Un mito esagerato?

Quella serva che … rubò la scena al Prigioniero

La Serva padrona, di scena al Maggio Fiorentino, è sicuramente assai adatta ad avvicinare i giovani al melodramma

di Domenico Del Nero

Quella serva che … rubò la scena al Prigioniero

Un mito esagerato? C’è chi sostiene che la grande fortuna della Serva Padrona di Giovanni Battista Pergolesi sia dovuta più a circostanze fortuite che altro:  soprattutto la famosissima Querelle des Buffons  del 1752, quando una ripresa dell’intermezzo  di Pergolesi nella capitale francese scatenò la “guerra” tra i sostenitori dell’austero e compassato stile nazionale della tragedie lyrique, secondo la tradizione che da Lully arriva a Rameau, e quelli del canto puro della musica italiana: una battaglia voluta soprattutto dagli illuministi e che fu fatta propria persino da Rousseu e non solo con infuocate polemiche: nell’ottobre di quello stesso 1752  avrebbe fatto rappresentare a Fontainebleau,  il suo Devin du village su testo e musica propri, considerato una sorta di gemello della Serva  Padrona.

Pergolesi purtroppo non poteva dire nulla al riguardo.  La sorte non fu benevola con questo  brillante talento musicale:  nato nel 1710, fu stroncato dalla tisi nel 1736 ad appena 26 anni di età. E se si considera che le sue prima prove di compositore risalgono al 1731, la sua fu davvero, più che una parabola, una meteora.

Solo per quanto riguarda il tempo però, perché il segno lasciato dal giovane compositore marchigiano fu molto più profondo di altri suoi colleghi più longevi. Oltre che alla intraprendente e vivace servetta, il suo nome è legato soprattutto al bellissimo Stabat Mater, una delle più celebri composizioni sacre del Settecento italiano;  ma anche altri suoi lavori  sono stati negli ultimi decenni riproposti con grande successo e interesse.

L’opera fu concepita nella forma di due “intermezzi” da intercalare fra i tre atti dell’opera seria Il Prigionier superbo, dello stesso Pergolesi , lavoro che però fu presto dimenticato e riproposto  solo nel 1997.  Destino ben diverso dunque dall’Intermezzo, genere che comunque non era affatto un “sottoprodotto”, soprattutto da quando l’elemento comico era stato espunto dall’opera “seria” per assumere una vitalità e uno spazio propri. E’ comunque assai probabile che il compositore non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere né di ricevere ben maggior gloria dalle sue composizioni buffe che da quelle serie.

La trama, semplicissima ma scenicamente efficace, dovuta al  librettista Gennaro Antonio Federico, vede Uberto,  un vecchio “burbero” dal sapore quasi goldoniano stufo delle prepotenze della serva Serpina, che ha ormai assunto di fatto il controllo della casa. Per rimediare chiede , o meglio ordina al servo Vespone (che nell’opera è parte muta) di trovargli una moglie anche arpia pur di liberarsi da una tale situazione. Serpina  approva e si offre subito di diventare padrona  anche di diritto, sposando lei stessa il povero Uberto che ovviamente rifiuta, anche se sotto sotto …. E alla fine, grazie a un diabolico piano con tanto di finto soldato fanfarone (che poi non è altri che Vespone travestito) riuscirà a spuntarla senza nemmeno troppo sforzo, anche perché era quello che Uberto in realtà desiderava. Il solito … masochismo maschile! Tutto questo in circa cinquanta minuti di grazia e arguzia che si sprigionano, tra l’altro, da un organico strumentale e vocale alquanto ridotto: due cantanti, clavicembalo e archi.

Questo delizioso cammeo settecentesco, la cui forza e la cui carica innovativa sono stati senza dubbio straordinari, viene riproposto da stasera (ore 20,30) al Maggio Musicale Fiorentino, primo di tre titoli del repertorio “comico” (seguiranno L’elisir d’amore e Il cappello di Paglia di Firenze ),  nella cornice quanto mai adatta del teatro Goldoni . La regia, priva (per fortuna)di tentazioni “attualizzanti”  è di  Curro Carreres (ripresa da Silvia Paoli) con scene e costumi di Raffaele del Savio: repliche sabato (stesso orario) e domenica (ore 15,30). Sono però previste alcune recite speciali destinate esclusivamente alle scuole  (il 14,15 e 16 novembre): iniziativa eccellente, perché  La Serva padrona è sicuramente assai  adatta ad avvicinare i giovani al melodramma. Nel ruolo di Ubaldo si alterneranno Davide Bartolucci e Donato di Gioia, in quello di Serpina  Lavinia Bini e Sonia Peruzzo, , mentre il ruolo muto di Vespone è affidato a Alessandro Riccio: sul podio il maestro Massimiliano Caldi. 

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da piccol da Choza il 08/11/2013 11:18:06

    un bravo a Domenico Del Nero. mi son destato ora e Totalità è la mia lettura mattutina (si fa per dire..). gli è che non intesi i rintocchi dell'orologio del Dondi e nemmeno le sirene dei vapori che dal canale partono sbuffando per le lagune e per l'alto mare. ma immaginare che ora invece di prepararmi quel misero desinare che le mie dissanguate finanze mi consentono, avessi una Serpina che mi portasse un piatto con i radicchi saltati e il cacio euganeo e un tucciolin di pane con castagne bollite mi rende il dì davvero grato. basta poco per sognare: serve solo ammirare il genio e farselo proprio e viverlo come si fosse noi stessi. un salutone a tutti i Canaponi di redazione alla Simonetta-Maria Luisa e a tutti i Giangastoni elettronici dalla Chioggia di Eleonora.

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