Bruce Springsteen

Seconda tappa del Boss a Firenze, nonostante la pioggia ha fatto vedere un cielo pieno di stelle

Il cantante ama mettersi in gioco, misurarsi con la realtà, prima che diventi storia.

di Steve Remington

Seconda tappa del Boss a Firenze, nonostante la pioggia ha fatto vedere un cielo pieno di stelle

Persino nell’omaggio all’amico caro, il sassofonista Clarence Clemons, ha una misura che altri non hanno. O non sanno avere.

Metti un concerto poche sere dopo la morte di Lucio Dalla. “ E ora un tributo a Lucio” ….e giù un versione raccogliticcia di una sua grande canzone. Ma si può? No, non si dovrebbe. Per decenza, soprattutto. Bruce Springsteen, invece, ha scelto di far scorrere le immagini del grande amico e sassofonista, con il nipote sul palco ad emularne le gesta. Ecco cos’è un tributo, nessuna cessione alla retorica, o alla ricerca dell’effetto, ma solo memoria.

E la memoria di questo concerto fiorentino, seconda tappa del minitour italiano del Boss, non conserverà solo questo frame, ma un’intera pellicola di canzoni e pioggia, emozioni e balli sfrenati. Già perché i 60 mila dell’Artemio Franchi di Firenze hanno ballato e cantato sotto una pioggia incessante, prendendola come fosse acqua benedetta,  come se fossero le lacrime del Dio del Rock,  commosso per un concerto che non è più un concerto, ma una festa. Anzi, una messa pagana nella quale si celebrano le ribellioni interiori e quelle sociali. Ovunque si trovino. Tanto che il Boss, con un italiano stentato ma comprensibile spende parole per la crisi che ha colpito gli States, mettendo in ginocchio la middle class americana, e ora tocca nel profondo il tessuto sociale del nostro Paese. E ci sono parole e musica anche per i terremotati, colpiti più degli altri. Quanti altri lo hanno fatto? Quanti si sono posti il problema? Possibile che uno nato è cresciuto oltre Oceano riesca ad avere il cuore più vicino ai problemi di quanti sono nati qui? C’è qualcosa di metafisico in tutto questo, che non riesci a decifrare se non ti spogli delle idee precostituite, quali il rock è un business e la crisi un fatto congiunturale. Certo,         questo rock è qualcosa di stellare, ma non per questo lontano da cuore della gente. Springsteen canta la realtà, narra l’esistente con le sue contraddizioni sociali, con la testa calata nel mondo, non fuori dal mondo. Come spesso fanno certi rocker di casa nostra che mettono il naso fuori dalla finestra solo per sentire l’aria che tira. Facile, troppo facile, poi richiudersi le imposte alle spalle e raccontare di amori delusi e sognati, dire che il momento è difficile è che serve rimboccarsi le maniche. Senza mai rischiare nulla.

Il Boss, invece, ama mettersi in gioco, misurarsi con la realtà, prima che diventi storia. Magari provando a intersecare la propria strada con quella dei fatti. Non sempre ci riesce, ovvio, ma di sicuro non resta sulla sponda del fiume a guardare. Come non lo fanno i suoi fans, sempre connessi con l’onda del Boss. E le tre ore e mezzo del concerto fiorentino ne sono la prova più evidente. Lo stesso Springsteen ha cantato e ballato sotto la pioggia, in mezzo ai suoi fans, senza preoccuparsi di nulla. Il cuore oltre la siepe,  seminando le sue canzoni come fossero germi di grano in un campo appena arato. Ecco, in questo sta la forza del Boss,  in quel suo essere solo tecnicamente  dall’altra parte del palco.  Il corpo è li, ma l’anima è di là. E se non c’è anima non c’è verità.  Una verità lunga quanto la sua storia musicale, ripercorsa attraverso i capitoli principali, suonati con lo stile di sempre, ma con una forza che non vedevamo da tempo. Un po’ come se gli anni avessero dato a Springsteen una energia aggiuntiva, una sorta di elisir di lunga vita. The River, Born in the Usa e Dancing in The dark,  restano pietre miliari di una stagione musicale unica, ma non per questo irripetibile. In Bruce , infatti, il sacro fuoco della creatività arde ancora, mente in molte star di casa nostra è rimasto solo un caminetto spento, con il tempo che si è portato via anche la brace rimasta. Tre ore e mezzo di concerto sono tante, ma mai troppe quando a celebrare la messa è il Boss.  Ce le faremo bastare, in attesa della prossima funzione…. E le lacrime del Dio del Rock erano per tutti coloro che hanno rigorosamente osservato quel comandamento: lunga vita al rock, a questo rock…     

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