va da sè che i miei libri, in quella bolgia di testi economici che è l'università in questione, una sorta di Bocconi "sguizzera" senza però la jattura di potervi incrociare, passeggiando nei corridoi, la faccia d'un rettor Monti, non li richiedeva nessuno. cosa non da poco se ci pensate. anche era bellissimo occupare le postazioni informatiche e navigare sull'internet fino alla mezzanotte. gratuitamente beninteso pure per chi come me a San Gallo era lì per motivi che nulla avevano a che fare con lo studio e quindi non è iscritto all'università. una notevole lungimiranza, va detto, da parte delle autorità cantonali. mi ricordo che essendo la postazione mia in faccia alla porta dell'ingresso e quindi ogni studente o professore che entrava poteva graziosamente vedere il mio schermo (erano tutti schermi molto grandi) colle figure che io vi ci richiamavo: per incuriosire tutti mi piaceva mettere delle belle immagini di donne nude ottocentesche, tratte per interderci dai libri alla De Nerval, o da feuilletons di autori che leggevano Baudelaire nel suo magnifico e napoleonico incipit "Je t'adore à l'egal de la voute nocturne, o grande taciturne". belle figurine di donne nude cicciottelle e rosee in alcove parigine colla brocca prima di abluzioni o colla fantesca anziana che sospirando ne reggeva la chioma per la pettinatura mattutina. mi dilettavo così, ma era un diletto passato del tutto inosservato: dove le donne studiano economia e finanza coll'ambizione di divenire funzionarie all'Audi Gmbh o alla BMW (moltissime erano infatti tedesche) cosa volete aspettarvi? l'erotismo malizioso e in fondo ingenuo, spesso delicato, dell'ottocento francese non dice nulla più ormai. non lo si nota. le donne hanno tratti troppo marcati, e labbra troppo grossolane, e seni o troppo minuti e avvizziti oppure volgarmente rifatti per poter apprezzare queste figurine di sartine e panettiere romantiche e di forme divinamente rosate con curve generose. piacerebbero a de Gobineau che su di esse intesserebbe un'altra novella... altro ricordo vivissimo: ho letto tutte dico tutte le novelle, appunto, dell'indimenticabile Arthur de Gobineau proprio in quella biblioteca. tornando all'articolo del Professor Freschi, dove sono biblioteche così generose e munifiche qui da noi? se vi sono è un male chiuderle la sera, ma se non vi sono si perde poco credo, almeno in termini di simpatiche esperienze come quelle che ho raccontato. certo ne viene ostacolato lo studio serio e profondo ma, chiedo, è sempre necessario anch'esso? a questo proposito, ovvero della dottoressa in filosofia pluridottorata cui allude il nostro germanista non sarei per nulla sincero se non scrivessi qui, senza timore di farmi deridere dai lettori, che della sua decisione di andarsene in Australia non m'importa nulla, anzi: una scocciatrice di meno. un'imbroglio di scritture inutili e spesso inconsistenti, quali quelle appunto dei filosofi pluridottorati, di meno. vada in Oceania e ivi resti. qui abbiamo necessità di poeti o di poeti filosofici. di bravi pittori e di scultori eventualmente. di architetti della bellezza classica assolutamente. di scoliasti, teorici etc abbiam visto cosa servono. a nulla in pratica.

  • Inserito da piccolo da Chioggia il 30/12/2013 11:05:41

    a corollario dello scritto del Professor (ora più che mai stiamo)Freschi una massima del nostro Prezzolini: "nella vita della cultura le biblioteche son più importanti delle scuole". ma la vita della cultura, anche se ciò non appare immediatamente, è la nostra vita. un semplice esempio: la gastronomia e le sue ricette tradizionali di luogo, spesso antiche di millenni: se non fossero scrupolosamente conservate in bei codici miniati nelle nostre vetuste biblioteche cosa potremmo pensare? di vivere, come scriveva Goethe, alla giornata? i libri in commercio nulla valgono se non si sapesse che a colonna portante di essi vi sono le opere a stampa o manoscritte dei secoli passati.

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