Editoriale

L'Italia va alla deriva e gli italiani fanno "ponti"

Borse a picco, spread alle stelle, ma nessuno rinuncia alle vacanze

Gennaro  Malgieri

di Gennaro  Malgieri

'allegria dei naufraghi è contagiosa. L'Italia sta per fallire, almeno così sembra. Eppure circa dieci milioni di nostri connazionali sembrano infischiarsene al punto di aver preferito lo svago del ponte di Ognissanti piuttosto che preoccuparsi dello spread e del default. Pochi giorni fa milioni di romani e di non romani hanno preso d'assalto il "forno" tecnologico di Trony a ponte Milvio, mandando in tilt la città, con la stessa violenza con la quale  un tempo si assalivano i forni del pane per soddisfare il più elementare bisogno umano: la fame. Poco male, si commenta al bar davanti a titoli di giornale che dovrebbero mettere i brividi, se si va a fondo: qualcuno ci salverà. È impossibile, si aggiunge addendando il cornetto costato insieme con il cappuccino quasi tre euro (le seimila lire di dieci anni fa), che l'Europa ci abbandoni. A parte che ci siamo "abbandonati" da soli nel momento in cui abbiamo  messo la nostra sovranità nazionale nelle mani di burocrati al soldo dell'alta finanza, negando l'idea stessa di Europa politica che avrebbe potuto e dovuto governare la pazzesca ed impazzita moneta unica, resta il fatto, incontestabile, che nessuno è disposto - e lo capiamo - a sacrificarsi per noi.

Eppure di fronte alla catastrofe annunciata che soltanto un miracolo o un'alchimia economico-politica, tutt'altro che alle viste, potrebbe evitarla, sembra proprio che gli italiani, o per una sorta di cupio dissolvi nel quale sono precipitati o per una qualche forma di reazione inconsulta allo sfascio annunciato da giornali e televisioni o fors'anche per sputare metaforicamente in faccia a politici e finanzieri, stanno dando vita ad una sorta di pacifica, ma tutt'altro che pericolosa, forma di indignazione che dovrebbe preoccupare la classe dirigente, mentre questa, con tutta evidenza, se ne fotte altamente.

E allora se proprio tutto deve andare in malora che almeno l'effimero, l'inessenziale, il voluttuario trionfino. Non è più tempo di sacrifici e risparmi? Ben vengano le vacanze che ci si possono permettere, le diserzioni dal lavoro, l'acquisto inutile del più sofisticato dei gadget tecnologici.

Si ragiona così in Italia alla fine dell'anno di grazia 2011. E non saprei davvero come dare torto alle masse di "irresponsabili" che si ribellano accettando fatalisticamente il destino che sembra essere loro riservato.

Tanto, si domandano, a che cosa serve tirare la cinghia se poi le tasse ci mangiano vivi, le ignobili istituzioni sedicenti rappresentative si alimentano con il nostri miseri averi senza darci nulla in cambio, se la partitocrazia non ci permette neppure di scegliere i nostri deputati e senatori, ritenendo che la faccenda è cosa loro, se alcuni partiti politici vorrebbero addirittura votare subito per aggirare il referendum, chi ce lo fa fare di metterci a stecchetto? Quando non avremo neppure più un euro e l'Italia andrà davvero a ramengo, aggiungono i nostri Indignados pacifici, qualcuno s'inventerà qualcosa.

Già, ma che cosa? Ecco la domanda che dovrebbe scuotere lorsignori. Che invece sembrano fregarsene.

Quando gli italiani non  avranno più ponti festivi e neppure posti d lavoro da disertare e nemmeno megastore da saccheggiare, è più che probabile che assalteranno i forni veri, quelli del pane, perché la fame è la più forte di tutte le motivazioni che possono scatenare le rivoluzioni. E questa Europa deve sapere che gli incazzati non si fermeranno ai valichi alpini. Per come sono messe le cose, dopo la Grecia, l'Italia, la Spagna, il Portogallo, l'Irlanda toccherà alla Francia dello spocchioso Sarkozy e ad altri Paesi ancora, per il semplice fatto che l'Unione europea non esiste. È un giocattolo nelle mani degli speculatori, di quelli cioè che manovrano il capitalismo senza volto e senza patria, a cui i governi altro non fanno che dare la corda o, per restare nell' hi tech, cambiare le batterie.

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