Editoriale

Vaticano: Ici sì o Ici no?

In tempi di crisi si pone il problema di tassare i beni immobiliari della Santa sede

Steve Remington

di Steve Remington

artiamo da un ragionamento quanto mai banale, visto che anche la manovra varata dal governo Monti ha poco di tecnico e molto di banale, essendosi limitata a  ricalcare quarant’anni di storia democristiana basata su casa e benzina: pagando tutti pagheremmo meno tutti. O, quasi sicuramente, avremmo qualche soldo in più da spendere.

Banale direte voi, ma essenziale per il ragionamento attorno al quale si va avvitando il dibattito politico di questi giorni. Il Vaticano deve pagare o no l’Ici sugli immobili? Giusta tassazione o inique sanzioni? Persecuzione o correzione di un errore?

Se sfogliate le pagine dei giornali, se date una sbirciata ai telegiornali – quelli che informano ovviamente, non quelli che nascondo le notizie – se vi fare un giro nella  rete troverete fiumi di parole sull’argomento, dalle dotte dissertazioni di accademici insigni giuristi, appassionate perorazioni di laici e cattolici. Di tutto di più insomma. Ed ognuno di loro, passateci la battuta, difende la propria parrocchia.

I politicanti della politica spoliticata, poi, fanno a gara a chi la spara più grossa, sintomo di una ritrovata verve modello campagna elettorale. Silvio Berlusconi ha addirittura ritrovato l’umorismo di una volta, rasentando vette degne di Maurizio Crozza quando imita Pier Luigi Bersani: «L’Italia ce la farà, non ho mai avuto dubbi, siamo il secondo Paese dopo la Germania, prima di Francia e Gran Bretagna, se sommiamo il debito pubblico e la finanza privata. Riassumendo: siamo uno Stato indebitato e di cittadini benestanti, questa è la vera situazione dell’Italia».

Cittadini benestanti? Ditemi che quella pessima battuta gli è scappata. Forse lo siamo stati, forse. Non ora, figuriamoci domani.

Parentesi a parte sul tema in questione, l’Ici e la Chiesa, Berlusconi ha fatto Berlusconi: «So che tutte le risorse che la Chiesa risparmia le dà in opere di aiuto a chi ha bisogno, su questo quindi ho lasciato ai membri del mio partito piena libertà». Già, libertà di  voto. Ma siamo sicuri che tutti quei soldi vanno davvero a favore di chi ha bisogno? Il caso San Raffaele di Milano induce a loschi  pensieri.

Ma c’è di più. Molto di più. Mercoledì scorso 20 deputati del Pd hanno presentato una mozione per impegnare il governo “ad attivare le necessarie procedure” affinché il 30% del gettito Ici arrivi dal patrimonio immobiliare della Chiesa.

Un mancato introito, quello generato dalle esenzioni al Vaticano, che, secondo l'Associazione dei Comuni italiani, nel 2005 ammontava a più di 400 milioni di euro: la cifra oggi - alla luce della rivalutazione degli estimi - sfiora i 700 milioni. Chi ha torto e chi ha ragione? Ad appellarsi all’esecutivo del professor Monti sono in molti, dal leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, al governatore del Lazio, Renata Polverini: «L’Ici è una tassa che deve ritornare per tutti», ha dichiarato la governatrice, pur sapendo  di vivere a Roma e di avere qui il proprio serbatoio elettorale. Ma sapendo anche che proprio nel Lazio sta gran parte del patrimonio immobiliare del Vaticano.

Il senatore della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni, si è provocatoriamente rivolto al segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, chiedendogli se il plauso alla manovra, proferito il 6 dicembre, derivasse forse dal fatto che i provvedimenti in questione non colpiscono i beni della Chiesa.

In difesa del Vaticano è prontamente accorso il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, che ha parlato di una “falsa polemica nata sul nulla, che come tale va spenta”. Sulla stessa lunghezza d’onda le parlamentari del Terzo Polo Emanuela Baio e Paola Binetti, secondo cui si tratta di “miti da sfatare una volta per tutte”.

Un mito da sfatare? Bene, sapete quanto vale il patrimonio immobiliare della Chiesa? Una stima reale non esiste. I beni del Vaticano sfuggono a qualsiasi radiografia catastale. L’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica (Apsa), l’ombrello ufficiale del mattone di Dio, ha a bilancio beni per soli 50 milioni, ma si tratta di valori storici inattuali. In realtà ogni congregazione è un piccolo impero immobiliare a sé, in costante metamorfosi: solo a Roma, per dare un’idea, ci sono circa 10mila testamenti l’anno a favore del clero. Secondo il Gruppo Re, una società che gestisce immobili per gli enti ecclesiastici, il 20% del Real estate italiano fa capo in un modo o nell’altro a realtà religiose. Le stime di settore parlano di qualcosa come 115mila immobili, quasi 9mila scuole e oltre 4mila tra ospedali e centri sanitari.

A Roma sotto il cappello del Santa Sede ci sono 23mila tra terreni e fabbricati, 20 case di riposo, 18 istituti di ricovero, 6 ospizi. Solo il patrimonio di Propaganda Fide  -  finita nell’occhio del ciclone per la gestione disinvolta dei suoi appartamenti  -  vale qualcosa come 9 miliardi. Beh, più che un mito da sfatare, un impero da contabilizzare.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Roberta il 09/12/2011 11:39:05

    oltre il 30% del mercato immobiliare... per l'esattezza... ma io mi chiedo anche i Sindacati... e le Coop... la grande distribuzione fa incassi da capogiro... ormai, è cocnorrenza sleale... per altro... esentare le coop dal regime fiscale in vigore per gli altri esercenti... a cominciare dla bottegaio sotto casa...

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