Il nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni

I bastardi di Pizzofalcone. La nuova serie dell’autore del Commissario Ricciardi

L'autore ci ha abituati, nella sua generosità affabulatoria, a godere di romanzi dentro il romanzo, in un susseguirsi di scatole cinesi

di Annamaria Torroncelli

I bastardi di Pizzofalcone. La nuova serie dell’autore del Commissario Ricciardi

La copertina del libro

Sono poliziotti. Devono ricostruire l'immagine di un commissariato che ha una macchia difficile da cancellare. Li hanno scelti perché sono sicuri che falliranno. Per tutti sono i Bastardi di Pizzofalcone, tutti rinnegati, bastardi o incapaci.

Ma saranno proprio loro, i Bastardi, coordinati dal commissario Luigi Palma e guidati dall’ispettore Giuseppe Lojacono, che risolveranno brillantemente il caso dell’omicidio di Cecilia De Santis, l’irreprensibile moglie del notaio Arturo Festa. Nota esponente dell’alta società napoletana, Cecilia viene uccisa nella sua casa, un elegante appartamento in un palazzo fronte mare, tra piazza Vittoria e via Caracciolo, con una delle centinaia di palle di vetro con la neve che colleziona con cura maniacale. Delitto passionale o rapina?

Questo il nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni, un romanzo che pur prendendo le mosse dal precedente Il metodo del coccodrillo, non ne è la continuazione.  I Bastardi sono l’inizio di una nuova saga, una nuova famiglia alla quale affezionarsi.

Ancora una volta Napoli è l’icona di una metropoli moderna che annega nell’indifferenza, e che nulla ha della città oleografica della pizza e del mandolino; chi si aspetta mare e sole resterà deluso.

Sembra che de Giovanni faccia sempre di tutto per smontare questa immagine fuorviante, nel tentativo, forse neanche tanto inconscio, di affrancare la sua città dai modelli stereotipi che sono stati la sua fortuna e, al tempo stesso, la sua condanna. Di Napoli dice:  “In realtà sono tre, le città. Una, quella che conta veramente, è un paesino di poche migliaia di abitanti. Una seconda è formata da quelli che hanno un lavoro, uno stipendio, e vive di ventisette in ventisette sperando di potersi permettere una vacanza al mare. La terza, un milione e più di abitanti, si arrangia e cerca di sopravvivere meglio possibile.”

E pagina dopo pagina, seguendo le avventure dei sette poliziotti, l’autore ci prende per mano e ci accompagna nelle pieghe più nascoste di questa città bella e disperata, dove si muore, ma non solo di camorra.

Che l’ispettore Lojacono ci avrebbe colpito al cuore lo avevamo capito subito. Il buon Ricciardi, l’amato commissario dagli occhi verdi e nume tutelare de Il Metodo del coccodrillo, non aveva sbagliato a lasciarci nelle sue mani.

Lojacono è uno di poche parole, che, come Ricciardi,   ama osservare e sa che un buon investigatore “ deve respirare la città in cui opera. Deve assaporarne i silenzi, le esitazioni; deve annusare la paura e la diffidenza, l’indifferenza e l’arroganza per poterle combattere, altrimenti è finito.”

Il suo obiettivo non è solo catturare il colpevole, ma scoprire cosa ci sia dietro ad un  delitto, perché un delitto è la storia di una passione suppurata. Sempre.

Dice, con rammarico, Lojacono: “ Nessuno che si preoccupi del fatto che è morta una donna, a prescindere da chi sia. Tutti a pensare se può succedere anche a loro, o se c’è una storia di corna sotto. Come al solito.”

E così Giuseppe Lojacono, detto il Cinese, inizia a fiutare l’aria.

Il mare, e il vento. La tempesta. L’amore, e la passione. La morte.

Il mare invade la scena, si polverizza nell’aria, si frange sugli scogli, diventa una creatura mitica di spuma e di  vento.

Squassa il mare, il vento. E come il vento, l’amore squassa la vita.

“Perché l’amore è così. Tu puoi tenerlo nascosto a lungo, lo puoi celare dietro gli sguardi e i gesti di ogni giorno. Lo puoi lasciare in silenzio, coltivarlo come una pianta; ma il giorno in cui decidi di portarlo fuori, alla luce del sole, allora non lo comandi più. Comanda lui, l’amore. Decide per te, si apre come un fiore bellissimo, vuole tutto lo spazio.”

Già, l’amore. L’amore che nasce, sfiorisce, si trasforma, travolge, strazia il cuore di chi rimane solo. L’amore che si intreccia alla morte fino ad armare una mano assassina.

Perché anche la morte reclama il suo spazio: libera dal dolore, avvelena l’esistenza, ma incombe ed esige vendetta. Inesorabilmente, come un tarlo.

