Editoriale

Santità, una preghiera, insegni a don Mazzi la virtù della carità!

In una società di "caporali " mimetizzati lascia allibiti e increduli la fredda arroganza di un prete

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

na famosa e usatissima battuta del grande Antonio de Curtis si chiedeva: siamo uomini o caporali? Inutile riproporla oggi, perché sono spariti anche i caporali. Quel che rimane è la loro arroganza di potere che si lega, nelle vicende italiane, ad una deprimente insipienza miserabile e un po' vigliacca.

Il grande Paolo Stoppa nelle vesti del caporale che vessava il povero Totò con la forza del piccolo potere che gli era stato conferito (come capufficio, come appunto caporale, o miliziano di bassa forza nella polizia fascista cittadina) aveva almeno il coraggio di metterci la faccia. Vestito con la sua brava divisa, segno del potere e in parte scudo offensivo, il "caporale" era l'uomo che nel far rispettare le regole le interpretava in senso restrittivo, le imponeva secondo il proprio miserabile punto di vista, se ne faceva rappresentante proiettando la propria minuscola figura in quella formidabile galleria del vento che sono le applicazioni quotidiane delle regole (non delle leggi si badi bene).

Il "caporale" si faceva odiare, si esponeva al rancore degli oppressi, ma anche certamente alla lusinga ignobile dei profittatori.

Bei tempi! verrebbe da dire, chiamando il campo il paradosso.

I nostri "caporali" si sono tolti le mostrine, hanno gettato la divisa, rinunciato apparentemente al ruolo. Si confondono, si mimetizzano fra i politici, i segretari di partito, i ministri, e anche i preti, sì anche fra di loro.

I "caporali" dei nostri giorni sono piú subdoli, cattivi, arroganti, perfidi di quanto Paolo Stoppa avesse potuto interpretare.

E se tutto ciò è orribile in politica, nella chiesa è tanto peggio perché grazie a questo papa, venuto dall'altra parte del mondo, avevamo pensato che la virtù della vera carità (non quella che si libera degli spiccioli che appesantiscono le tasche) tornasse ad essere protagonista.

Santità, (perdoni l'ardire di rivolgermi direttamente al suo alto soglio pur non chiamandomi Scalfari e pur non scrivendo su «Repubblica») ella nel segno del Santo Francesco, che praticava e esortava all'Amore, sta richiamando il mondo dei fedeli e delle gerarchie ecclesiastiche all'esercizio delle virtù teologali (fede, speranza e carità) e di quelle cardinali (fortezza, temperanza, prudenza e giustizia). Ad Assisi ha invocato una chiesa che non sia di pasticceria,  ha richiamato la necessità di allontanare le suggestioni di una mondanità superficiale e fuorviante.

Con il Suo esempio quotidiano ci mostra la virtù dell'umiltà, e la pratica dell'insegnamento del Cristo a farsi poveri fra i poveri.

La bellezza e la bontà di questo tentativo di smantellare le incrostazioni di una mondanità priva di spessore, aliena dalla spiritualità, nemica del bene, sedotta dal potere, stanno riconquistando alla Chiesa tanti fedeli intiepiditi, o addirittura raggelati.

A fronte di tutto ciò mi chiedo come sia possibile che un prete che dice di dedicarsi ai cosiddetti ultimi, don Mazzi, che con il suo impegno dovrebbe mostrare la pratica della carità intesa prima di tutto in senso spirituale, poi in quello materiale, dichiari a televisioni e giornali che vorrebbe tanto poter svegliare lui Berlusconi alle 6 del mattino, anzi buttarlo giù dal letto, vorrebbe tanto obbligarlo ai lavori più umili, affinché in solitudine, si liberi da quella capacità di sedurre la gente.

Non sono le parole esatte, di don Mazzi, ma è esattamente il loro significato, dichiarato in televisione a Servizio Pubblico, e poi a Repubblica, a chi gli chiedeva come si sarebbe comportato se Berlusconi avesse scelto di scontare l'affidamento ai servizi sociali, nella comunità di recupero da lui diretta.

Già , il prete don Mazzi ha risposto non secondo carità (accogliere la pecorella smarrita e con l'amore ricondurla sul sentiero perduto), ma come un caporale.

Con soddisfazione evidente e penosa (per chi come noi crede ancora che un prete sia qualcuno che guidato da una spiritualità superiore sia almeno un pochino migliore di noi)

ha mostrato una sorta di revanchismo vendicativo: finalmente l'odiato riccone potrebbe essere obbligato a lavare i piatti di tutti e pulire i cessi (come in caserma) finalmente il persuasore di milioni di elettori sarebbe piegato da lui, don Mazzi, costretto ad una autocritica intellettuale e politica fino alla conversione.

In pieno spirito orwelliano (per non dire cinese da rivoluzione maoista) don Mazzi, vorrebbe essere lo strumento attivo della trasformazione di Berlusconi, e vorrebbe farlo non con la forza dell'amore cristiano, ma con quella del potere che la legge gli metterebbe a disposizione da pseudo-carceriere rieducatore del reprobo.

Santità, La prego non mi fraintenda, non sto difendendo Berlusconi, qui non si tratta del cavaliere e dei suoi problemi giudiziari, della sua politica e delle sue scelte. In questo caso Berlusconi, è veramente un pretesto, anzi una chiave per valutare la qualità degli uomini.

In quella soddisfatta arroganza di don Mazzi, in quel pavoneggiarsi violento e rancoroso, davanti alle telecamere, minacciando quello che evidentemente ritiene un nemico e non un'anima perduta ho veduto con orrore il segno di una società dove la carità è morta.

Quanto amore potranno dare i vari don Mazzi a coloro che abbiano necessità di ritrovare il sentiero smarrito? a vedere neanche un po' solo pratica da graduato caporale.

Santità, l'esempio che ella sta dando al mondo, di pratica della bontà della tolleranza, della carità non può limitarsi alla Sua persona, come Ella è Vicario di Cristo, i preti devono esserlo della suo pontificato.

Non ci sono solo i preti pedofili a infangare l'operato misericordioso della Chiesa, si può farLe male, molto male anche riducendola a entità partigiana di un sentire politico, e peggio ancora interprete di sentimenti antitetici all'insegnamento di Cristo.

 

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da piccolo il 24/10/2013 17:36:59

    troppa grazia che la figlia del poeta che ha disegnato un Pinocchio indimenticabile si occupi d'un prete veronese che quando parla molte volte straparla e troppo spesso gronda un risentimento che farebbe la gioia d'un Nietzsche redivivo e lo farebbe comporre un'appendice sulfurea al suo "der Antichrist". lo si ignori quel prete. si eccita fin troppo la sua vanità di caritatevole educatore. si lasci parlare il suo volto così francescanamente sereno...

  • Inserito da Mario Scaffidi Abbate il 07/10/2013 23:01:43

    Il falso redentore Vanitoso e malevolo don Mazzi, anche tu la tua croce adesso getti sul Cavaliere? Pure tu starnazzi? Vorresti che pulisse i gabinetti nella casa dei tuoi bravi ragazzi per mondarsi così dai suoi difetti. Un sadico tu sembri, che sbavazzi pieno d’odio. Ma come ti permetti? La tua finta bontà non vale un fico: con quei tuoi show sfrontati alla tivù più che un prete tu sembri il Gran Nemico, un falso redentore e nulla più. Non sei uomo di Dio, perciò ti dico: esoda, emigra altrove pure tu. 7.10.2013 Mario Scaffidi Abbate mario.scaffidi@alice.it

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