Editoriale

Onorevoli parlamentari forse dovreste un po' vergognarvi

La Deputata Sereni difende il suo stipendio e lamenta di fare fare la spesa alla Coop (chissà perché non ci stupisce)

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

entile signora Sereni, mi scusi se faccio fatica a chiamarla con il titolo che le spetta essendo stata eletta nelle liste del Pd dall’ex popolo comunista. Onorevole per me è ancora sostantivo e aggettivo, non riesco a scinderli, ho troppo rispetto per le istituzioni per pensare che un Onorevole della Repubblica non incarni entrambi i valori.

Gentile Deputata Sereni, ho letto la sua intervista sul «Corriere della Sera», e sono rimasta colpita, mi chiedo: non si vergogna almeno un pochino di fronte a quegli elettori dai quali dice di ricevere lettere strazianti per la disperazione di esser rimasta senza lavoro?

Nel caso le fosse passato di mente, chi perde il lavoro, ma anche chi lo ha in tanti (troppi casi), non scriverebbe lettere piene di disperazione se arrivasse a mala pena, come dice lei del suo stipendio, a 5000 euro al mese.

Deputato Sereni, lei mette in guardia dalla campagna contro la casta dei parlamentari. E io sono d’accordo.

Però c’è un problema: a me le tricoteuse sotto la ghigliottina non sono mai piaciute, e non ho mai considerato la Rivoluzione francese uno dei momenti più alti della storia moderna, anche se le riconosco un’importanza  epocale.

Inutile che la intrattenga sui motivi per cui la Rivoluzione Francese non ha mai goduto le mie simpatie, sarebbe un discorso complesso. Però uno dei motivi che posso dirle qui è che non mi piaceva la massa che si scagliava brutalmente e irrazionalmente (proprio in nome dei lumi) contro l’aristocrazia mandandola al patibolo nella comune soddisfatta vendetta nata dall’invidia sociale.

No, non mi piace e non mi è mai piaciuta (mentre ho il sospetto che lei difenderebbe, o almeno lo avrebbe fatto fino a poco tempo fa, quelle popolane che sferruzzavano ridendo sotto la ghigliottina ad ogni testa di nobile che veniva separata dal corpo).

No, Deputato Sereni, io sono sempre stata con André Chenier: riconosco che l’aristocrazia francese aveva perduto il diritto di dirsi tale, che occorreva restaurare un’etica dello Stato, che era stato in troppi casi tradito il mandato ottenuto per nascita (e qui Leopardi con la sua idea di Società stretta potrebbe insegnarci molto, ma è un’altra faccenda), ma quella rivoluzione (e poi le altre che sono seguite in Europa) non l’ho mai ammirata.

Perciò non mi piace neppure ora il “dalli alla casta”; fra voi ci sono tante egregie persone che hanno diritto di non essere confuse con chi non fa il proprio dovere.

Questo non vi autorizza però a difendere i privilegi nel momento in cui li chiedete ai cittadini che vi hanno eletto, e non vi autorizza a sollevare indiscutibili codicilli per rimandare e magari tentare o dare l’impressione di sottrarvi.

No, Deputato Sereni, da Lei, e soprattutto da coloro che appartengono al suo partito, che spende accorate parole per il popolo e la sua sofferenza in questo momento di crisi, non è accettabile neppure la difesa di una ovvia questione di diritto.

Non credo che il taglio dei vostri stipendi salvi l’Italia, neppure se ve li togliessero completamente e vi facessero versare un obolo per fare politica. Qui non si tratta di sostanza economica si tratta di simboli

E i simboli, quelli che stanno sui vostri “ovalini”, che sanciscono un ruolo, un onore ma anche un onere, vanno rispettati.

È una vecchia storia che insegnano fino da piccoli: non si può comandare se non si sa prima eseguire, non si può pretendere se non si è PRIMA disposti a dare.

Per avere ancora rispetto per voi avremmo preteso che foste voi i primi a chiedere una riduzione almeno simbolica del vostro stipendio. Non lo avete fatto, troppi di voi non lo hanno fatto.

Quel che è peggio è innalzare la bandiera di una limpida sobrietà negli acquisti: «faccio la spesa alla Coop»  chiamando a testimoni gli amici.

Non è stravagante chiedervi se non vi vergognate almeno un po

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