E tutto accade e si sviluppa nell’apparente banalità del quotidiano che nasconde, invece, caleidoscopiche realtà. Perché la violenza delle passioni è tanto più efferata quanto più è nascosta e imprevedibile.

Le passioni avvelenano l’aria, attraversano il silenzio di queste vite, così drammaticamente segnate dal buio. Anche un accogliente focolare domestico può essere o diventare una gabbia: lo sa Ottavia, asfissiata dal peso di un figlio autistico e da un marito fin troppo amorevole, lo sa la bellissima Nunzia, segregata in casa del suo amante, per fuggire alla galera della fame, lo sa Alex, la poliziotta pistolera, che vive nel silenzio la sua ambiguità.

E poi, il dolore, tanto dolore, un mare di dolore che affiora in ogni pagina, dappertutto. Dolori dell’anima e dolori del corpo. Dolori e solitudini che si mescolano ai ruggiti del mare rabbioso di vento.

Gli struggenti colloqui di Pisanelli, il sostituto commissario, con la moglie morta, dilaniata da un cancro, la muta solitudine autistica di Riccardo, attaccato disperatamente alla madre, la sofferenza di Ottavia al ricordo indelebile del padre morto d’infarto, l’angoscia dell’assistente capo, Francesco, che perde il suo amore, Giorgia, a causa delle sue mani violente.

Ma, per fortuna, ci sono anche barlumi di luce, accolti nelle vite dei protagonisti con stupore, quasi con incredulità, come è nello stile dell’autore, di certo, poco incline all’ottimismo.

Lojacono ritrova un filo con la sua amatissima figlia Marinella e riscopre il calore dell’amore, o almeno dell’interesse affettivo per una donna, Laura e Letizia, le due donne che se lo contendono, si lasciano alle spalle le malinconie dei tempi passati e affilano le armi per conquistare l’amato Cinese, Ottavia sente riaccendersi la fiamma della vita grazie all’entusiasmo del commissario Palma. Piccoli segnali che ci scaldano il cuore.

Ma una menzione a parte merita la storia della donna dai capelli grigi, un capitolo con la forza di una narrazione autonoma, agghiacciante nella sua cruda e straziante realtà. Perché la donna dai capelli grigi, seppur  nella sua brevità, ha consistenza di romanzo. Potremo mai dimenticare il brivido che ci dà la sequenza del Nessuno se ne accorge?

De Giovanni ci ha abituati, nella sua generosità affabulatoria, a godere di romanzi dentro il romanzo, in un susseguirsi di scatole cinesi. Prova ne sono gli interludi che si mescolano al racconto con l’intento di illuminare l’anima nera dei vivi.

E che dire dei bozzetti di vita dei componenti della squadra che contrappuntano la narrazione? Sono assaggi di altri romanzi, sono porte schiuse su realtà che già pregustiamo, sono l’assicurazione che altre storie verranno. E che tutti i bastardi diventeranno nostri amici, anzi lo sono già.

La narrazione è veloce, incalzante e dolce al tempo stesso, meno livida del Coccodrillo, più serrata dei Ricciardi. Le parole fuggono veloci sotto gli occhi del lettore, sembrano quelle di una sceneggiatura perfetta, scritta con sapienza letteraria.

De Giovanni è capace di capriole narrative che spiazzano e divertono il lettore appassionato del genere e intrigano chi appassionato non è.

La bellezza della sua scrittura è essere dentro i canoni narrativi della scrittura di genere, ma starne fuori per maestria letteraria.

Uno scrittore racconta storie. Che lo spunto che le fa nascere sia un amore, una passione, un delitto, un evento naturale, una gioia o un dolore poco conta. L’importante è la storia, che affascini e ci trasporti lontano, in un’altra dimensione spazio-temporale E che ci lasci, alla fine, più ricchi dentro. Se l’obiettivo è centrato, allora vuol dire che siamo di fronte ad un’opera letteraria, letteraria e basta, senza bisogno di aggiunta di etichette di genere.

Maurizio de Giovanni, I bastardi di Pizzofalcone Torino, Einaudi, 2012, pp.306. Euro 18,00

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da gioacchino il 26/06/2013 11:11:02

    la recensione di Annamaria Torroncelli è un romanzo nel romanzo, ne costituisce la chiave di lettura in forma di guida sapiente e discreta. nonosttante l'efficacia narrativa di De Giovanni, il suo narrare sempre corale, può lasciare disorientati ai primi approcci: tante persone, tante vite, tanti scorci cittadini. per questo la "guida2 torrocenlli assolve a un compito culturale e forse anche "civvile" è un vero e prorio mediatore che aiuta il lettore che ha paura dell'acqua della narrazione a immergersi individuando momenti salienti, approdi, zone di rischio e di scoperta. congratulazioni. G

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