I Libri del Borghese

Evita Perón, populismo al femminile

E’ stato presentato a Roma, nella libreria “Arion” di via Cavour, il libro di Giuseppe Brienza

di Claudio Ciani

Evita Perón, populismo al femminile

La copertina del libro

E’ stato presentato a Roma, nella libreria “Arion” di via Cavour, il libro di Giuseppe Brienza, Evita Perón, populismo al femminile (con Invito alla letturadi Carlo Sburlati, Roma 2012, pp. 120. € 14). A ricostruire la vicenda e la peculiare personalità, psicologica e politica, di Evita, cioè di Eva Marìa Duarte (1919-1952), moglie dal 1945 di Juan Domingo Perón (1895-1974) ed “anima sociale” del regime Justicialista guidato dal Colonnello argentino, sono intervenuti, oltre all’Autore ed all’editore Luciano Lucarini, Gennaro Malgieri, Olimpia Tarzia e Silvia Guidi.

Presentando l’iniziativa, l’Autore ha evidenziato l’importanza dei testi di Evita pubblicati per la prima nell’appendice al volume che, finalmente, contribuiscono «alla rivalutazione della sua figura anche dal punto di vista dell’impegno per la promozione femminile». Il lavoro di Brienza, infatti, contiene alcuni testi della “First Lady” peronista, raccolti sotto il titolo La donna può e deve votare, diffusi in ciclostile nel giugno del 1947, in occasione della sua visita a Roma.

Anche Silvia Guidi, de L’Osservatore Romano, ha evidenziato la squisita sensibilità femminile dimostrata nella realizzazione della sua grandiosa opera sociale da Evita. Che per esempio era usa «controllare tutto nei minimi dettagli per la migliore qualità di ospizi e case per fanciulli, spendendosi, in particolare, affinché gli ospedali non fossero anticamere della morte, ma della vita e che ogni stanza di ricovero od abitazione popolare non assomigliasse ad un luogo per dormire, ma per viverci allegramente».

Gennaro Malgieri ha spiegato che la famiglia sulla quale Evita pone l’accento è «la famiglia cristiana, cellula della Nazione e della società». Il giornalista e deputato PDL ha quindi invitato a superare la falsa rappresentazione che della leader peronista ha dato nel suo musical Lloyd Webber, basandosi sulla “letteratura” anti-peronista e dal quale è stato anche tratto il successivo film con Louise Ciccone Evita. Quest’ultima, infatti, come ha aggiunto Malgieri, è stata «ben diversa dall’arrampicatrice poco di buono che ci ha descritto Webber e che, finalmente, Brienza ci rappresenta come dedita incondizionatamente al suo popolo ed ai poveri».

E’ poi intervenuta Olimpia Tarzia, presidente del Movimento “Politica Etica Responsabilità” (PER), che ha affermato essere quello di Evita un «femminismo sano, che dovrebbe finalmente prendere il posto di quello vecchio degli anni ’70, che da trent’anni e più è rimasto uguale a sé stesso, fermo nel suo carattere rivendicazionistico e chiuso alla solidarietà sociale».

Brienza ha quindi spiegato come il suo saggio esce nella collana dei Libri del Borghese, ringraziando quindi il direttore Claudio Tedeschi, presente in sala, per aver consentito di riproporre nel 60° anniversario della morte di Evita, una ricostruzione che è anche un tributo allo straordinario impegno ed intesità con la quale la moglie di Perón ha portato avanti, con lui, una battaglia in favore della donna in una società argentina tanto maschilista quanto quella del tempo.

«Evita - ha infatti affermato - non intendeva affatto negare, bensì riaffermare con forza, in un contesto sociale “evolutivo” come quello del dopoguerra, le peculiarità e le prerogative essenziali svolte dalla donna nella famiglia, in netta antitesi con quanto perseguito dal femminismo individualistico e filo-marxista, che avrebbe caratterizzato la società occidentale della seconda metà del XX secolo. Non si era mai vista in Argentina una donna, di appena ventisei anni quando divenne “First Lady”, che si interessa di politica, che parla in termini semplici di problemi fino allora riservati a uomini anziani, spesso noiosi, quasi sempre incomprensibili».

Brienza ha poi aggiunto che è nel contesto del viaggio fatto da Evita nell’Europa uscita stremata dalla guerra nell’estate del 1947, che si originò il testo che, per la prima volta, l’Autore pubblica in appendice al suo saggio. Per quasi tre mesi, la leader peronista fu infatti in visita politico-diplomatica in Spagna, Portogallo, Italia e Francia, riscuotendo un enorme successo popolare. La prima tappa fu la Spagna del regime franchista, che subiva, come l’Argentina, l’isolamento internazionale e l’accerchiamento politico-economico ma, il momento clou, fu a Roma, dove Evita fu ricevuta in udienza da Pio XII. «Diversamente da quanto è solitamente tramandato, soprattutto nel film Evita di Alan Parker - ha affermato Brienza -, l’udienza da Papa Pacelli fu tutt’altro che un insuccesso. La tappa vaticana non gli riservò affatto alcuna “sgradevole sorpresa” come ha scritto qualcuno, perché il pontefice si intrattenne con lei quasi trenta minuti, il tempo concesso alle regine, e le fece dono di un rosario montato in oro e di una medaglia. Pio XII la ricevette con tutti gli onori benedicendola in spagnolo, ringraziandola per l’impegno verso i più poveri e assegnando al marito la Croce dell’Ordine di Pio IX».

A suo avviso, quindi, la benevolenza del Papa dimostra che la visione “anti-femminista” di Evita non rappresentava altro che la visione tradizionale e cristiana della donna che, anche oggi, andrebbe riletta e valorizzata per riadattarla ad una società ormai completamente svirilizzata e fra l’altro in drammatico declino demografico, anche a causa delle “conquiste” di certo femminismo sessantottardo. 

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