Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Ancora una bellissima serata musicale nel cortile dell’ Ammannati di palazzo Pitti, con due autori Mitteleuropei: Mozart e Brahms che, sebbene tedesco di nascita, si stabilì definitivamente a Vienna per l’ultimo ventennio della sua vita. Ma al di là dello sfondo viennese, quello che unisce forse il concerto n. 4 in mi bemolle maggiore k 495 per corno e orchestra del grande Amadeus e la sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73 di Johannes Brahms è un clima di gioia e di serenità, decisamente insolito per il musicista amburghese specie se si confronta quest’opera alla prima sinfonia, di ben altro carattere.
Pubblico abbastanza folto e soprattutto entusiasta, per le prestazioni di un’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino che ci ha regalato un’estate di grazia per quanto concerne la musica, del solista Gianfranco Dini (primo corno dell’orchestra) e del giovane e brillante direttore Daniel Cohen.
Articolato in tre movimenti, il concerto inizia con un Allegro Moderato, in cui il solista ha espresso con grande nitidezza quella sensazione di intimismo che deriva dal suono quasi “smorzato” dello strumento; sensazione che pervade anche la successiva Romanza, mentre il finale rondò (allegro vivace) esprime la giocosità brillante dell’ispirazione mozartiana,che qui esprime la vocazione da “caccia” tipica dello strumento e che avrebbe rallegrato lo spirito dei granduchi medicei, notoriamente amanti degli sport venatori. Ma il giovane Wolfgang , come è noto, non suonò per loro ma per il grande successore Pietro Leopoldo.
Perfetta la sintonia tra il bravissimo solista Gianfranco Dini e l’orchestra diretta da Cohen, che hanno dato vita a un brano in spirito perfettamente settecentesco, ricco di armonia, serenità ma anche gioia di vivere: una istantanea di un mondo che di lì a poco sarebbe inesorabilmente tramontato.
E tra classicità e romanticismo si colla senza dubbio l’opera di Brahms, che però in questa seconda sinfonia esprime un insolito senso di letizia e di pace; una sinfonia che tra l’altro alcuni definirono “mozartiana” proprio per la trasparenza della sua orchestrazione. Ed è proprio questa chiarezza che Cohen ha messo splendidamente in risalto; nel primo movimento (allegro non troppo) facendo emergere le straordinarie complessità e varietà degli impasti timbrici e strumentali ed evidenziando i momenti di maggiore potenza sonora come quelli più delicati e popolareschi”; mentre nel secondo(adagio non troppo) emerge quel carattere di intima riflessione, venato di delicati tocchi “alpestri”, a cui si contrappone la vivacità e la gaiezza del terzo movimento reso con una eccezionale nitidezza di colori e con quel tocco di danza che lo stesso compositore aveva più volte sottolineato; infine, gran finale con un quarto movimento (allegro con spirito) che esprime gioia tumultuosa, espressa con piglio dinamico ma sempre ben calibrato.
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