Editoriale

Il padre di Melissa e il killer di Brindisi

Il signor Massimo Bassi ha detto le parole più giuste dandoci una bella lezione di vera carità

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

ui ha spezzato la mia famiglia e la sua». Di fronte alla impietosa, un po’ crudele, senz’altro cinica selva di microfoni pronti a registrare il suo dolore, o magari l’odio, la voce spezzata dalle lacrime o ferma per la rabbia, il padre di Melissa, morta nello scoppio davanti alla sua scuola a Brindisi, per un po’ ha taciuto.

Forse si stava chiedendo cosa vogliono da me? Non si rendono conto qual è il dolore di un padre di fronte alla morte della figlia? e che morte!

Cosa vogliono che dica? Che sono contento che l’attentatore sia stato assicurato alla giustizia? Imbecilli, non sanno che la parola contento, felice, sereno, non appartiene più al mio vocabolario da quel giorno maledetto?

Cosa vogliono che dica? Che auguro a quell’uomo di 68 anni con due figlie e una moglie di provare quello che stiamo provando io e mia moglie? Impossibile, un colpevole non potrà mai provare quel che prova una vittima innocente?

Vogliono che chieda una pena esemplare? In Italia non esiste, non esiste pena esemplare, per i giovani grandi criminali figuriamoci per un uomo anziano che presto sarà fatto uscire per raggiunti limiti di età.

Massimo Bassi, padre di Melissa, è un uomo semplice, non ha discorsi preparati e nemmeno un avvocato al fianco pronto a suggerirgli la mossa adatta per capitalizzare ogni mossa, così per un poi ha taciuto poi ha detto la cosa migliore che poteva dire.

Accanto a lui la mamma di Melissa è una donna spezzata dal dolore, un dolore che non possiamo immaginare, forse neppure può farlo chi ha provato cosa sia la perdita di un figlio. Quali sono i contorni della disperazione di una madre che vede uscire la figlia (unica) per andare a scuola, con il pullman, dunque un mezzo sicuro, non c’è un motorino a far stare in apprensione, e poco dopo le viene comunicato che la piccola è saltata in aria, per un attentato immotivato?

Che forma ha quella disperazione? Un artiglio che ti stringe alla gola e non ti fa respirare? o magari è un macigno invisibile dal peso specifico altissimo che preme sul petto impedendo ai polmoni di dilatarsi?

Nessuno può dare una risposta, ma ciascuno intuisce l’incommensurabilità del danno.

Ebbene i genitori di Melissa, per voce del padre, hanno detto la cosa più nobile, intelligente, umana, profonda, caritatevole addirittura: Lui non è un padre, ha spezzato la mia famiglia e la sua

Grazie signor Massimo Bassi, grazie della lezione di vera carità cristiana che ci ha dato, con modestia, umiltà sincera partecipazione. La vera carità non si esprime in quegli insopportabili e troppo precoci perdoni, ipocriti e formali a beneficio della esaltazione della propria anima bella rilanciata nel mondo mediatico, per l’immediata remissione del peccato.

La vera carità è quella del padre di Melissa, della sua coscienza di un dolore che in parte si estende alla famiglia incolpevole dell’attentatore.

Abbiamo saputo dai notiziari che il 68enne, benestante, titolare di un commercio di carburanti, è a sua volta padre di due figlie, laureate, forse avviate ad una professione, forse fidanzate, o solo innamorate.

Non sappiamo chi siano quelle due ragazze che sentono gravare sulle proprie vite presenti e future la responsabilità del killer che ha ucciso senza motivo una 16enne. E il killer è loro padre e, non dimentichiamolo mai, le colpe dei padri comunque ricadono sui figli.

Quando avranno un figlio cosa racconteranno del nonno al bimbo che chiederà notizie?

C’è da rimanere storditi a pensare come un gesto così assurdo, incomprensibile, gratuito, e mostruoso possa determinare e influenzare e recare dolore a tante, tante altre vite. Troppe.

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